donne chiesa mondo - n. 69 - giugno 2018

DONNE CHIESA MONDO 8 DONNE CHIESA MONDO 9 sione del Corano con l’intelligenza del cuore, era chiamato Ibn Umm ‘Abd, il “figlio della madre di un servo”, con un soprannome che rinviava alla sua filiazione dalla madre invece che dal padre, per- ché solo la madre godeva di prestigio religioso, per la sua fede e la sua familiarità con il Profeta. Secondo Ibn Mas‘ûd, il Profeta avreb- be detto: «Dio non santificherà ( yuqaddisu ) un popolo che non dà al debole il suo diritto». Lui stesso avrebbe descritto gli amici di Dio come coloro che «chiedono la pioggia e sono esauditi, fanno germi- nare la terra, pregano contro i tiranni, che sono spezzati, e tengono lontane le sciagure». L’“intimità” ( uns ) con Dio dà ai suoi amici il coraggio di parlargli con inaudita libertà nelle loro preghiere di inter- cessione. Un altro frutto di questa intimità è la fiducia degli animali, un tema che compare spesso nell’agiografia degli asceti musulmani del periodo più antico. Di Râbi‘a si dice che gli animali non la fuggivano più per la sua completa astinenza da cibi animali. Della schiava nera Maymûna al- Sawdâ’ si racconta che portava le pecore al pascolo e mentre lei pre- gava queste si mescolavano senza timore con i lupi. L’asceta ‘Abd al- Wâhid ibn Zayd (morto nel 793) era andato a cercarla dopo aver sen- tito dire da una donna rinchiusa in un asilo di pazzi che Maymûna sarebbe stata la sua sposa in paradiso. L’aveva trovata vestita con una tunica su cui erano ricamate le parole «non si compra e non si vende». In questo racconto, come nell’idillio fra Su‘ûd e Dhû l-Nûn, l’intimità con Dio ristabilisce, insieme all’amicizia fra l’uomo e l’ani- male, quella fra la donna e l’uomo, disinnescando il nucleo di violen- za insito nelle relazioni di dominio. Non è sorprendente che le fonti sufi continuino a offrire risorse a studiose e pensatrici musulmane impegnate a riconnettere il discorso moderno sui diritti e la dignità della donna con il patrimonio classi- co. Questo resta attuale non solo perché dà voce a un ideale di egua- litarismo, ma per la sua capacità di mettere in scena il permanente conflitto di questo ideale con le profonde forze sociali e psicologiche che ne ostacolano la realizzazione. «Lo svenimento di Layla e Majnun» (Nezami, Khamsa 1550-1660) A pagina 10 «Layla e Majnun a scuola» (Nezami, Khamsa, 1476)

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