donne chiesa mondo - n. 63 - dicembre 2017
DONNE CHIESA MONDO 32 DONNE CHIESA MONDO 33 Ma ognuno ha i propri limiti, e la vedova sa come spingerlo oltre i suoi. Pur essendo privo di qualsiasi valore morale, farà ciò che la donna chiede solo per liberarsi di lei. Egli non teme Dio e non ha riguardo per le persone, ma ha paura del danno che questa vedova insistente potrebbe arrecargli. La maggior parte delle traduzioni suggerisce, al verso 5, che lei lo logorerà o lo sfinirà. La parola usata qui, hypopiàzein , può significare tormentare, ma ha connotazioni più forti, ossia di una vera e propria aggressione fisica o di un colpo in faccia. Forse egli teme che la vedova finisca con l’essere tanto esaspe- rata da aggredirlo, da schiaffeggiarlo in pubblico, di essere messo in imbarazzo e di sembrare ridicolo nel doversi difendere contro una semplice donna. È un racconto piuttosto insolito per parlare di preghiera! La parabola delle giovani che partecipano alle nozze è oscura per quel che riguarda il modo in cui rispecchia le pratiche effettive del ri- to nuziale, ma una cosa è evidente: cinque di queste giovani non si sono preparate come avrebbero dovuto. Come tutti coloro, in qual- siasi cultura, che non guardano avanti, esse vengono lasciate indietro per la loro mancanza di preparazione. La loro sprovvedutezza contie- ne una dimensione di prospettiva escatologica: siate pronte quando lo sposo arriverà! Ma alle parabole ci si può avvicinare da molti lati, e quindi vale la pena interrogarsi anche sul contesto più ampio e do- mandarsi se le altre cinque, che di olio ne avevano portato abbastan- za, non avrebbero potuto condividerne un po’, arrivando comunque dove volevano andare. Non sono generose poiché temono di rimane- re senza olio e quindi si preoccupano solo di se stesse. Al posto di un gruppo messo contro l’altro, forse uno spirito di cooperazione avrebbe permesso a tutte di partecipare insieme alla festa. Questa pa- rabola ( Matteo 25, 1-13) riguarda la preparazione escatologica, la man- canza di generosità o entrambe? Il vangelo di Giovanni non contiene lunghe parabole, ma è ricco di immagini e metafore: acqua, pane di vita, buon pastore e porta delle pecore, vite e tralci. Una breve allusione attinge all’esperienza fondamentale delle donne di dare la vita. La donna che sta per par- torire è mesta perché sa che l’attende molto dolore. Ma una volta passato il dolore, la sua tristezza si trasforma in gioia perché è venuta al mondo una nuova vita ( Giovanni 16, 21). Quell’evento ordinario, quotidiano e tuttavia rischioso per la vita che è il parto, come spesso accade nella fantasia umana diventa l’alba di una nuova vita e di nuove prospettive, un nuovo inizio. Quindi finora abbiamo donne che macinano il grano, che impasta- no il pane o che custodiscono monete, giovani vergini a un matrimo- Carolyn Osiek ha conseguito un dottorato in Nuovo Testamento e origini cristiane presso l’università di Harvard. Per trentadue anni è stata docente di Nuovo Testamento presso la Catholic Theological Union di Chicago e presso la Brite Divinity School della Texas Christian tità di lievito nascosta nella grande massa di pasta diventa il lavoro misterioso nascosto del Regno ( Matteo 13, 33; Luca 13, 21). È possibile che la donna che fa il pane sia addirittura un’immagine di Dio che infonde nuova vita alle cose ordinarie? E ora passiamo alle feste. Un pastore lascia novantanove pecore per andare a cercare quella smarrita e poi gioisce con i suoi amici e vicini perché è stata ritrovata ( Luca 15, 3-6). Allo stesso modo, una donna che ha perso una moneta spazza e cerca fino a quando non la trova, e poi festeggia con le sue amiche e le sue vicine perché la mo- neta è stata ritrovata ( Luca 15, 8-10); infine, il padre gioisce per il ri- torno del figliol prodigo e organizza un banchetto per fare festa, con disappunto del figlio maggiore ( Luca 15, 11-32). Mentre Matteo ci parla solo del pastore che cerca la pecorella smarrita ( Matteo 18, 12- 13), Luca crea un equilibrio tra i generi aggiungendo tale racconto a quello della donna che ha perso la moneta. La parabola della donna che ha perso la moneta è l’elemento centrale della trilogia su ciò che è smarrito e viene ritrovato. Nelle intenzioni di Luca è importante l’equilibrio dei generi tra l’uomo pastore e la donna casalinga. Dobbiamo però ricordare che i pastori non erano solo uomini. La parabola del pastore viene inter- pretata così intensamente a partire dall’autoidentificazione di Gesù come pastore in Giovanni 10, da renderci difficile ricordare che anche le donne, perfino le giovani erano pastori, come per esempio Rachele ( Genesi 29, 5-9) o le figlie di Ietro ( Esodo 2, 16). Mentre questo pasto- re è intenzionalmente uomo, altri testi ci dicono che i pastori sono di entrambi i sessi. Nel vangelo di Luca, Gesù ricorre alla storia di una donna che non si arrende per illustrare la necessità di persistere nella preghiera ( Luca 18, 1-8). Una vedova cerca giustizia nei confronti di una perso- na che l’ha sfruttata e non dà pace al giudice fino a quando questi non le dà ciò che chiede. Forse però “giustizia” è la traduzione errata di ekdikèin. Ciò che essa vuole nei confronti del suo avversario asso- miglia più a una rivalsa : chiede che le sia data ragione e desidera l’indennizzo che le spetta. È un racconto strano che non si presta all’allegoria, sebbene l’introduzione (v. 1) suggerisca che la vedova è un modello di preghiera e una persona che implora la potente figura dell’autorità, quindi Dio. Ma lo stesso non vale per il giudice! Egli non teme Dio, né rispetta l’autorità umana; non è certo un modello d’onore. Malgrado le numerose ingiunzioni bibliche a trattare le ve- dove con giustizia (per esempio Esodo 22, 22-24 e Deuteronomio 10, 18), lui intende ignorarla, nella speranza che rinunci e vada via. Di fatto, il giudice vive ingiustamente non rendendo un giusto giudizio. L’autrice University, a Fort Worth, in Texas, dove è ormai docente emerita. È autrice di numerosi libri e articoli. Attualmente è archivista provinciale della Società del Sacro Cuore per la provincia degli Stati Uniti e Canada.
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