donne chiesa mondo - n. 65 - febbraio 2018

DONNE CHIESA MONDO 34 DONNE CHIESA MONDO 35 La coppia ha preparato il soggiorno di Paolo a Efeso. Questa città costituisce un eccellente punto di appoggio per vegliare sulla crescita delle comunità verso l’Europa. Molti cristiani vanno e vengono tra Corinto ed Efeso, approfittando delle infrastrutture commerciali: così Stefanàs, Fortunato e Acàico si recano a Efeso ( 1 Corinzi 16, 17) e Timoteo è inviato a Corinto ( 1 Corinzi 4, 17). Alla fine della prima lettera indirizzata ai Corinzi, Paolo trasmette a Priscilla e Aquila i sa- luti «di tutti i fratelli» cristiani, prova che conoscono bene i Corinzi ( 1 Corinzi 16, 19). Efeso è un crocevia e Priscilla e suo marito vi svol- gono un ruolo importante, più grande ancora di quello avuto a Corinto. Paolo definisce Priscilla «collaboratore», alla stessa stregua di suo marito, di Tito, Timoteo e Apollo. È considerata come appartenente a quella prima cerchia ristretta di persone che l’apostolo chiama «so- ci», ossia partecipi della sua stessa autorità. Tra i cristiani, ve ne sono alcuni che contribuiscono più specificatamente insieme a lui ad an- nunciare il Vangelo. Ebbene, Paolo osa attribuire quel titolo a una donna. Vuol dire che merita la sua fiducia, visto che la lascia lavorare in autonomia e le affida diversi gruppi di cristiani. Lei s’impegna con il suo lavoro, il suo servizio, la sua accoglienza e la sua dedizione, a diffondere la Buona Novella. Assume un vero ruolo di leader nella comunità. Priscilla non esita a esporsi, con suo marito, a pericoli di ogni sorta. Paolo esprime alla coppia la sua gratitudine (più precisamen- te la sua azione di grazie), non solo per il lavoro svolto, ma anche per la posizione presa nelle sue prove ( Romani 16, 4): «per salvarmi la vita essi hanno rischiato la loro testa» (letteralmente, «esposto la loro nuca»). L’apostolo allude certamente alla persecuzione subita a Efeso, al tempo di Balbillus ( 1 Corinzi 15, 32). Allora, su istigazio- ne delle corporazioni, scoppiano tumulti a tinte antisemite che hanno Paolo come bersaglio ( Atti degli apostoli 19, 23-40). Alcune famiglie ebree devono fuggire. È il motivo per cui Priscilla e Aqui- la ritornano a Roma. Paolo esprime loro riconoscenza non solo a nome proprio, ma anche a nome di «tutte le chiese», ovvero delle comunità cristiane che vivono «fra le nazioni» e che sono loro de- bitrici. Priscilla illustra a perfezione il modo in cui il cristianesimo si è diffuso nel I secolo, con una grandissima mobilità, utilizzando le reti commerciali, la pratica dell’ospitalità e dell’accoglienza, della forma- zione e dell’aiuto reciproco, come pure l’impegno nella città, che im- plica l’assunzione di rischi nel nome del Signore. Insieme a Febe, Priscilla è una figura eccezionale del primo gruppo di persone riunite attorno a Paolo. na. Si capisce perché Paolo parli di loro in termini di «collaboratori in Cristo Gesù» ( Romani 16, 3). Priscilla viene di nuovo citata per prima, il che è sorprendente, visto che l’insegnamento era riservato agli uomini. Paolo non dice forse che nelle assemblee le donne devo- no tacere e interrogare a casa, se serve, i propri mariti per imparare qualche cosa ( 1 Corinzi 14, 35)? Nel caso di Priscilla, Paolo non fa di- stinzioni tra uomo e donna; non solo la tratta su un piano di parità rispetto al marito, ma le concede anche un posto unico, riconoscendo la qualità del suo insegnamento nella vicenda di Apollo. Oltre alla scienza di Priscilla in materia di fede e di Vangelo, va sottolineato anche il suo coraggio. Certo, vive con suo marito. Ma non ha paura di viaggiare in ogni circostanza, quando si sa quali era- no allora i pericoli e le difficoltà degli spostamenti per terra o per mare. Basti pensare alle tribolazioni raccontate da Cicerone o da Ovidio in quelle stesse regioni. Ci vuole coraggio per lasciare Roma sotto la minaccia della persecuzione, per stabilirsi qualche mese a Corinto e poi raggiungere Efeso, per un soggiorno un po’ più lungo, in un contesto non favorevole ai cristiani, per rientrare infine a Ro- ma, prima di ritornare a Efeso ( 2 Timoteo 4, 19). Ci vuole ancora più coraggio e una grande libertà di pensiero per parlare di quella Via nuova a uomini più istruiti di lei, per ricevere a casa sua i nuovi con- vertiti, di origine ebraica come lei o di origine pagana, provenienti Priscilla, alla stessa stregua di suo marito di Tito, Timoteo e Apollo, appartiene a quella prima cerchia ristretta di persone che l’apostolo chiama «soci» Ossia partecipi della sua stessa autorità dai contesti più diversi (schiavi, uomini liberi, famiglie, celibi, mer- canti, artigiani, capi della sinagoga, responsabili degli affari della cit- tà…). A Efeso come a Corinto, una «comunità si riunisce nella loro casa» ( Romani 16, 5), il che presuppone, di nuovo, un luogo abba- stanza grande per accogliere un gruppo. È poco probabile che Pri- scilla riceva le donne cristiane separatamente dagli uomini, in una stanza sul retro della casa a loro riservata ( gynaikòn o gunaikonìtis ) perché Paolo, parlando delle donne nelle assemblee, lascia intendere che sono presenti ma con gli uomini ( 1 Corinzi 14, 33-35).

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