donne chiesa mondo - n. 64 - gennaio 2018
DONNE CHIESA MONDO 16 DONNE CHIESA MONDO 17 aveva superato il suo primo duro apprendistato per passione della scienza, che poi venne a costituire un unicum con l’amore per Pier- re. Per lei erano figli dell’amore le loro vere figlie, Irene ed Eva, ma anche i nuovi elementi che scopri- vano insieme, il polonio e il radio. Per questo motivo la morte im- provvisa e precoce del marito la gettò in una disperazione totale, da cui riuscì a emergere lentamente, grazie alla disciplina nel lavoro e all’aiuto degli amici, fra cui Paul, al- lievo prediletto di Pierre. Di nuovo passione amorosa e passione scientifica confluirono, e rese- ro Marie felice mentre scrive- va le mille pagine del trattato sulla radioattività. Aveva 43 anni, a quell’epoca per una donna erano tanti, ma si comportava come un’adolescente e sottova- lutava i rischi di un legame così irregolare. Il genio straordinario, e la simpatia umana che suscita Marie stan- no tutti in questa sua forza appassionata, che rendevano vitali la te- nacia e la pazienza di cui sapeva poi dar prova nel corso della ricer- ca. Ma ripeteva spesso ai suoi studenti che l’intuizione e l’immagina- zione erano virtù cardinali dello scienziato. Gli occhi grigio chiarissi- mo, una massa di capelli biondo cenere raccolti in un nodo, vestita quasi sempre con modestia di scuro, Marie aveva una personalità ca- rismatica e un fascino innegabile che le attiravano amori e invidie in egual misura. Al momento dello scandalo, Einstein le scriveva: «Sen- to il bisogno di dire come ho cominciato ad ammirare il vostro spiri- to, la vostra energia, la vostra integrità, e la felicità che provo all’idea di avervi potuta incontrare di persona a Bruxelles». L’ultima sua passione fu la Francia, la sua nuova patria che pure l’aveva tanto disprezzata: partecipò con totale dedizione patriottica alla prima guerra mondiale, creando apparecchi radiologici mobili con i quali soccorrere i feriti. Ma non aveva mai accettato che le ra- diazioni, le sue «figlie dell’amore» potessero essere ambivalenti, utili e al tempo stesso letali. Continuava a credere che fossero solo benefi- che. Ne fecero le spese soldati ignari, ma soprattutto lei stessa, che morì di leucemia a 67 anni, nel 1934. Illustrazione di Irene Renon di F ERDINANDO C ANCELLI L’ispirazione di Cecily C ECILY S AUNDERS Q ualche tempo fa un gruppo di circa venti esperti italiani di cure pal- liative diversi per estrazione professionale e convinzioni etiche si è in- contrato per riflettere sulla figura di Cecily Saunders e per condivi- dere una serie di domande. «Sul sentiero di Cecily», questo il nome scelto dal gruppo di lavoro, si è chiesto innanzitutto come l’esperien- za della fondatrice del Movimento Hospice possa essere ancora signi- ficativa per chi si occupa di assistere i pazienti inguaribili. Ne è nato un manifesto di prossima pubblicazione, «Il sentiero di Cecily: la bellezza delle cure palliative», che riafferma e promuove i principi e le modalità di attuazione di questa giovane disciplina secondo la Saunders. Ma chi era questa donna scomparsa poco più di dieci anni fa? Ufficiale dell’Ordine dell’impero britannico, donna comandante, membro dell’Ordine al merito del Regno Uni- to, venticinque lauree honoris causa: Cecily Saunders era però prima di tutto un’infermiera, un’assistente sociale e un medico. Nata nel 1918, attraversò gli anni bui della seconda guerra mondiale: «Spesso succedeva di finire tutto: — scriveva — medicine, bende, ac-
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