donne chiesa mondo - n. 60 - settembre 2017
DONNE CHIESA MONDO 12 DONNE CHIESA MONDO 13 struttibile, come testimoniano gli scritti di Etty Hillesum, di Solge- nitsin e di molti altri nei campi di concentramento. L’umanità di un uomo declina dal momento in cui rinuncia a esercitare la propria li- bertà di coscienza, poiché è allora che la sua anima si spegne. L’esercizio della libertà di coscienza si ricollega alla scoperta del bene o del male di cui sono capace. Questo ritorno inquieto della co- scienza su se stessa rappresenta la forma più raffinata del giudizio morale che discerne «casi di coscienza», laddove altri rimangono in- differenti o incapaci di giudicare, poiché non vedono, non percepi- scono l’infelicità altrui. L’esame di coscienza nasce da un’educazione indispensabile alla trasformazione di sé e alla propria crescita spiri- tuale. Permette di prendere coscienza a posteriori della propria parte di responsabilità nel torto che si è potuto fare a qualcuno. Sofferenza inutile, diranno alcuni. La cattiva coscienza arriva sempre troppo tar- di, quando non serve più a nulla, poiché il male è stato fatto e non lo si può più cancellare. Eppure è grazie a essa che si può diventare migliori. Sento la fitta del rimorso per le volte in cui è dipeso da me fare il bene e non l’ho fatto. Il rimorso di aver ferito qualcuno o di non averlo sostenuto è sempre legato all’irrevocabile. Il male che è stato fatto non può essere disfatto. Questa crisi morale può dar luogo a una terribile sofferenza psichica: dispero di me stessa. Come non tre- mare di paura di fronte a tanta cecità o codardia? E di chi mi posso fidare se la mia stessa coscienza m’inganna? È il dolore che tortura «la coscienza scrupolosa» e le impedisce di dormire in pace. La me- diazione di uno sguardo esterno è a volte salutare. Permette di sfug- gire alla solitudine della chiusura in se stessi, all’esilio interiore della cattiva coscienza. Lo sguardo altrui apporta un altro punto di vista che sfuma il proprio e consente di prendere le distanze dal passato, di staccarsi dalla propria colpa, di uscire da un rimuginare tanto va- no quanto morboso. Paradossalmente, a volte è quando si dispera di più di se stessi che ci si avvicina alla guarigione, perché si riconosce la propria vulnera- bilità e si vorrebbe cambiare. La vera disperazione è forse quella di non aver mai disperato di se stessi! Le coscienze senza scrupoli, che non si sentono colpevoli di nulla e non provano mai il minimo ri- morso, sono coscienze vuote, coscienze morte. Perché la libertà di coscienza può anche assumere l’aspetto di un fardello. Nessun altro può portarlo al posto nostro. Si capisce allora perché la maggior parte degli uomini si rifiuti di assumerlo. La liber- tà di coscienza è fonte di apprensione. È un’esperienza scomoda che propria coscienza su quella degli altri e aderire a idee preconcette. Il soggetto sovrano non esiste. Ci rendiamo conto di quanto la libertà di coscienza sia preziosa ogni qualvolta ne veniamo privati, durante i crolli psichici, le cui cause possono essere molteplici: uso di psicotropi, disordini patologi- ci, fenomeni di condizionamento e di alienazione... È privando gli uomini di questo foro interiore, dove la libertà personale può dispie- garsi, che sistemi totalitari di ogni sorta producono esseri infantiliz- zati, esecutori irresponsabili. La macchina totalitaria si difende con l’eliminazione di tutti coloro che si rifiutano di obbedirle. Il suo in- granaggio s’inceppa quando un numero consistente di persone si ri- bella. È qui che risiede il potere della libertà di coscienza. La resistenza alle macchine totalitarie richiede un’incredibile ener- gia. Comincia nell’interiorità, con la messa a nudo delle proprie for- ze, e prosegue nell’esercizio della propria cittadinanza, come uno sra- dicamento da tutte le schiavitù quotidiane. È sempre resistenza alla strumentalizzazione e alla dissoluzione delle coscienze. Prova della fragilità dell’essere umano, e insieme di ciò che sussiste in lui d’indi- A pagina 10 la locandina del film di Fritz Lang «Metropolis» (1921) A pagina 12 la copertina della rielaborazione dell’«Antigone» di Sofocle scritta da Bertolt Brecht (edizione del 1948) Cinque ragazze per l’isola di Silba Si trova a pochi chilometri da Zara l’isola croata di Silba, le cui elezioni municipali l’anno scorso hanno visto trionfare cinque donne del Pokret otoka , il Movimento delle isole. Il programma delle signore si articola in pochi ma decisivi punti per cercare di migliorare la vita di questa perla dell’Adriatico, la cui popolazione oscilla tra le trecento anime dell’inverno alle cinquemila della stagione estiva: smaltimento dei rifiuti, lotta all’edificazione selvaggia e tentativo di educare i turisti al rispetto della natura e delle regole di civile convivenza. «Lo definiamo “turismo dai piedi di argilla”» — ha detto Paula, ventitrenne di Zagabria e una delle cinque del Pokret otoka a «Internazionale» — perché «vendiamo il sole, il mare e la D AL MONDO >> 15
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy