donne chiesa mondo - n. 61 - ottobre 2017
DONNE CHIESA MONDO 22 DONNE CHIESA MONDO 23 mura domestiche o all’interno di strutture in teoria destinate all’accoglienza. Le donne mulo che muoiono alle soglie dell’Europa L’enclave di Ceuta è una delle porte d’accesso in Europa dall’Africa e quotidianamente alla sua frontiera si accalcano in tantissimi. Tra i risultati della pressione di questa massa vi è la strage silenziosa delle donne-mulo, donne marocchine rimaste sole (perché vedove, divorziate o ripudiate) che, per conto dei contrabbandieri, trasportano enormi carichi (tutto ciò che è portato a mano viene considerato bagaglio personale, quindi esente da dazi) tra Marocco e Spagna. Si parla di 80 chili di peso a fronte di una remunerazione di 5 euro, sotto il sole, senz’acqua, sottoposte a ogni tipo di sopruso, anche sessuale. E nell’indifferenza generale diverse di loro dall’inizio dell’anno sono state travolte dalla folla, rimanendo uccise, menomate o gravemente ferite. >> 21 Analogamente, nel 1998, il Tribunale penale internazionale per il Ruanda ( ICTR , 1994) nel caso «Akayesu» riconosceva come lo stupro e le altre forme di violenza sessuale fossero state usate nel conflitto come strumenti per commettere un vero e proprio crimine di genoci- dio. Nella stessa sentenza, si stabiliva come questo tipo di abusi, se perpetrati in modo diffuso e sistematico contro i civili, costituiscono a tutti gli effetti dei crimini contro l’umanità. È sempre in questa pronuncia, poi, che si identifica con chiarezza lo stupro con una forma di tortura. «Come la tortura» si legge «lo stupro è usato per intimidire, de- gradare, umiliare, discriminare, punire, controllare e distruggere una persona. Come la tortura, lo stupro è una violazione della dignità personale». Infine, anche lo statuto di Roma della Corte penale internaziona- le, in vigore dal 2002, include stupro, la schiavitù sessuale, prostitu- zione forzata e «qualsiasi altra forma di violenza sessuale di analoga gravità» tra i crimini contro l’umanità, anche qui solo se commesso in modo diffuso o sistematico. Quest’ultimo tribunale ha pronuncia- to nel marzo 2016 la sua prima condanna per sexual and gender-based- crimes contro l’ex vicepresidente della Repubblica Democratica del Congo, Jean-Pierre Bemba Gombo, per gli stupri commessi dalle truppe di cui era a capo all’epoca del conflitto che ha lacerato il pae- se nel 2002. Rimanendo in ambito esclusivamente europeo, poi, una menzione merita la sentenza «Aydin c. Turchia (1997)» della Corte europea dei diritti dell’uomo. In questa pronuncia, lo stupro è stato ancora una volta ricondotto alla violazione dell’articolo 3 della CEDU (Conven- zione europea dei diritti dell’uomo), articolo che prevede un divieto assoluto rispetto alle condotte di tortura e di altri trattamenti inuma- ni e degradanti. Le violenze sessuali, praticate in questo caso da un gruppo di agenti di polizia turchi ai danni di una minorenne, sono state infatti equiparate alla tortura invece che ai meno gravi trattamenti inumani e degradanti, in considerazione del particolare stato di vulnerabilità della vittima e alla posizione di potere degli assalitori. «Lo stupro», si legge nella pronuncia, «atto di per sé particolarmente crudele, che colpisce l’integrità fisica e morale della vittima, risulta in queste cir- costanze aggravato perché commesso da persona dotata di autorità a danno di una maggiormente vulnerabile», riconoscendo peraltro che «lo stupro lascia conseguenze psichiche non paragonabili ad altre forme di violenza fisica o mentale».
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