donne chiesa mondo - n. 66 - marzo 2018
DONNE CHIESA MONDO 12 DONNE CHIESA MONDO 13 Spesso il motivo addotto è che le suore non devono diventare orgo- gliose». Suor Paule insiste su questo punto: «Credo che la responsa- bilità sia anzitutto storica. La suora a lungo ha vissuto solo come membro di una collettività, senza avere quindi bisogni propri. Come se la congregazione potesse prendersi cura di tutti i suoi membri sen- za che ognuno apportasse il suo contributo attraverso il proprio lavo- ro. È inoltre diffusa l’idea che le religiose non lavorano a contratto, che sono lì per sempre, che non vanno stipulate condizioni. Tutto ciò crea ambiguità e spesso grande ingiustizia. È anche vero che senza contratto le religiose sono più libere di lasciare un lavoro senza trop- po preavviso. Tutto ciò gioca su due fronti, a favore e contro le reli- giose». Ma non si tratta solo di soldi. La questione del corrispettivo eco- nomico è piuttosto l’albero che nasconde la foresta di un problema ben più grande: quello del riconoscimento. Tante religiose hanno la sensazione che si faccia molto per rivalorizzare le vocazioni maschili ma molto poco per quelle femminili. «Dietro tutto ciò, c’è purtroppo ancora l’idea che la donna vale meno dell’uomo, soprattutto che il prete è tutto mentre la suora non è niente nella Chiesa. Il clericali- smo uccide la Chiesa» afferma suor Paule. «Ho conosciuto delle suo- re che avevano servito per trent’anni in un’istituzione di Chiesa e mi hanno raccontato che, quando erano malate, nessun prete di quelli che servivano andava a trovarle. Dall’oggi all’indomani venivano mandate via senza una parola. A volte succede ancora così: una con- gregazione mette una suora a disposizione su richiesta e quando quella suora si ammala viene rimandata alla sua congregazione… E se ne invia un’altra, come se fossimo intercambiabili. Ho conosciuto delle suore in possesso di una dottorato in teologia che dall’oggi all’indomani sono state mandate a cucinare o a lavare i piatti, missio- ne priva di qualsiasi nesso con la loro formazione intellettuale e sen- za una vera spiegazione. Ho conosciuto una suora che aveva insegna- to per molti anni a Roma e da un giorno all’altro, a cinquant’anni, si è sentita dire che da quel momento in poi la sua missione era di aprire e chiudere la chiesa della parrocchia, senza altra spiegazione». Suor Cécile, insegnante, da molti anni sta facendo esperienza di questa mancanza di considerazione. A suo parere, le suore di vita attiva sono vittime di una confusione riguardo ai concetti di servizio e di gratuità. «Siamo eredi di una lunga storia, quella di san Vincenzo de’ Paoli, e di tutte quelle persone che hanno fondato con- gregazioni per i poveri in uno spirito di servizio e di dono. Siamo re- ligiose per servire fino in fondo e proprio questo provoca uno slitta- mento nel subconscio di molte persone nella Chiesa, creando la con- vinzione che retribuirci non rientri nell’ordine naturale delle cose, Fotografie di Ura Iturralde Un manifesto per le donne nella Chiesa È frutto di un percorso di condivisione fatto con una trentina di donne appartenenti a varie realtà ecclesiali di tutta Italia il Manifesto per le donne nella Chiesa recentemente uscito sul sito www.glistatigenerali.com : «Attraverso il metodo della revisione di vita, sperimentato per la prima volta in un gruppo facebook, abbiamo ragionato — spiegano le firmatarie — su ciò che abbiamo vissuto, ma anche su ciò che auspichiamo alla luce della Parola di Dio, ben sapendo di non essere delle teologhe, ma delle semplici donne credenti, che si sentono figlie della Chiesa e sanno di poter parlare a cuore aperto ai propri pastori e a tutta la comunità. Questo documento da un lato riassume ciò che, come donne, D AL MONDO >> 15 domestici sono quasi sempre donne, religiose? La nostra consacrazio- ne non è uguale alla loro?». Un giornalista romano che si occupa d’informazione religiosa le ha addirittura soprannominate «suore piz- za», riferendosi proprio al lavoro che viene assegnato loro. Prosegue suor Marie: «Tutto ciò suscita in alcune di loro una ri- bellione interiore molto forte. Provano una profonda frustrazione ma hanno paura di parlare perché dietro a tutto ci possono essere storie molto complesse. Nel caso di suore straniere venute dall’Africa, dall’Asia e dall’America latina, ci sono a volte una madre malata le cui cure sono state pagate dalla congregazione della figlia religiosa, una fratello maggiore che ha potuto compiere i suoi studi in Europa grazie alla superiora…. Se una di queste religiose torna nel proprio paese, la sua famiglia non capisce. Le dice: ma come sei capricciosa! Queste suore si sentono in debito, legate, e allora tacciono. Tra l’al- tro spesso provengono da famiglie molto povere dove i genitori stessi erano domestici. Alcune dicono di essere felici, non vedono il proble- ma, ma provano comunque una forte tensione interiore. Simili mec- canismi non sono sani e certe suore arrivano, in alcuni casi, ad assu- mere ansiolitici per sopportare questa situazione di frustrazione». È difficile valutare l’entità del problema del lavoro gratuito o poco pagato e comunque poco riconosciuto delle religiose. Anzitutto biso- gna stabilire che cosa s’intende con questo. «Spesso significa che le suore non hanno un contratto o una convenzione con i vescovi o le parrocchie con cui lavorano» spiega suor Paule, una religiosa con in- carichi importanti nella Chiesa. Quindi vengono pagate poco o per niente. Così accade nelle scuole o negli ambulatori, e più spesso nel lavoro pastorale o quando si occupano della cucina e delle faccende domestiche in vescovado o in parrocchia. È un’ingiustizia che si veri- fica anche in Italia, non solo in terre lontane». Al di là della questione del riconoscimento personale e professio- nale, questa situazione pone problemi concreti e urgenti alle suore e alle comunità. «Il problema più grande è semplicemente come vivere e far vivere una comunità» prosegue suor Paule. «Come prevedere i fondi necessari per la formazione religiosa e professionale dei suoi membri, chi paga e come pagare le fatture quando le suore sono ma- late o hanno bisogno di cure perché invalidate dall’età. Come trovare risorse per svolgere la missione secondo il carisma proprio». La responsabilità di tale situazione non è solo maschile, ma spesso è condivisa. «Ne ho parlato con un rettore universitario che mi ha raccontato di essere stato colpito dalle capacità intellettuali di una suora che aveva una licenza in teologia» ricorda suor Marie. «Lui voleva che continuasse gli studi ma la sua superiora si è opposta.
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