donne chiesa mondo - n. 70 - luglio 2018
DONNE CHIESA MONDO 12 DONNE CHIESA MONDO 13 Il mio ventre appartiene al mio padrone «Il mio ventre appartiene al mio padrone»: la frase non è tratta dalla ricca letteratura sullo schiavismo americano, ma è stata pronunciata da una donna schiava della Mauritania. La denuncia – forte e chiara – proviene da Combonifem, la rivista delle suore comboniane, che racconta come attualmente, sebbene il paese islamico abbia ufficialmente abolito la schiavitù nel 1981, siano decine di migliaia le schiave invisibili non registrate all’anagrafe. Donne la cui condizione, culturalmente ancora giustificata, incatena anche il frutto del loro ventre: chi nasce da una schiava è, infatti, «possesso di chi possiede la madre». D AL MONDO >> 17 tempo di pensarci». Solo che dopo è troppo tardi. È brutale dire a una donna «attenzione, dopo sarà troppo tardi», ma è la verità del corpo femminile che la società oggi nasconde dietro l’illusione di cui ho parlato prima. Le indagini sociali mostrano tuttavia che la famiglia continua a essere considerata una delle strutture fondamentali per i giovani. Sì, è ancora un orizzonte attraente. Lo sfarfalleggiamento affettivo non costituisce l’ideale delle donne contemporanee, che vogliono sposarsi e avere figli, ma lo rinviano a più tardi. L’allungamento del- la speranza di vita influisce su questa visione delle cose, ma ciò signi- fica dimenticare che, anche se si vive più a lungo, l’età limite della fecondità resta la stessa. Oggi, sebbene le statistiche varino a seconda dei paesi, un numero crescente di coppie si separa dopo la nascita del primo o del secondo figlio: quali spiegazioni si possono dare a questa precarietà dell’impegno che si è preso? Credo che questa fragilità sia legata alla separazione che è stata stabilita tra desiderio sessuale e desiderio di un figlio, e dunque tra amante e madre. Ciò porta a porre da un lato il sesso, il piacere, la seduzione e l’amore, e dall’altro la maternità, la riproduzione e la re- sponsabilità. Il parto non è considerato come il prolungamento dell’atto sessuale, eppure si tratta degli stessi organi e della stessa donna. Questa dualità della donna, che è la sua grandezza, è diven- tata una schizofrenia. Il secondo fattore di fragilità del legame è la concezione romantica dell’amore impostasi dal XIX secolo. L’amore come passione, mistero e fuga. Ebbene, dopo un parto, bisogna ac- cettare di non stare più nel campo della seduzione. Il terzo fattore è che le donne non vengono preparate a essere madri. I riti iniziatici delle società antiche giravano sempre attorno alla fecondità e alla ge- nitorialità, alle prime mestruazioni, al primo rapporto sessuale e alla prima gravidanza. Non sono passatista, non penso che «era meglio prima», ma c’era comunque del buono nel fatto che tutta la società circondasse la giovane coppia per aiutarla ad accettare il suo ruolo genitoriale. Oggigiorno i primi riti sono il diploma, la patente e il primo impiego, riti che preparano l’individuo a essere un produttore e non un riproduttore. A questi tre fattori di fragilizzazione, occorre aggiungere il giovanilismo. Hegel scriveva: «La nascita dei figli è la morte dei genitori». Quando si mette al mondo un figlio, si cambia generazione, si passa dal lato di quanti procreano e sono destinati a farsi da parte per la generazione successiva. Una realtà tanto difficile da accettare nell’epoca del mito dell’eterna giovinezza. L’ OROLOGIO BIOLOGICO Una nuova diseguaglianza di M ARIELLA B ALDUZZI L e giovani donne oggi si trovano davanti a un problema nuovo, pres- soché sconosciuto alle generazioni precedenti, quello di riuscire a concepire un figlio prima che l’avanzare dell’età lo renda sempre più difficile. Per molteplici ragioni, infatti, il numero delle donne nelle società occidentali che sceglie — o è costretta a scegliere per motivi di lavoro o per mancanza di un partner — di rimandare la maternità sta crescendo a ritmi allarmanti, e spesso le donne non sono adeguata- mente informate dei limiti che l’avanzare dell’età comporta rispetto alla riproduzione. Molte giovani infatti pensano che la procreazione assistita sia in grado di far concepire un figlio a qualsiasi età, compli- ci anche le notizie veicolate dai rotocalchi di star che procreano a età molto avanzate. Nella realtà invece l’effetto di questa scelta rimanda- ta è la denatalità: oggi in molti paesi occidentali i tassi di fecondità sono inferiori al livello di sostituzione, che è di 2,1 figli per donna, e un’elevata percentuale di donne rimane senza figli pur desiderando la maternità. Secondo un’indagine citata nel rapporto Istat 2017, La salute ripro- duttiva della donna , la maggior parte delle donne italiane dichiara di
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