donne chiesa mondo - n. 73 - novembre 2018
DONNE CHIESA MONDO 24 DONNE CHIESA MONDO 25 nedizione attraverso un’effigie con il ritratto di un sant’uomo. La pri- ma cosa è riprovevole per ogni religione, e la seconda è una delle co- se che l’islam è venuto a cancellare. In questi due casi, o il pittore non si cura di Dio, o spiana la strada al culto di altri dei. Quando queste due circostanze vengono meno e l’intenzione è l’utile, la rap- presentazione di figure umane ha lo stesso statuto di quella di alberi e piante nei manufatti. Questi motivi vegetali venivano usati anche per decorare i margini dei manoscritti del Corano e le intestazioni delle sure. Nessun esperto della legge lo ha mai vietato, anche se l’utilità delle decorazioni del Corano è discutibile. Indiscutibile è in- vece, come abbiamo spiegato, l’utilità delle immagini. Se poi vai con intenzioni peccaminose in un luogo in cui sono presenti delle immagini, contando sul fatto che gli angeli, o quanto- meno quello che scrive i peccati, «non entrano in una casa in cui ci sono immagini», come riferisce un’altra tradizione, stai attento! Non illuderti che così ti risparmierai di rendere conto delle tue azioni. Dio ti sorveglia, e ti osserva, anche in una casa in cui sono presenti delle immagini. Non credo proprio che l’angelo rinuncerà a seguirti in qualunque posto tu vada con tali intenzioni, per il semplice fatto che ci sono delle immagini! Se rispondi al mufti che l’immagine è sempre e comunque un potenziale oggetto di adorazione, lui probabilmente ti dirà che anche la tua lingua è un potenziale strumento di mendaci- tà. Bisogna forse dedurne che è obbligatorio legartela, anche se può dire sia il vero sia il falso? In breve, ho forti motivi di credere che la legge islamica sia ben lontana dal proibire questo eccellente strumento di conoscenza, una volta accertato che non mette in pericolo la religione, né dal punto di vista della fede, né da quello della morale. I musulmani hanno l’abitudine di mettere in questione solo cose di evidente utilità, col ri- sultato di privarsi dei loro effetti benefici. Perché invece non mettono in questione i pellegrinaggi alle tombe dei santi, o cosiddetti tali, quei personaggi dalla vita oscura, il cuore dei quali nessuno ha mai scrutato? Perché non consultano il mufti a proposito delle suppliche e delle preghiere di intercessione, e delle offerte in denaro e in natura che vengono fatte intorno a quelle tombe? Venerano le tombe come, o più, di Dio. Rivolgono a esse le richieste che, secondo loro, Dio potrebbe non esaudire, e credono che esse rispondano ai loro bisogni con più sollecitudine della divina provvidenza. Queste credenze sono davvero inconciliabili con la fede nell’unicità di Dio, che invece si può benissimo conciliare con la rappresentazione di figure umane o animali, fatta allo scopo di precisare il significato dei termini scienti- fici e dare forma visibile alle immagini mentali. André Grabar include il rilievo di Palmira nell’apparato iconografico del suo articolo Plotin et les origines de l’esthétique médiévale (1945), vedendovi «quasi un annuncio dei personaggi della scultura romanica». La trasformazione del panneggio in motivo quasi geometrico in queste figure di donne velate sembra annunciare anche il decorativismo astratto dell’arte islamica. L’uso iconico del velo nell’islam contemporaneo è il tema centrale del saggio di Bruno Nassim Aboudrar, Comment le voile est devenu musulman (Flammarion, 2017). Processione di donne velate (secolo I , Palmira, rilievo del tempio di Bel bersaglio della campagna di distruzione dell’Is nel 2015) Palmira rilievo con donne velate
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