donne chiesa mondo - n. 61 - ottobre 2017

DONNE CHIESA MONDO 6 DONNE CHIESA MONDO 7 sullo stesso materasso sporco, a piangere per ore. Pensavo a mia ma- dre, pensavo alle ragazze intorno a me, sentivo le loro lacrime e sa- pevo che non avrei potuto dire nulla a mia madre, anche se avessi avuto modo di parlare con lei, avrebbe sofferto troppo». Dopo cinque mesi di violenze e abusi, l’uomo ha detto a Blessing che era arrivato il momento di partire, di notte, su un gommone da una delle infinite spiagge libiche. Blessing non piangeva più, aveva perso i suoi sogni, la sua purez- za. Le restava solo la speranza di soffrire meno una volta in Italia. «Ricordo il nero delle onde, ricordo che pensavo che sarei potuta morire — dice la ragazza, stringendo un fazzoletto tra le mani — ma ero già morta, perciò nulla davvero mi spaventava». L’uomo le aveva dato un biglietto con un numero di telefono, le aveva detto che avrebbe dovuto dire di essere maggiorenne così da evitare i centri protetti e avrebbe dovuto chiamare quell’uomo il pri- ma possibile. Così, dopo essere stata salvata da una nave di soccorso nel Medi- terraneo, otto mesi fa, Blessing ha fatto quel numero, cui ha risposto un altro ragazzo nigeriano, che l’ha portata dalla Sicilia fino ad Asti, dalla seconda madam , dalle nuove violenze, su una strada italiana, in una periferia dell’Italia del nord. «La madam mi ha detto che avrei dovuto prostituirmi fino a che non avessi ripagato il debito di 45.000 euro. Che dovevo darle alme- no 800, 1000 euro alla settimana senza ribellarmi e che in più avrei dovuto pagare l’affitto del posto letto e il cibo che mi avrebbe dato. Ricordo che sono arrivata ad Asti un venerdì pomeriggio e il sabato mattina ero già in strada, sotto un ponte. Con dei pantaloncini corti e un reggiseno e mi vergognavo tanto». Blessing non sapeva una parola di italiano, le sole parole che co- nosceva erano quelle a sfondo sessuale, per assecondare le richieste dei clienti — che la sua madam le ha insegnato in una sera — e sapeva come contare i soldi. Tutto qui. Blessing ha passato su quel marciapiede quattro mesi, ogni giorno, a volte anche con quattro, cinque clienti al giorno, per non essere picchiata dalla madam . Oggi — dopo essere stata salvata da un’unità di strada — vive in una comunità protetta e prova ancora vergogna ogni volta che chia- ma sua madre in Nigeria e le nasconde la verità e le dice: mamma, ancora non posso mandarti dei soldi, ma un giorno ce la farò. Le ragazze hanno raggiunto dapprima Kano, poi Sokoto, al confi- ne con il Niger, lì hanno ricevuto dei passaporti falsi da un gruppo di trafficanti che erano già in accordi con il connection man , nei passa- porti falsi le ragazze erano tutte maggiorenni. «Il viaggio nel deserto è stato terribile, sono nata nella povertà e sono cresciuta nell’indigenza ma non avevo mai sofferto la sete, una sete tale che avevo paura di morire. Abbiamo viaggiato sei giorni nel deserto, due delle ragazze con cui viaggiavo si lamentavano, stavano male, hanno chiesto aiuto all’uomo che era con noi, che da quel mo- mento ha cominciato a diventare aggressivo e violento». Una volta arrivate in Libia le ragazze sono state destinate in posti diversi, Blessing e altre due giovani di Benin City come lei sono state trasportate di notte in una casa di Tripoli. Da quella casa Blessing non è uscita per cinque mesi consecutivi. «Quando sono entrata in quella casa sporca, c’era un odore terrifi- cante. Odore di corpi, di sporcizia, di malattie. Non sapevo dove mi trovavo, chiedevo spiegazioni, dicevo all’uomo che era con noi che volevo partire. Che volevo andare in Italia o tornare a casa mia. In quel momento l’uomo mi ha detto: Ora stai qui per un po’, così im- pari a lavorare». Il lavoro che Blessing doveva imparare era vendere il proprio corpo. E quella casa non era la casa che l’avrebbe accolta od ospitata in Libia fino alla partenza del gommone o del barcone, ma una connec- tion house , una tappa intermedia della tratta delle donne, la tappa delle prime violenze, dei primi abusi, della prima tortura dei giovani corpi. «Una donna, la prima madam , mi è venuta incontro, mi ha detto che da quel momento sarei rimasta lì, con altre ragazze e che avrei incontrato degli uomini. Tutti i giorni». Blessing ha perso la sua innocenza, la sua infanzia, la sua verginità e i suoi sogni su un materasso sporco di una connection house di Tri- poli, minacciata da una donna libica, picchiata dal suo connection man, mentre sperava solo di arrivare in Italia, cercare un umile lavo- ro per poter spedire una manciata di dollari al mese alla sua famiglia. «C’erano giorni in cui la madam faceva entrare solo un uomo o due, e giorni in cui venivano in gruppo. Anche cinque o sei uomini contemporaneamente. Quando arrivavano mi trovavano su un mate- rasso a terra, mi violentavano e quando andavano via io rimanevo Mi hanno staccato una ciocca di capelli i peli pubici Mi hanno tagliato un dito per avere il mio sangue Poi mi hanno detto che se non avessi rispettato il patto sarei morta e con me tutti i miei familiari La “madam” mi ha detto che avrei dovuto prostituirmi fino a ripagare il debito di 45.000 euro Sono arrivata ad Asti un venerdì pomeriggio e il sabato mattina ero già in strada sotto un ponte “

RkJQdWJsaXNoZXIy