donne chiesa mondo - n. 73 - novembre 2018
DONNE CHIESA MONDO 8 DONNE CHIESA MONDO 9 N ELLA PITTURA DI M ARY C ASSATT Bambini finalmente visibili di M ARTINA C ORGNATI I I trasferimento in Francia della sua famiglia, nel 1877, costituì per Mary Cassatt il pretesto per ampliare il proprio repertorio iconografi- co, aggiungendo i suoi parenti, soprattutto bambini, alle scene di vita moderna. A quanto racconta Nancy Mowll Mathews, la sua primissi- ma mamma con bambino fu la cognata Jennie col nipotino Gardner che, dopo la nascita, aveva rischiato di non sopravvivere: un evento che sembra avesse impressionato profondamente la zia Mary, colpita già nell’infanzia dalla perdita del fratellino Robert. A queste presenze famigliari, si aggiungono sin dall’inizio i figli di conoscenti diretti o indiretti, come la celebre bambina sulla poltrona blu, figlia di amici di Degas. Col tempo, la presenza di bambini nei dipinti di Mary Cassatt au- mentò in modo significativo, fino a diventare quasi esclusiva. Nel 1881, il quadro “La lettura” ( La lecture ), un ritratto della madre di Mary intenta a leggere favole a un nugolo di nipoti, esposto alla se- sta mostra dell’impressionismo, venne specialmente apprezzata da Jo- ris-Karl Huysmans per le qualità propriamente pittoriche e per l’as- senza di quell’atmosfera melensa che caratterizzava invece molte Aperte a Roma due case per rifugiate e donne migranti vulnerabili Sono nate a Roma due case per donne rifugiate con bambini e donne migranti in situazioni di vulnerabilità. Il progetto si chiama Chaire Gynai , che in greco significa “benvenute donne”. L’iniziativa è promossa dalla Congregazione delle suore missionarie scalabriniane, con il Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, la Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, l’Unione internazionale superiore generali e dalla Conferenza episcopale italiana. Le scalabriniane hanno coinvolto anche le suore missionarie del Sacro Cuore di Gesù, che hanno messo a disposizione gli spazi, e altre congregazioni D AL MONDO >> 14 Perché mi sveglio presto è una poesia capace di introdurre immedia- tamente a quella che forse è la caratteristica distintiva di questi versi: la celebrazione del mondo. Un mondo, con i suoi elementi naturali, in questo caso il sole, osservato e interpretato come magnifica poten- za vitale, come energia creatrice che lavora a un continuo rinnova- mento, a un incessante e gioioso processo di creazione in atto: «Sal- ve, sole sul viso, / Salve, tu che crei la mattina / e la diffondi sui campi / e sui visi dei tulipani / e delle campanule che annuiscono». Un mondo per cui vale dunque la pena alzarsi presto e la cui straor- dinarietà attrae, stupisce, rallegra, consola; al punto che il saluto del poeta prorompe deliziato e riconoscente. La semplicità del dettato di questa poesia è proprio ciò che rende potente la sua capacità di dischiudere una visione, intrisa di grazia, di un mondo, visto inesauribilmente come «fresco e prezioso»: una visione che può verificarsi soltanto quando l’uomo, prestando atten- zione alla natura che lo circonda, impari da questa, e riconosca se stesso come creatura, fratello o sorella. Si tratta di una poesia dalla profonda spiritualità, che dà voce a un’anima sintonizzata, tramite il contatto con la natura, sulla frequenza d’onda della trascendenza. La potenza del mondo è dunque un’energia vitale che in modo inesorabile attira a sé l’io, distogliendolo dalla tentazione di un solip- sistico ripiegamento interiore. È proprio lo stupore provato al cospet- to di una natura guardata con attenzione, a innescare la miccia della creatività, a farsi insopprimibile tensione generativa, che trova sbocco nella parola artistica. Una gratitudine che si concretizza nella lode, nella celebrazione di ciò che è umile, piccolo, ordinario, ma che, se osservato con la giusta inclinazione dello sguardo, rivela la propria appartenenza a una real- tà più grande, portatrice di senso. Il mondo naturale si rivela capace della “preghiera perfetta”, come nel caso della poesia intitolata Il gi- glio , che sussurra in un linguaggio segreto impercettibili parole, che il poeta si sforza di udire ma inutilmente, anche se non c’è vento. For- se, medita Mary Oliver, la lingua del giglio in realtà è proprio il sem- plice “stare” del fiore che, appunto, «sta semplicemente / con la pa- zienza dei vegetali / e dei santi / fino a quando la terra intera ha compiuto il suo giro». Scrive Mary Oliver a conclusione del suo “manuale di poesia” ( A Poetry Handbook ): «La poesia è una forza che ha cara la vita. E ri- chiede una visione — una fede , per usare un termine vecchio stile. Sì, proprio così. Perché le poesie non sono parole, dopo tutto, ma fuo- chi per il freddo, corde calate a chi è perso, qualcosa di così necessa- rio come il pane nelle tasche dell’affamato. Sì, proprio così».
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