donne chiesa mondo - n. 61 - ottobre 2017

DONNE CHIESA MONDO 40 sù sul cuore della Torah e dei Profeti, tutti con- densati in quest’unico comandamento sull’amo- re di Dio e del prossimo. E Gesù gli dice: «Fa’ questo e vivrai»; perché questa è l’intenzione esplicita della Torah di Dio: che mettiamo in pratica ciò che Dio, rive- landosi, ci insegna. «Beati coloro che ascoltano e mettono in pratica la Parola di Dio» è una parola di Gesù del tutto conforme alla loro tra- dizione comune. E allora quell’uomo religioso, cercando di giustificarsi, gli chiede: «Chi è il mio prossimo?» come se non ne sapesse abbastanza per mettere in pratica il comanda- mento. Qui il vangelo stigmatizza la tentazione religiosa per eccellenza: quella di conoscere per farsi maestri, e non per compiere! Come giusti- ficazione, e non come via e vita per sé. Il van- gelo è pieno di questi rimproveri di Gesù: «Amano farsi vedere sapienti e pii, ma non fan- no ciò che dicono agli altri di fare». «Dicono e non fanno». Non sono le parole della fede a contrapporre questo maestro della Torah a Gesù. Ma ciò che lo contrappone, e tutti noi credenti rischiamo di essere quell’uomo, è la non-volontà di mettere in pratica il grande comandamento che ha ap- pena recitato perfettamente, è la mancanza di amore per gli esseri umani e dunque per Dio. E allora Gesù racconta una parabola alla fine del- la quale gli porrà un’altra domanda alla quale non potrà sfuggire. Dovremmo ogni giorno ri- peterci nel cuore ciò che Gesù ci dice di questo samaritano, poiché è anche il suo invito pres- sante a farci a nostra volta prossimi agli esseri umani che incontriamo: «Vide quell’uomo sven- turato, ne ebbe compassione, gli si fece vicino, gli fasciò le ferite versandovi olio e vino; lo cari- cò sulla sua cavalcatura, lo portò in un luogo si- curo e si prese cura di lui». Questo samaritano è l’icona di Gesù che con la parabola ci invita a riconoscere la sua com- passione per noi. Ognuno e ognuna di noi, se nell’ascolto del vangelo ha incontrato Gesù, ha conosciuto la misericordia del Signore sulla pro- pria miseria che ci faceva sentire perduti. E co- me il Signore Gesù si è curvato su di noi, così chiama ognuno di noi a fare lo stesso verso chi incontriamo nella miseria del dolore. Con questa parabola Gesù ci dice che cono- scersi umani fragili e bisognosi è il modo per ri- conoscere la nostra stessa umanità nell’altro che soffre. E, come dice altrove, basta immaginare che l’altro ci appartenga, prezioso dunque per noi come un figlio o come un asino, per sapere cosa fare per lui, come prendercene cura, per sentire in noi il desiderio e l’urgenza della sua salvezza. Questo vangelo è sempre di un’attuali- tà sconcertante: ogni giorno coloro con cui vi- viamo aspettano che ci facciamo noi prossimi per loro, e ogni giorno incontriamo persone nuove incappate nella tragica sventura della fa- me e della guerra. La differenza tra quell’uomo religioso e Gesù non sta nella fede né nell’interpretazione delle Scritture, ma nell’unico modo di ascoltarle e studiarle: per metterle in pratica. Ogni nostro ascolto della Parola di Dio che non abbia l’in- tenzione di mettere in pratica l’amore, non ci fa incontrare il Signore.

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