donne chiesa mondo - n. 70 - luglio 2018
DONNE CHIESA MONDO 28 DONNE CHIESA MONDO 29 che. Ma se nel 1986 la percentuale delle donne elette al parlamento era del 6 per cento, nel 2017 era del 30 per cento. Dal 1978 al 1979 Tina Anselmi fu ministro della sanità, in due successivi governi Andreotti. E anche qui legò il suo nome a una riforma di grande importanza, quella sul Servizio sanitario nazionale, che attuava quel diritto alla salute che era stato sancito dalla Costituzione: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettivi- tà, e garantisce cure gratuite agli indigenti». Fu una riforma inizialmente molto osteggiata, so- prattutto da parte dei medici. Così Tina Ansel- mi la raccontava nel 2003: «Devo dire che in quegli anni, segnati da posizioni molto diversifi- cate, sicuramente c’era lo scontro. E tuttavia esi- steva un’adesione di fondo a quel principio sul quale è stata costruita la riforma del Sistema sa- nitario italiano: l’adesione ai valori su cui co- struire la tutela e il diritto del cittadino ad avere una garanzia da parte dello stato per quanto ri- guarda la sua integrità. Per costruire un sistema che assumesse, come suo valore fondante, la tu- tela della persona». Due riforme, quindi, quelle da lei messe in atto, di grande portata, fra quelle che più han- no inciso sulla società italiana degli ultimi cin- quant’anni. Ma Tina Anselmi ha lasciato il suo nome legato anche a un’altra questione di gran- de importanza nel mondo politico italiano. So- no gli anni del terrorismo, sono gli anni dell’as- sassinio di Moro, a cui Tina Anselmi era molto legata. Tre anni dopo la sua morte, nel 1981 fu scelta a presiedere la Commissione parlamentare d’inchiesta che doveva far luce sulla loggia mas- sonica P2. Era un incarico che la avrebbe espo- sta a minacce di ogni tipo, portandola a scavare in trame oscure che avevano segnato pesante- mente la storia del paese. Era però anche uno straordinario riconoscimento della sua profonda e indiscussa onestà politica. Un’onestà che si leggeva anche sul suo volto, aperto, pulito e co- raggioso. Tina Anselmi si convinse che fra l’assassinio di Moro e le vicende legate alla loggia P2 ci fosse stato uno stretto collegamento, che ambe- due le vicende avessero rappresentato soprattut- to una minaccia alla democrazia italiana. E lo si vede nella relazione di maggioranza della Com- missione sulla P2, che porta la sua firma e che contiene l’affermazione netta che la P2, per le connivenze stabilite in ogni direzione e a ogni livello e per le attività poste in essere, aveva co- stituito motivo di pericolo per la compiuta rea- lizzazione del sistema democratico. Affermazio- ni analoghe farà, negli anni successivi, parlando del caso Moro. Conclusioni che la esposero, questa volta, non agli attentati ma alla delegitti- mazione, al ridicolo, ad accuse di dietrologia. Quel che è certo, però, è che, dopo la conclu- sione della Commissione parlamentare d’inchie- sta, Tina Anselmi non fu più candidata al parla- mento e che nel partito ebbe una posizione sempre più marginale. Ricoprì ancora, alla fine degli anni novanta, l’incarico di presidente della Commissione di indagine sui beni sottratti ai cittadini ebrei negli anni delle persecuzioni anti- semite (1938-1945), lavorando a stretto contatto con Tullia Zevi, presidente dell’Unione delle co- munità ebraiche italiane e facendo emergere, contro l’opinione comune, il cieco zelo con cui in Italia la burocrazia aveva messo in atto le leggi razziste del 1938. La sua profonda onestà, il carisma di cui go- deva, portarono il suo nome fra quello dei can- didati alla presidenza della repubblica nel 1992, dopo la presidenza di Cossiga. Ebbe 19 voti e fu eletto Oscar Luigi Scalfaro. Morì quasi no- vantenne nel 2016. Nello stesso anno le era sta- to dedicato un francobollo, onore che in genere non viene tributato a chi è ancora in vita. Fu in tutti i sensi una donna di valore. Grazie a lei possiamo dire che la democrazia italiana non ha avuto solo padri ma anche madri. C ONSACRATE « PER EVANGELICA CONSILIA » Viviamo o sopravviviamo? di M ADELEINE C ASEAU * L’ ora è grave. Una semplice panoramica sulle nostre comunità monasti- che femminili fa fremere: il silenzio si fa voce di mistero. Viviamo o sopravviviamo? Non si ascolta forse il grido di un’umanità in via cru- cis , invitata a risollevarsi da colui che chiama a vita la mattina di Pasqua? L’ora è grave. Per una priora, presidente di una congregazione in- ternazionale — Francia, Madagascar, Vietnam, Benin ed Etiopia — dal- le realtà tanto diverse, in termini di fede, ma anche di vita politica, economica e sociale. Dalla sopravvivenza al consumismo, le nostre comunità sembrerebbero resistere, adoperarsi, affondare, per mancan- za di finanze o di vocazioni, per mancanza di riferimenti o di radici: tutte attraversano l’oggi agitato, violento, incerto, ancorate alla Paro- la, a Cristo vivente, risorto! Sull’altra sponda, lui è segno! L’ora grave non è forse l’ora della grazia? L’oggi non è forse l’ora di Cristo? Essere, oggi, donne consacrate in un monastero è ora di grazia e di solidale comunione con ogni donna nel mondo. «Donna, perché piangi? Cosa cerchi?». Queste parole di Gesù a Maria Maddalena squarciano il duro silenzio della morte per svelare
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