donne chiesa mondo - n. 72 - ottobre 2018
DONNE CHIESA MONDO 20 DONNE CHIESA MONDO 21 A un anno dalla morte di suor Ruth Diversi eventi hanno ricordato, tra agosto e settembre, l’anniversario della morte della dottoressa e religiosa tedesca Ruth Pfau, che ha dedicato la vita alla lotta contro la lebbra in Pakistan. Medico, nel 1957 si unì, ventottenne, alle Figlie del Cuore di Maria. Inviata in missione nell’India meridionale, per un problema venne bloccata a Karachi: vi rimarrà 57 anni, tutti dedicati a salvare i lebbrosi abbandonati dalle loro famiglie. È stato infatti grazie ai suoi sforzi che nel 1996 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato il Pakistan uno dei primi paesi asiatici a «tenere la lebbra sotto controllo». Creatrice del Marie Adelaide Leprosy Center, che conta oggi 157 filiali in Pakistan, suor Ruth è la stata la prima donna (e la terza persona in assoluto) a ricevere i funerali di stato in Pakistan. Il governo le ha intitolato l’ospedale civile di Karachi mentre la Banca nazionale del Pakistan ha da poco emesso una moneta da 50 rupie per commemorarla. >> 19 Il clericalismo, di cui Papa Francesco non smette di denunciare la pericolosità per la Chiesa, ha in parte origine da questo desiderio le- gittimo di mettere la propria vita affettiva al riparo dalle correnti d’aria. Ma la clausura clericale può presto rivelarsi, sia per i sacerdoti sia per le persone che li frequentano, anche se con le intenzioni più pure da entrambe le parti, una protezione tanto più illusoria in quan- to può nascondere il rischio della seduzione reciproca. Tale rischio è aggravato dal fatto che il bisogno di una giusta di- stanza si coniuga con la propensione di ogni istituzione umana a produrre i propri strati, i propri codici e le proprie élite. La Chiesa non solo non fa eccezione, ma ha addirittura una propensione parti- colare a sacralizzarli. Che cosa abbiamo fatto del comandamento di Gesù ai suoi discepoli «e non chiamate nessuno “padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo» ( Matteo 23, 9)? Quando capiremo finalmente che con queste parole Gesù auspica vi- vamente una Chiesa di fratelli e di sorelle e non una Chiesa scissa tra sacerdoti e fedeli, così come ha denunciato papa Francesco nella sua lettera sugli abusi sessuali dello scorso 22 agosto? «Il clericalismo, fa- vorito sia dagli stessi sacerdoti sia dai laici, genera una scissione nel corpo ecclesiale che fomenta e aiuta a perpetuare molti dei mali che oggi denunciamo. Dire no all’abuso significa dire con forza no a qualsiasi forma di clericalismo». Pertanto, lungi dall’essere un baluardo contro gli assalti dell’affet- tività, questo isolamento clericale, anche sotto forma di autorità degli uni sugli altri — che, se non si fa attenzione, l’ordinazione sacerdotale genera in modo così naturale — può creare le condizioni favorevoli a ogni sorta di eccesso, di abuso di potere. Tali abusi scioccano ancor di più in quanto spesso toccano le corde più delicate dell’anima delle persone che li subiscono. I danni umani sono ancora più terrificanti. E se commessi su bambini, sono criminali e devono essere trattati co- me tali. Periodicamente si levano voci che invocano tali abusi a sostegno della rivendicazione del «matrimonio dei sacerdoti», panacea per tut- ti i mali della Chiesa. È di fatto un altro modo di soccombere ancora una volta alla tentazione di sbattere questa dannata porta socchiusa. Sarebbe davvero un peccato se la Chiesa cattolica romana si riallac- ciasse alla sua tradizione millenaria di ordinazione di uomini sposati per un simile motivo, di mancanza. Ben lungi dall’essere una frustrazione affettiva perversa e pericolo- sa per il contesto, il celibato consacrato è un tesoro del cristianesimo. Oggi ancor più che in passato, ha in sé un’incredibile carica profetica ed è un cammino di felicità e di realizzazione umana. Quant’è bello provare questa libertà di una vita come fratelli e come sorelle in un rapporto di alterità e di uguaglianza assoluta in dignità. Quant’è bel- lo assaporare la castità di un rapporto di amicizia tra uomini e don- ne, certo raramente scevro della sua parte di seduzione reciproca, in un mondo in cui il desiderio è l’oggetto di tutte le polarizzazioni. Dio, quant’è bello questo rapporto, Dio, quanto è vertiginoso. Si- gnifica accettare il rischio di questa porta socchiusa, non abbassare mai del tutto la guardia e guardare in faccia la nostra fragilità umana piuttosto che nasconderla dietro a protezioni illusorie. Significa l’umiltà e l’annullamento dell’amico dello sposo, che esulta di gioia alla voce dello sposo (cfr. Giovanni 3, 29), più che la sicurezza di un “uomo di Dio” che potrebbe sorprendersi a dimenticare che rimane comunque un uomo. * Domenicano, vescovo di Oran Marcello Mastroianni e Sofia Loren in una scena del film «La moglie del prete» di Dino Risi (1970) A pagina 19 Vasilij Kandinsky «Montagna» (1909)
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