donne chiesa mondo - n. 73 - novembre 2018

DONNE CHIESA MONDO 28 DONNE CHIESA MONDO 29 una donna minuta, agile, lo sguardo vivace, ab- bigliata senza alcun vezzo con pantaloni da la- voro e maglietta, che si poteva incontrare nel suo andirivieni tra il laboratorio e i campi di mais o durante passeggiate solitarie nel bosco o sulla spiaggia. Quella donna era Barbara McClintock che, dopo aver contribuito allo sviluppo della gene- tica classica con lavori di importanza fondamen- tale, sembrava completamente eclissata, quasi un ormai inutile lascito del passato. Sebbene defilata, partecipava però come at- tenta uditrice ai dibattiti scientifici e apriva vo- lentieri le porte del suo laboratorio a chiunque fosse interessato; pochi, e raramente ben dispo- sti erano, tuttavia, gli scienziati che le chiedeva- no un colloquio. Una delle ragioni dell’incomprensione della comunità scientifica fu certamente il fatto che la scoperta dei jumping genes appariva controcor- rente rispetto a quelli che erano allora i capisal- di teorici della genetica. La scoperta della stu- diosa infatti, contraddiceva le semplici regole di Mendel e confliggeva con il meccanismo di mu- tazione spontanea come motore dell’evoluzione alla base del neodarwinismo. A quei tempi la struttura del genoma era considerata assolutamente statica e l’informazio- ne unidirezionale, dal DNA alla cellula. Quasi nessuno ritenne perciò plausibile che i geni po- tessero muoversi e tanto meno che questo movi- mento fosse programmato e controllato da altri geni in risposta a segnali esterni al genoma stes- so; né era ritenuto possibile che, cambiando po- sizione, i geni esprimessero nuove funzioni. Il linguaggio di McClintock, poi, risultò oscuro, “mistico”, inaccettabile in un momento in cui i successi della biologia molecolare (tra cui la scoperta, nel 1953, della struttura del DNA ) stavano profondamente cambiando il modo di fare ricerca e di spiegare i fenomeni biologici. Barbara McClintock non era in grado di spiegare la trasposizione con i termini della bio- logia molecolare e questo le impediva di comu- nicare i suoi risultati nella forma richiesta dalla nuova biologia e la relegava alla marginalità. Curiosamente, è proprio dalla genetica mole- colare che arriverà la riscoperta dei trasposoni e la spiegazione del meccanismo della trasposizio- ne. A partire dalla metà degli anni sessanta, si iniziarono ad accumulare prove della plasticità del genoma e, nella seconda metà degli anni settanta, il meccanismo della trasposizione de- scritto da McClintock venne tradotto nei termi- ni della genetica molecolare, accessibile alla comprensione generale. La rivalutazione degli studi della studiosa svelò il valore e l’importan- za della sua scoperta al punto che le fu assegna- to il premio Nobel per la medicina nel 1983, ben trentacinque anni dopo la prima pubblica- zione dei suoi lavori sui trasposoni. Il ritardo nel riconoscimento si deve certa- mente al carattere rivoluzionario della scoperta, ma anche alla modalità particolare con la quale la scienziata perveniva alla conoscenza e alla comprensione dei fenomeni. Come si ricordava all’inizio, era convinta che ogni organismo avrebbe rivelato i suoi segreti se osservato lun- gamente, attentamente e minuziosamente. Attra- verso questa lunga pratica nell’osservazione visi- va, la scienziata era arrivata a costruire un’im- magine mentale del mondo difficilmente comu- nicabile in quanto strettamente soggettiva. Per tutti, la visione del mondo naturale si fonda sull’osservazione, ma quello che vediamo è strettamente legato a ciò che sappiamo: più si conosce, più si vede. Questa relazione fra pro- cessi visivi e cognitivi è, però, un’arma a doppio taglio in quanto il bagaglio di conoscenze ac- quisite può ostacolare la comprensione di feno- meni che esulano dagli schemi mentali consoli- dati. Per Barbara McClintock, invece, questa re- ciprocità sembra essere stata particolarmente in- tensa e feconda. C ONSACRATE « PER EVANGELICA CONSILIA » La visione di Caterina di N ICLA S PEZZATI S i assiste oggi a uno straordinario risveglio della mistica e del mistici- smo sotto varie forme. La persistenza del fatto mistico anche in am- biti avanzati della cultura ha voce significativa nel postmoderno. Si sta verificando quella sorta di profezia di Karl Rahner che annuncia- va, come unica possibilità per il futuro dell’uomo religioso, l’essere mistico, toccato dall’esperienza di Gesù di Nazareth crocifisso e risor- to. L’alternativa, continua Rahner, è la simulazione del religioso. Già negli anni settanta lo storico americano Martin E. Marty, che per lungo tempo si è dedicato allo studio della letteratura mistica, parla- va di un recupero, con l’ampia diffusione e fruizione dei classici. Il fil rouge che lega l’esperienza e la narrazione di tale patrimonio mistico è lo sguardo: «Ho trovato l’Amore, l’Amore si è lasciato vedere! Di- telo a tutte, ditelo a tutte!» affermava Veronica Giuliani ( Summarium beatificationis , 115-120). Mentre nel mondo ebraico e islamico la conoscenza segue la mo- dalità dell’ascolto, il mondo greco lega invece il conoscere al vedere

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