donne chiesa mondo - n. 70 - luglio 2018
DONNE CHIESA MONDO 30 DONNE CHIESA MONDO 31 il mistero, il nostro mistero, quello che immobilizza nel chiostro di un monastero. Lì, ogni sorella piange e cerca. La donna piange: piange un morto, non importa quale morto. Piange colui in cui ha creduto, colui che ha seguito, perché l’ha guardata, l’ha ascoltata, le ha ridato dignità di donna. Piange come tutte le donne straziate dal- la violenza, dalla sofferenza e dalla morte. Piange dalle viscere per portare la vita, donarla, custodirla. Piange come piangiamo davanti alle tante sofferenze che attraversano la vita, la sconvolgono senza avere l’ultima parola! Piange ma non è pianto disperato. Sono lacri- me di ricerca: nella memoria del cuore, delle mani che hanno acca- rezzato, delle orecchie che hanno udito parole di tenerezza e di vita. Cerca come tutte le donne l’essenziale da donare, da curare, da pro- teggere: la vita. Cerca, come noi cerchiamo, la scintilla della vita ri- sorta che fa correre anche nella notte. Anche oggi si versano lacrime: per quali ferite, in quale ricerca? Come donna consacrata secondo la vocazione monastica benedettina, come madre della mia comunità, vivo il mistero del dolore — che in modi diversi e complessi segna tante donne nel mon- do — nel segno della fede, della solidarietà, della speranza. Piango di compunzione: «Lui mi ha amata e si è donato per me!». La croce si erge e fa segno: «Per te!». Piango di compassione: «Perché il male e la sofferenza?». La croce domina e Dio s’inchina. Piango di collera: «Non sanno quello che fanno!». La croce è lì, piantata e tanti passano scuotendo la testa. Piango nell’affidamento: «Nelle tue mani, rimetto il mio spirito». Dalla croce, la sofferenza quotidiana è chiamata alla vittoria della resurrezione, parla e convoca la terra! Non sono forse le lacrime che corrono nel mondo a essere tessute in una storia di alleanza? In questa storia cerco di prendere posto, accanto a ogni donna che come me è silenziosamente in ricerca, verso l’oltre. Cerco di diventare poco a poco donna, sorella, madre. Cerco di servire la saggezza, di assumere l’impotenza il più gioiosamente e liberamente possibile, di indicare alle monache dei monasteri presenti nei vari territori la chia- mata che viene dal mattino di Pasqua e che ci inchioda al pozzo del- la resurrezione e della speranza. Un cammino è sempre possibile non per sopravvivere, ma per vivere in pienezza: donne vive, in piedi, fe- lici di sapersi amate, salvate, pronte a condividere la gioia dell’an- nuncio cristiano. È l’ora della grazia! La grazia di sentire la potenza operante che rovescia le montagne e invita a rimanere per lodare e vivere sulla Pa- rola, per costruire il regno, collaborare, lottare e sperare contro ogni speranza. È l’ora delle sfide. Per diventare donne dell’incontro, donne dell’attesa fiduciosa, donne tenaci nella fede, donne che sanno il sa- pore delle lacrime e per questo della speranza. Donne della mattina di Pasqua, benedettine, siamo in cammino di umanità con tutti, affinché la fraternità possa essere ritrovata: là dove uomini soffrono, là dove la morte si aggira, là dove l’angoscia attana- glia, là dove le parole tacciono, là dove la paura paralizza, là dove la vulnerabilità è accolta, là dove la nudità è coperta, là dove la verità dell’essere genera, là dove la grazia di essere donna è fonte di dolcez- za e di tenerezza, là dove il segno della donna non ha bisogno di es- sere spiegato, là dove la sua dignità e la sua vocazione non devono essere difese. Che bella sfida: vivere di Cristo! Passare dal sopravvivere nella frammentazione del tempo al vivere in unità di vita. Il kèrygma, annuncio gioioso della vita, sostanzia la ferialità dell’oggi. Lode orante, lavoro, vita in semplice fraternità, aperta alla gratuità ospitale nel segno della misericordia. Questo mo- do di viversi come donne può essere capito? *Priora del monastero di Sainte Bathilde (Vanves, Francia)
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