donne chiesa mondo - n. 70 - luglio 2018

DONNE CHIESA MONDO 20 DONNE CHIESA MONDO 21 Ma questo non spiega tutto. «La presenza dominante delle donne nelle parrocchie implica un’esperienza del fatto religioso concreto nella sua dimensione di relazione, di comunità, di rapporto con i sa- cramenti, più sviluppata nelle donne», osserva Jacques Arènes, pro- fessore all’IcP, che ha partecipato all’indagine del 2018. «La pratica religiosa si trasmette essenzialmente attraverso le donne e sono le madri a suscitare le vocazioni: così, quando le madri non sostengono più i sacerdoti, le vocazioni crollano». E se lo scarto tra religiosità femminile e maschile si conserva nella nuova generazione, come tende a indicare lo studio del Benedict XVI Centre e dell’IcP, le cause potrebbero essere sensibilmente diverse da quelle che spiegavano lo scarto per le generazioni precedenti. «In Francia, l’appartenenza religiosa delle giovani non è segnata dagli stessi determinismi delle loro madri. Nella generazione precedente le donne erano in maggior misura custodi del focolare domestico, della famiglia e di un certo conservatorismo, al punto che, dopo la guerra, alcune correnti politiche anticlericali si opposero all’estensione del di- ritto di voto alle donne in quanto “votavano come il parroco”». Que- sta concezione andava di pari passo con l’immagine molto sfruttata nel cinema e nella società, e talvolta vera, del marito che aspetta al bar mentre la moglie va a messa. Oggi a svolgere un ruolo determi- nante nello scarto è la dimensione di prossimità nella trasmissione. Così, per quanto riguarda le donne dell’indagine dell’IcP e del Bene- dict XVI Centre, la «trasmissione della fede è presumibilmente avve- nuta nel rapporto con la madre, in una certa complicità, laddove c’erano più mancanze tra genitori e figli», osserva Jacques Arènes, direttore dell’École de Psychologues praticiens dell’Institut catholi- que de Paris. Perché? Jacques Arènes prosegue dicendo: «Come medico speciali- sta osservo sempre più un’angoscia di trasmissione dal lato maschile; i padri fanno più fatica a trasmettere, s’interrogano sulla loro autori- tà, e i figli fanno più fatica a ricevere». Una constatazione da inqua- drare in un altro mistero attuale: il crollo del livello scolastico dei ra- gazzi. «Dominano ancora nei settori elitisti, ma tra i giovani della media comune il livello dei ragazzi è molto al di sotto di quello delle ragazze. Come le madri sono ancora spesso depositarie del quotidia- no e del modo in cui si organizzano i riti, così lo sono per la trasmis- sione scolastica. Ebbene, fra madri e figlie si passano cose più diret- te, più forti, con fenomeni d’identificazione che fanno sì che le figlie siano più coinvolte nelle questioni di trasmissione». Quindi la mag- giore religiosità delle donne potrebbe non avere la stessa origine di trent’anni fa. Un’ipotesi che merita di essere esplorata. Questo fenomeno, evidente a livello della giovane generazione, si osserva anche nelle generazioni precedenti e riguarda tutte le aree geografiche. Nel 2014, uno studio del Pew Research Center dal titolo The gender gap in religion around the world , realizzato sulla popolazio- ne di 192 paesi dai venti anni in su, ha mostrato che, a livello di po- polazione mondiale, l’83,4 per cento delle donne s’identifica con un gruppo confessionale contro il 79,8 per cento degli uomini. Questi 3,5 punti percentuali significano circa 97 milioni di donne in più ri- spetto agli uomini che affermano di credere in una religione. Inoltre, anche se lo scarto può essere più o meno consistente, non c’è un pae- se al mondo in cui il numero dei credenti superi quello delle creden- ti. Questi dati vanno comunque perfezionati, entrando nel dettaglio della pratica a seconda della religioni e delle aree geografi- che. Pertanto — prosegue l’indagine del Pew Research Center — in genere «tra i cristiani di molti paesi le donne dichiarano tassi di frequenza settimanale più elevati rispetto agli uomini. Ma tra i musulmani e gli ebrei ortodossi, gli uomini sono più inclini delle don- ne a dire che assistono regolarmente a servizi in una moschea o in una sinagoga». Al contrario, in termini di preghiera quotidiana, la differenza tra le donne e gli uomini è particolarmente marcata: su un campione di 84 paesi, la media delle donne che dichiarano di pregare ogni giorno supera di 8 punti percentuali la media degli uomini. Come spiegare questo scarto? Molte ipotesi sono state avanzate nel corso della storia, ricorda l’indagine del Pew Research Center: questione di biologia, di psicologia, di genetica, di contesto familiare, di condizione sociale e di mancanza di «sicurezza esistenziale», provata da molte donne, general- mente più colpite degli uomini da povertà, ma- lattia, vecchiaia e violenza. La maggior parte degli studiosi ritiene che sia il frutto di una combinazione di diversi fattori, la cui impor- tanza è oggetto di dibattito. Tra questi, il legame tra i livelli d’impe- gno religioso delle donne e la loro partecipazione al mercato del la- voro. Così, secondo lo studio del 2014, «le donne che fanno parte della popolazione attiva tendono a manifestare livelli d’impegno religioso più bassi delle donne che non lavorano fuori casa e non percepisco- no uno stipendio», e ciò indipendentemente dall’età e dal livello di educazione. musicologhe e ricercatrici di 113 paesi. Per oltre quarant’anni, Patricia si è battuta per dar voce alle compositrici contemporanee, impegnandosi in mille progetti, portati avanti in collegamento con più di un centinaio di paesi dove la fondazione è riuscita a fare rete. Perché — come amava ripetere Patricia — la cosa più importante per promuovere le donne in musica è che loro stesse facciano rete e uniscano le forze, con le loro competenze e capacità, per ritrovare quello spazio sul palcoscenico che da millenni è stato loro precluso. Insignita dal presidente Carlo Azeglio Ciampi del titolo di Commendatore della Repubblica per meriti culturali, Patricia ha avuto un ruolo pionieristico anche nella ricerca storica sulla presenza delle donne tra i compositori musicali e come interpreti o esecutrici: il suo scopo infatti era quello di «smentire una storiografia che di fatto la negava». >> 18

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