donne chiesa mondo - n. 71 - settembre 2018
DONNE CHIESA MONDO 10 DONNE CHIESA MONDO 11 come «è proibito proibire». Paolo VI non è l’unico della sua genera- zione a non aver compreso quel cambiamento d’epoca. Anche il ge- nerale de Gaulle non è riuscito a capire quegli eventi. Se l’enciclica avesse assunto la forma di un semplice monito, affidando la respon- sabilità ultima alla coscienza illuminata dei coniugi (cfr. Gaudium et spes , n. 50), avrebbe potuto continuare ad alimentare le conversazioni e i dibattiti. La proibizione ha reso ogni discussione impossibile, su- perflua. Si trattava di prendere o lasciare, e allora molti hanno prefe- rito lasciare sia l’enciclica che la Chiesa. Oggi la Chiesa ammette di dover formare le coscienze e non di doversi sostituire loro (cfr. Amoris laetitiae , n. 37). È un primo passo, necessario ma non sufficiente, per farsi udire dall’altra parte del fossato! Humanae vitae ci descrive un matrimonio virtuale: non ci sono fi- gli malati, né difficoltà economiche e neppure stress legato al lavoro o alla mancanza di lavoro. C’è solo una coppia che si ama tenera- mente. È un testo non radicato nella realtà, dove la vita è assente e, soprattutto, dove le donne sono assenti. Dov’è il peso delle maternità a ripetizione e della dipendenza dagli uomini che hanno dovuto sop- portare le nostre madri e le nostre nonne? Dov’è il prezzo pagato da tante donne che un giorno hanno osato amare un uomo al di fuori del matrimonio? Da sempre le donne hanno pagato a caro prezzo, molto più degli uomini, ogni minima devianza dalle convenzioni so- ciali. Il bellissimo film di Stephen Frears del 2013, Philomena , mostra fino a che punto la Chiesa ha condannato, punito e stigmatizzato quelle donne. Nell’inconscio collettivo delle donne, la paura e la ver- gogna sono restate vive per lungo tempo. Non meraviglia quindi che nel 1968 abbiano visto nella pillola una liberazione e anche un mezzo per riequilibrare i rapporti uomo/donna. Paolo VI non ha percepito questa aspirazione delle donne a una maggiore uguaglianza. Non ha compreso neppure le loro paure e le loro angosce. Paolo VI menziona la donna solo per auspicare che l’uomo la rispetti come una compa- gna amata. La sua benevolenza è innegabile, ma non prende in con- siderazione l’esperienza femminile. Da qui la spiacevole impressione di un testo scritto da uomini per uomini che intendono regolare la vita intima delle donne. Impressione rafforzata dal fatto che la virtù della continenza è semplicemente trasposta dal celibato al matrimo- nio, ignorando la complessità di una relazione dove due persone, con la propria storia personale, non sempre si uniscono spontaneamente. Va reso omaggio allo sforzo di Amoris laetitia d’inserire la realtà delle famiglie e della sessualità nel discorso della Chiesa. La questione del- la contraccezione non vi viene trattata; e la Chiesa non può parlarne senza tener conto del punto di vista femminile. e all’abbandono della dottrina. I teologi non hanno quindi alcuna voglia d’intraprendere un lavoro di aggiornamento che li esporrà a dure critiche all’interno della Chiesa e non interesserà la società. L’ Humanae vitae è così ridotta al silenzio. Ma questa enciclica dav- vero non ha più nulla da dirci? Al di là del divieto formulato, Paolo VI esprime la sua preoccupazione per il rischio di disumanizzare i rapporti uomo/donna, di vedere la donna ridotta a un oggetto, a un mero strumento di piacere. Tale rischio è sempre attuale, come testi- monia il recente movimento #MeToo. Perché quel messaggio di Pao- lo VI non è stato capito? E come lo si può rendere attuale oggi? La Chiesa può ancora riannodare il dialogo con la società? Amoris laeti- tia ha avviato questo processo. Un’analisi dei limiti dell’ Humanae vitae può consentire di proseguirlo. L’ Humanae vitae ci mostra un Papa preoccu- pato. Paolo VI anticipa il rischio che amore, sessualità e procreazione vengano dissocia- ti, e ha ragione. Allora vieta il ricorso ai metodi di contraccezione artificiale, co- me un padre proibirebbe a un figlio di giocare con una scatola di fiammiferi. Una proibizione che viene fatta con le migliori intenzioni, per evitare che il bambino si faccia male. Papa Paolo VI non sembra aver previsto che i fedeli possano di- venire adulti nella fede. È in- nanzitutto questo atteggia- mento paternalistico a essere rifiutato in una fase di cambiamento sociale in cui so- no fioriti slogan Dina Bellotti «Paolo VI » A pagina 13 Franco Gentilini «I fidanzati nel giardino» (1975)
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