donne chiesa mondo - n. 73 - novembre 2018
DONNE CHIESA MONDO 26 DONNE CHIESA MONDO 27 D ONNE DI VALORE di M ARIA B ALDUZZI «L a cosa più importante è sviluppare la capacità di vedere». Con queste pa- role, Barbara McClin- tock, una scienziata sta- tunitense talmente originale da venir compresa solo con decenni di ritardo da gran parte della comunità scientifica, sintetizzava la centralità dell’osservazione visiva e dell’interpretazione delle immagini per le sue ricerche in genetica. La genetica come branca autonoma della bio- logia era nata agli inizi del XX secolo con la ri- scoperta delle leggi di Mendel, ed era ancora ai primi passi nel 1919 quando, se pure inizialmen- te osteggiata dalla madre che vedeva nell’istru- zione un ostacolo al matrimonio, Barbara si iscrisse alla facoltà di Agraria della Cornell Uni- versity. La Cornell era una delle rare università aper- te alle donne già dal 1872, e nel 1923, anno di laurea della McClintock, 74 dei 203 laureati in scienze erano donne. Già dai primi anni di college, la McClintock si era specializzata in citologia (lo studio della struttura e delle funzioni cellulari tramite l’os- servazione al microscopio) e l’aveva applicata con successo allo studio della genetica del mais, coniugando l’osservazione macroscopica delle caratteristiche genetiche della pianta con lo stu- dio al microscopio dei cambiamenti fisici nei suoi cromosomi. Aveva affinato un tale virtuosi- smo nell’osservazione che illustri colleghi ricor- revano a lei per la capacità di «vedere così tan- to» al microscopio. Questo particolare talento derivava dalla convinzione che anche il più pic- colo dettaglio potesse fornire la chiave per com- prendere il tutto e che ogni organismo avrebbe rivelato i suoi segreti se osservato lungamente e con attenzione. Per questo non tralasciava alcun particolare, fino a ricostruire tutto l’insieme in un quadro coerente in cui si integravano strut- tura e funzione. Questo modo di procedere fatto di metodo, pazienza e determinazione, la spinse sempre più a lavorare da sola, e da molti fu così giudicata una persona eccentrica. Al periodo trascorso alla Cornell risalgono la dimostrazione del crossing over (ricombinazione Barbara McClintock dei geni attraverso scambi fisici di materiale tra cromosomi omologhi), la conferma che i geni si trovano sui cromosomi, la scoperta dell’instabili- tà cromosomica, tutte pietre miliari nel progres- so della genetica. Nonostante questi brillanti risultati, nel 1931, Barbara McClintock dovette lasciare questa uni- versità per mancanza di posizioni appropriate a disposizione delle donne negli organici della fa- coltà e il suo iter all’interno delle istituzioni uni- versitarie fu molto travagliato. Nelle facoltà scientifiche la carriera accademica era ancora preclusa alle donne e Barbara, contrariamente a molte altre, non accettò mai ruoli di ripiego. Nel 1941 lasciò anche l’università del Missouri, che pure le aveva garantito una posizione di professore assistente, in quanto non ne tollerava la burocrazia eccessiva e le discriminazioni verso le docenti. Questi comportamenti portarono a problemi di incertezza economica e frequenti cambiamen- ti di sede, oltre a una certa fama di stramberia e di difficoltà caratteriale, rafforzata dal suo anti- conformismo e dall’essere non sposata. Le ambizioni della scienziata non compren- devano potere e ricchezza ma solo fare ricerca in piena libertà, che ottenne trasferendosi ai La- boratori di Cold Spring Harbor, dove poté rac- cogliere le prove di una sua intuizione sulla pre- senza di geni trasponibili nel genoma del mais. Le occorsero sei anni di attente osservazioni ma, in occasione del simposio annuale di Cold Spring Harbor nell’estate 1951, presentò alla co- munità scientifica la scoperta dei trasposoni, ge- ni in grado di modificare la propria posizione “saltando” da una parte all’altra del genoma. La sua presentazione fu accolta da un silenzio atto- nito, misto di imbarazzo, compatimento o aper- to scherno. Tranne poche eccezioni, tutti pensa- rono che quella stramba scienziata fosse impaz- zita, complice anche una diffidenza radicata nel mondo accademico verso le donne. Barbara McClintock aveva allora quarantano- ve anni e, nonostante la sua vita lavorativa fosse stata punteggiata da crisi e precarietà, non le erano mai mancati il riconoscimento, la stima e il sostegno dei colleghi. Grazie anche a loro la scienziata aveva potuto affermarsi come uno dei più importanti citogenetisti d’America. Era stata infatti nominata membro dell’Acca- demia americana delle scienze nel 1944, ricono- scimento in precedenza conferito solo ad altre due donne nella lunga storia di questa istituzio- ne, e nel 1945 era stata la prima donna presiden- te della Società americana di genetica. Fu perciò scioccata dalla reazione della platea di scienziati a tal punto che, negli anni seguen- ti, pur continuando con determinazione a stu- diare il fenomeno e a raccoglierne le prove, cer- cò solo poche altre volte il confronto aperto con i colleghi, ritirandosi in una zona d’ombra. Durante gli anni cinquanta e sessanta, ai nu- merosi scienziati che si riunivano a Cold Spring Harbor ogni estate per discutere e condividere le più recenti acquisizioni scientifiche, non sfug- giva la presenza anomala, quasi in disparte, di
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