donne chiesa mondo - n. 62 - novembre 2017

DONNE CHIESA MONDO 30 DONNE CHIESA MONDO 31 È stato incredibile, non mi era mai successo prima. Una donna pagana mi ha aperto la mente! Una donna! E pa- gana! Non lo dimenticherò mai, è stata la scintilla che mi ha lanciato in una missione che va ben al di là del mio popolo ebreo. Una missione universale. Ma lasciate che vi racconti tutto dall’inizio. Ero stanco con un po’ di malumore quando ho passato la frontiera nord della Galilea diretto a Tiro. Avevo avuto un’accesa e lunga di- scussione sul concetto di puro e impuro con alcuni farisei e scribi che erano venuti da Gerusalemme ( Matteo 7, 1). Oltretutto nella mia terra dovevo agire con molta cautela perché i farisei e gli erodiani stavano confabulando per eliminarmi ( Marco 3, 6). Volevo riposare un po’, non volevo che si sapesse dove stavo, così ho varcato il confine, sono arrivato nella regione pagana di Tiro e sono venuto qui, a casa di un mio conoscente, un ebreo. Non ero più tornato in una regione dei gentili da quando avevo guarito un indemoniato nel paese dei gera- seni, nella Decapoli. La gente di Gerasa si era spaventata e mi aveva chiesto di andarmene ( Marco 5, 15-17). Il fatto di essere stato rifiutato non mi aveva ferito perché non sono venuto per insegnare ai gentili, ma per riformare il mio popolo. Perciò, per riposarmi, ho deciso di tornare in incognito in una re- gione pagana e sono venuto a Tiro. Ma non ci sono riuscito perché, per quanto abbia insistito nel dire ai malati lì in Galilea di non par- lare di me, loro non ce l’hanno fatta. La grazia potente di Dio era un’esperienza troppo forte, che non potevano tacere. Senza che io lo volessi, le notizie sui miei atti e i miei insegnamenti si erano talmente diffuse tra i miei concittadini ebrei da superare le frontiere e giungere ai luoghi dei gentili. A Tiro una donna è venuta a sapere che mi trovavo qui, che ero entrato in una casa, quella da cui ora vi sto raccontando ciò che mi è appena successo. Ebbene, la porta era aperta, e lei, senza chiedere il permesso, è entrata in casa, è corsa nella mia direzione e si è inginoc- chiata. Io l’ho vista, e devo ammettere che mi ha infastidito. Volevo riposare, ero di cattivo umore, stavo in una terra impura, e non vole- vo vedere nessuno. E ancor meno una pagana che aveva osato venire fin qui, senza rispettare le barriere culturali. La mia mente era invasa da pensieri che motivavano il mio rifiuto verso quella donna sfronta- ta. In primo luogo tutti sanno che gli abitanti di Tiro e noi ebrei non siamo molto amici. Loro approfittano dei nostri contadini, importano i nostri prodotti agricoli ma non pagano il dovuto. Ci discriminano perché siamo più poveri, si vantano di essere della grande città di Ti- ro, pensano che siamo ignoranti; in tempi di guerra probabilmente ucciderebbero chi tra noi dovesse superare i confini (Flavio Giusep- Pieter Lastman «Cristo e la donna cananea» (1617)

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