donne chiesa mondo - n. 73 - novembre 2018

DONNE CHIESA MONDO 22 DONNE CHIESA MONDO 23 conservare dipinti e sculture. Come, infatti, la pittura è una poesia che si vede ma non si sente, allo stesso modo la poesia è una pittura che si sente ma non si vede. Quadri e sculture preservano la memoria dei più diversi aspetti della vita degli individui e delle società, tanto da meritare il nome di archivio delle istituzioni e delle condizioni umane. Immaginiamo un uomo o un animale in un momento di feli- cità e contentezza, serenità e fiducia: queste parole hanno significati vicini che non è facile distinguere gli uni dagli altri, ma se li vedi raf- figurati nelle immagini le differenze saltano chiaramente agli occhi. O immaginiamo una persona in preda a timore e terrore, spavento e sgomento: questi termini non sono sinonimi, e non li scrivo uno ac- canto all’altro per il gusto della rima, ma perché si riferiscono a cose diverse. Eppure ti devi spremere le meningi per precisare che cosa esattamente li distingue, a quale stato d’animo ciascuno di essi sia più appropriato, e a quale aspetto esteriore corrisponda ciascuno di questi stati d’animo. Se però guardi un’immagine dipinta, ovvero una poesia silenziosa, la verità ti si mostra con evidenza, procurandoti al- lo stesso tempo una gioia per l’anima e un piacere per i sensi, attra- verso lo sguardo. Se vuoi verificare cosa si intenda esattamente quan- do si dice «ho visto un leone», dove “leone” è una metafora che sta per “uomo coraggioso”, guarda la sfinge accanto alla Grande Pirami- de, e vedrai coi tuoi occhi che il leone è uomo e l’uomo leone. Con- servare questi monumenti significa dunque davvero conservare la co- noscenza, e mostrarsi grati all’artefice che li ha creati. Mi auguro che tu abbia capito qualcosa di questo discorso. Altri- menti, visto che qui non ho tempo di dire altro, fattelo spiegare da un filologo, un pittore o un poeta, ammesso che ne siano capaci. Forse, a questo punto, ti sorgerà una domanda: secondo la legge islamica, qual è lo statuto legale delle immagini che si propongono lo scopo che abbiamo descritto, vale a dire di rappresentare gli esseri umani mostrando le loro emozioni e le loro particolarità fisiche? Tut- to ciò è proibito, permesso, riprovevole, raccomandabile o doveroso? La mia risposta è questa: quando un pittore fa un quadro, realizza un’opera la cui utilità è indiscutibile. Ormai, non viene più in mente a nessuno di adorare e venerare le statue e le immagini. Se ti trovi di fronte a un caso concreto, puoi capire da solo come giudicarlo, op- pure rivolgerti a un mufti , che ti darà il suo responso oralmente. Se gli citerai il hadith : «I pittori sono coloro che subiranno il più duro dei castighi nel giorno del giudizio», o un altro attendibile detto del profeta di analogo significato, sono propenso a credere che ti rispon- derà così: questi detti si riferiscono all’epoca del paganesimo. A quell’epoca, le immagini avevano due funzioni. Primo: godere dei beni del mondo dimenticandosi dell’aldilà. Secondo: cercare una be- Alessandro giudica fra i pittori greci e cinesi (miniatura dalla Khamsa di Nizami, 1455-60 circa, Istanbul, Biblioteca del Palazzo Topkapi) Pittori greci e cinesi Nel capitolo sulle «meraviglie del cuore» del suo capolavoro ( Il ravvivamento delle scienze religiose ), il grande teologo al- Ghazzali (morto nel 1111) spiega che il cuore è l’organo sottile attraverso il quale l’uomo conosce le realtà invisibili riflettendole in forma di immagini. Di conseguenza, quando il cuore diventa lucido come uno specchio, può accedere alla conoscenza delle cose divine in modo diretto, senza passare attraverso lo studio della filosofia, che ha il suo punto di partenza nell’osservazione del mondo. I risultati di queste due vie della conoscenza possono essere identici, anche se il loro metodo è diverso. Al-Ghazzali illustra la differenza con l’aiuto di una parabola. Un re ordina a due gruppi di pittori, greci e cinesi, di dipingere due pareti opposte di una sala, per giudicare quale dei due gruppi sia migliore. I due gruppi lavorano nascosti gli uni agli altri da una tenda. Quando l’opera è finita e la tenda si solleva, si scopre che i greci hanno dipinto una vivida immagine della creazione a brillanti colori, mentre i cinesi hanno così ben lucidato la loro parete che essa riflette perfettamente la pittura dei greci. Il famoso poeta persiano Nizami (morto nel 1207) ha inserito questo racconto nel suo poema sulle imprese di Alessandro, assegnando al conquistatore macedone il ruolo di arbitro nella disputa. L’episodio è stato illustrato varie volte nei manoscritti riccamente decorati dei poemi di Nizami che sono stati prodotti fra il medioevo e l’età moderna. Dust Muhammad, pittore e storico dell’arte persiano del XVI secolo, racconta di nuovo la storia nell’introduzione a un album di miniature, usandola come argomento per una difesa dell’arte pittorica basata sulla distinzione fra la mìmesis naturalistica e la rappresentazione figurativa di realtà intelligibili.

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