donne chiesa mondo - n. 72 - ottobre 2018
DONNE CHIESA MONDO 28 DONNE CHIESA MONDO 29 una melodia: cantava la terra, cantava il lago, cantavano gli alberi, ramo per ramo». Ma il sodalizio passionale, intellettuale, arti- stico tra Jung e Sabina, come si è detto, si inter- ruppe, nonostante i due abbiano continuato per tutta la vita a mantenere comunque una corri- spondenza “professionale”. A contribuire alla rottura della relazione fu anche Emma, la mo- glie di Jung, a cui Sabina fece riferimento im- plicito in una delle prime lettere scritte a Freud: «Il Dr. Jung quattro anni e mezzo fa era il mio medico, poi divenne un amico e in seguito “poeta”, cioè amante. Alla fine mi conquistò e tutto andò come di solito accade nella “poesia”. Egli predica- va la poligamia, sua moglie sarebbe stata d’accor- do etc. etc., ma mia ma- dre ricevette una lettera anonima, scritta in ot- timo tede- sco, nella quale si di- ceva di sal- vare sua fi- glia che avrebbe potuto essere rovinata dal Dr. Jung». Nel 1912, Sabina sposò a Vienna Pavel Schef- tel, un medico russo di origini ebraiche come lei. Dalla loro unione nacquero nel 1913 Renate ed Eva, anche se non è chiaro se quest’ultima fosse la figlia che Pavel aveva avuto da un’altra donna. Con loro comunque Sabina si trasferì a Mosca, dove fondò, all’interno di un edificio li- berty splendidamente decorato, l’Asilo Bianco insieme a Vera Schmidt, una delle figure princi- pali nel movimento psicanalitico russo. L’Asilo Bianco, chiamato così per il colore delle pareti e del mobilio, era un ospedale psichiatrico, ma anche un luogo di formazione, in cui i bambini venivano invitati a esprimersi liberamente, senza essere repressi da una ferrea disciplina. Il colore bianco che li circondava assecondava la possibi- lità di chiarezza interiore, permetteva loro di “colorare” lo spazio con le proprie emozioni e risorse creative. «Pare sia la prima volta che una psicoanalista viene messa a dirigere un asilo in- fantile» scriveva Sabina a Jung: «Ciò che vorrei dimostrare è che se si insegna la libertà a un bambino fin dall’inizio, forse diventerà un uo- mo veramente libero» e «ci metterò tutta la mia passione». Tale sorta di laboratorio psicanalitico per bambini ebbe come alunni i figli di espo- nenti bolscevichi incluso Vasily Stalin, figlio di Iosif. L’Asilo Bianco veniva chiamato con vari nomi, tra cui Asilo Psicoanalitico di Mosca, La- boratorio Solidarietà Internazionale: prevedeva metodi pedagogici molto avanzati per quel tem- po, il gioco, la musica, lo studio degli animali e in generale la crescita in un ambiente libero dai condizionamenti. Ma Stalin, dopo aver ritirato il figlio, chiuse l’asilo, accusando Schmidt e Sa- bina di “perversione sessuale”, perché lì i bam- bini erano educati anche alla conoscenza della propria sessualità. In realtà l’asilo fu chiuso per- ché l’obiettivo degli educatori era quello di cre- scere i bambini in un clima di libertà, di azione e di pensiero: principi all’esatto opposto delle dottrina staliniana. Nel 1941, durante l’occupazione tedesca, Sa- bina tornò a vivere a Rostov sul Don, la sua cit- tà natale: ma il suo idealismo e il suo coraggio, tempratisi in una vita passata dedicata all’amore e alla ricerca della libertà, le fecero commettere un errore fatale: non fuggì quando i tedeschi iniziarono a invadere la Russia non credendo possibile, dopo aver vagheggiato l’unione tra se- miti e ariani nel figlio ideale Sigfrido, il genoci- dio nazista contro gli ebrei. Fu fucilata somma- riamente nell’agosto del 1942 nella sinagoga di Rostov, insieme alle due figlie e alla popolazio- ne ebrea del paese. C ONSACRATE « PER EVANGELICA CONSILIA » Il silenzio dolente di N ICLA S PEZZATI «V enuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio», annota Marco nel suo vangelo. Le tenebre debordano, fluiscono, dilagano, velano, ab- buiano. È la vittoria dell’ottenebramento di ogni ragio- ne che cerchi la ratio dell’antica domanda: quid est veritas? Come Chiesa stiamo attraversando una temperie che potrebbe intimorire. Mi pare invece una opportunità che ci viene data, un presente da vivere come partecipazione al mistero del Dio umanato, martoriato dal peccato umano, dall’incredulità, dalle ipocrisie di religione: il Dio umiliato, senza volto, palo confitto nel cuore della terra, chiede ragione del nostro essere Chiesa. La debolezza della croce, crinale della storia umana, continua ad attraversare il mondo e ci incontra anche oggi, aprendoci all’esigenza dei tempi futuri. La narrazione di Marco continua: «Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo» e «i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui». Poi «anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano». È il mistero del male che inchioda alla croce, che ghigna e schernisce, che giustifica se stesso. Oggi non siamo di fronte a una scena, compiuta ormai da due millenni, siamo a vivere, in presa diretta, un tempo che partecipa della passione di
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