donne chiesa mondo - n. 69 - giugno 2018

DONNE CHIESA MONDO 38 DONNE CHIESA MONDO 39 M ATTEO 5, 13-16 «S ale della terra» e «luce del mondo»: sono espressioni che isolate dal loro contesto suona- no arroganti e presuntuose. Chi può avere la pretesa di essere luce per gli altri, di dare sapore alla terra? Chi può presu- mere di risplendere di luce propria? Sembra l’atteggiamento di chi si erige a maestro, di chi pretende di avere sempre qualcosa da insegnare agli altri e impone con prepotenza il suo modo di vedere e di pensare come fosse la verità asso- luta a cui tutti si dovrebbero sottomettere. «Uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli» ammonisce Gesù ( Matteo 23, 8). «Sale della terra» e «luce del mondo»: soltanto lette nel loro contesto, al seguito delle beatitudini, e illuminate dall’insieme delle Scritture, queste espressioni manifestano il loro carattere para- M EDITAZIONE Sale e luce a cura delle sorelle di Bose Cumuli di sale a Salar de Uyuni (Bolivia) A pagina 40 un particolare dell’installazione «Moon Harvest» di Bruce Munro cati che continuano a pesare sulla mentalità di molti suoi membri. Ciò si osserva con particolare frequenza in movimenti che, come il cristianesimo nascente, fondano gran parte delle proprie credenze e pratiche su esperienze straordinarie e fenomeni estatici. Il fatto che questo tipo di esperienze e fenomeni si sottomettano con difficoltà al controllo umano, insieme alla convinzione che abbiano un’origine di- vina, li rende particolarmente atti a veicolare impulsi egualitari e ra- dicalmente innovatori: se il dio o lo spirito ispira chi vuole e come vuole, nessuno può pretendere di controllare le sue rivelazioni appel- landosi a un incarico, un rango o una posizione sociale. Tuttavia, fin- ché tra i membri del movimento persisteranno valori culturali contra- ri agli impulsi di cambiamento, continueranno a sorgere leader che pretenderanno di frenarli limitando l’accesso allo straordinario o ri- servandosi il diritto di interpretarlo. Il libro degli Atti degli apostoli rappresenta una fase della storia del cristianesimo nascente in cui le esperienze straordinarie e i fenomeni estatici continuano ad avere grande valore e autorità, ma il peso di certi preconcetti culturali legati al genere e allo status inizia a contra- stare il loro impulso democratizzatore. Così, sebbene molte iniziative ed eventi che fanno avanzare il rac- conto abbiano la propria origine in esperienze straordinarie e feno- meni estatici, il narratore non può dissimulare il suo interesse a limi- tare l’accesso al potere spirituale emanato dagli stessi a certi perso- naggi, il cui tipo di guida si vuole in tal modo accreditare. Vediamo, per esempio, che la comunità di Gerusalemme invia Pietro e Giovan- ni affinché, imponendo le mani su quanti sono stati appena battezza- ti in Samaria, siano proprio questi due capi a far discendere lo Spiri- to su di loro ( Atti degli apostoli 8, 14-17). Constatiamo anche che, in aperto contrasto con la tradizione evangelica ( Marco 9, 38-40; Luca 9, 49-50), l’autore degli Atti degli apostoli non permette che alcuni esor- cisti ambulanti utilizzino il nome di Gesù per liberare un indemonia- to (19, 13-17). Ovvero è più interessato a riservare l’uso efficace del suo nome a capi accreditati della sua storia che a mostrare i benefici che Gesù risorto è solito dispensare quando viene invocato. In modo analogo, possiamo concludere che l’atteggiamento di Paolo verso la giovane schiava nel libro degli Atti degli apostoli indica che il suo autore è più interessato a riservare il privilegio di rendere testimonianza su Dio altissimo ad alcuni apostoli, descritti sempre come uomini liberi dal comportamento onesto, che a glorificare quel- lo stesso Dio per essersi lasciato rivelare attraverso un’umile schiava posseduta.

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