donne chiesa mondo - n. 71 - settembre 2018

DONNE CHIESA MONDO 30 DONNE CHIESA MONDO 31 giovani ( XV assemblea generale ordinaria del Si- nodo dei vescovi 3-28 ottobre 2018) dal tema «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale», dove nell’ Instrumentum laboris un intero numero, il 103, è dedicato alla vita consacrata: «Anche la testimonianza profetica della vita consacrata ha bisogno di essere riscoperta e meglio presentata ai giovani nel suo incanto originario, come anti- doto alla “paralisi della normalità” e come aper- tura alla grazia che scompiglia il mondo e le sue logiche. Risvegliare il fascino della radicalità evangelica nelle giovani generazioni, così da po- ter riscoprire la profezia della castità, povertà e obbedienza come anticipazione del Regno e realizzazione piena della propria vita è un aspetto che non può essere messo in secondo piano in un tempo dominato da logiche consu- mistiche e mercificanti». Come giovane consacrata vivo la necessità di non fermarmi all’istante, al momento attuale, ma considero vitale spingere il mio sguardo ver- so quell’orizzonte che unisce inevitabilmente la terra al cielo e dove la mia carne sporca di fan- go si innalza verso la purezza di Dio. È impor- tante avere occhi carichi di risurrezione là dove tutto parla di morte e là dove l’“ormai” sembra introdurre ogni tipo di argomentazione sui gio- vani. C’è desiderio di riscatto dinanzi a un po- tenziale che ha diritto di cittadinanza come ogni altro essere umano. È vero, qualcosa è cambiato, o meglio tutti siamo cambiati, perché creature in cammino, perché ricchi di diverse esperienze, perché chiamati a ridefinire la nostra finitezza, perché interpellati nel tracciare nuovi confini alla nostra esistenza. È nella quotidianità la novità foriera di vita e di creazione e il volto femminile della vita con- sacrata ne dà testimonianza ed è l’emblema principale. I suoi tratti di innata delicatezza, l’accoglienza smisurata all’altro, l’attesa silente, la custodia dell’intimità, il canto della gratitudi- ne non hanno tempo e non hanno spazio per- ché esistono nel presente e saranno nel futuro. Una nuova carica di speranza alberga nel mio cuore, in cui sento che un inedito desidera venire alla luce, un nuovo soffio dello Spirito aleggia sulla mia Chiesa. «Non cedete alla tentazione dei numeri e dell’efficienza, meno ancora a quella di confida- Duilio Barnabé, «Due suore» (1954) re nelle proprie forze. Scrutate gli orizzonti del- la vostra vita e del momento attuale in vigile ve- glia» (Papa Francesco, A tutti i consacrati ). A completare queste parole di Papa France- sco mi vengono in aiuto quelle di don Tonino Bello: «Oltre a vegliare, dovete anche svegliare! Svegliate la gente dall’appiattimento spirituale. Destatela dal sonno religioso, dalle abitudini sonnolente, dalla ripetitività rituale. Aiutatela ad entrare nella storia, operando le scelte di ogni giorno secondo la logica delle “beatitudini” e non secondo i criteri del tornaconto». L’atteg- giamento che più mi caratterizza è quello della resilienza e nel riconoscere che le radici sono ben affondate nel terreno della Parola, nella ten- sione alla carità e nel coraggio della verità. Il terreno della Parola è uno spazio da van- gare e coltivare ininterrottamente affinché, in una danza continua, la narrazione lasci il passo al silenzio oppure si esprima in altro modo: con simboli, gesti, immagini, colori, parabole. Come ci ricorda il Catechismo della Chiesa cattolica al numero 166, «il nostro amore per Gesù e per gli uomini ci spinge a parlare ad altri della nostra fede». Interpellata nella mia libertà a rispondere all’iniziativa di Dio che si rivela alla mia vita, è importante saper narrare e testimoniare come l’amore si fa carne. Pensavo come nel nostro oggi nessuno è escluso dal www, ovvero World Wide Web (ragnatela grande quanto il mondo), che ha rivoluzionato le caratteristiche dell’in- formazione e della narrazione. Non basta cliccare, selezionare ed essere in rete per poter trasmettere e testimoniare «ciò che i nostri occhi hanno visto, le nostre ma- ni hanno toccato e le nostre orecchie hanno udito» ( 1 Giovanni 1, 1). Un sms, una chat o una e-mail non è sufficiente per raccon- tare il nostro incontro personale con colui che i cieli dei cieli non possono contenere, e che vie- ne ad abitare in mezzo a noi. I nuovi mezzi di comunicazione possono accorciare le distanze, essere usati per condividere opinioni, incontrare e contrarre nuove conoscenze ma non ci assicu- rano che in tutto questo l’uomo abbia “connes- so” il proprio cuore. Come il nostro Dio si fa uomo per rag- giungere la nostra umanità così anche noi siamo chiamati a farci prossimo, anche nella nostra corporalità. La strada da percorrere non è una autostrada a più corsie né è un’agevole via in discesa ma, da Betlemme, procede inarre- stabilmente verso il Golgota cioè «va dalla man- giatoia alla croce» (Edith Stein, Mistero del Natale ). L’esperienza di fede è qualcosa che non si può dire ma solo vivere, perché è qualcosa che si sente, che si percepisce, che vibra dentro, che fa brillare gli occhi, che produce un brivido e che fa intuire una presenza e un’assenza. La mia vita ha ragione di essere vissuta per- ché in tensione continua verso la carità, cioè aperta, nuda, con un cuore gonfio e operoso, in dialogo e in sintonia verso ciò che pulsa, che ama e che lotta per nascere. La vita consacrata ha «molto cuore», come ci ricorda Teresa d’Ávila, indiviso, integro, che plasma e che tocca Dio e i fratelli. Con corag- gio perciò invito anche altre donne consacrate, come me, a riempire la terra di “beatitudini” per alimentare la bellezza della speranza.

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