donne chiesa mondo - n. 59 - luglio 2017

DONNE CHIESA MONDO 6 DONNE CHIESA MONDO 7 Tant’è vero che oggi in Italia ci sono più di duecento chiese ucrai- ne, tutte nate in questo modo. Mi fa qualche esempio? A Terni adesso le donne hanno l’uso di una chiesa che era stata abbandonata, e così è successo anche a Napoli, poi sono passate a una chiesa antica che era stata chiusa, riaperta e restaurata con l’aiu- to del Vaticano. Ma poi era vuota, sono state le donne a portare le icone, i tessuti ricamati, il vasellame. A Firenze, accanto a Santa Cro- ce, ci è stata data la chiesa di San Giuda Taddeo, da noi intitolata anche a san Michele. Abbiamo qualche aiuto, ma la maggior parte dei restauri e degli arredi è pagata con i soldi delle donne che le fre- quentano. E la sua esperienza a Roma? Da decenni noi ucraini siamo impegnati nella costruzione e poi nell’abbellimento della chiesa di Santa Sofia, molto grande. La co- struzione è iniziata negli anni sessanta, grazie alla figura più eminen- te della Chiesa ucraina, Josyp Slipyj, simbolo della resistenza del no- stro paese alle persecuzioni naziste e sovietiche. Slipyj, arcivescovo dal 1939, fu arrestato per false accuse dalle truppe sovietiche nel 1945, e per varie ragioni passò quasi vent’anni in un gulag, liberato grazie al lavoro diplomatico di Giovanni XXIII e John Kennedy, e creato cardinale da Paolo VI nel 1965. Dalla liberazione in poi è vissuto a Roma, dove si è dedicato alla costruzione della nostra grande chiesa di Santa Sofia, a cui aggiunse un seminario e un’università. I fondi per costruirla arrivarono dalla diaspora ucraina nel mondo — soprattutto dagli Stati Uniti e dal Canada — ma anche dalle nostre offerte. Sono nostri i ricami delle tovaglie d’altare, nostri e delle suo- re ucraine che vivono in un monastero accanto alla Madonna dei Monti. La pulizia è tenuta da alcune donne retribuite dalla chiesa. Intorno a Santa Sofia si vive una grande esperienza comunitaria: prima delle feste ci ritroviamo per mangiare insieme i cibi rituali, co- me il grano cotto, i dolci con mele e papavero. Soprattutto per Nata- le e Pasqua la basilica è pienissima, vengono persone che non la fre- quentano abitualmente. Nel complesso, frequenta la chiesa meno della metà delle persone immigrate dall’Ucraina in Italia. Ma per noi che frequentiamo abitualmente è un’esperienza vitale. Dalla fede, dalla preghiera, tro- viamo la forza per vivere un’esperienza dura, per sopportare la solitudine. A pagina 6, la chiesa dei Santi Sergio e Bacco degli ucraini nel rione Monti a Roma Nadia Kuzinmko ha 58 anni, è nata a Livn, oggi Ucraina, in passato parte dell’impero asburgico e poi dello stato polacco. È sposata e madre di due figli e nonna di due nipoti. Vive e lavora in Italia dal 2002. È una delle tante donne ucraine emigrate nel nostro paese: secondo il Rapporto annuale redatto nel 2016 dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali i cittadini ucraini emigrati sono 240.141, dei quali il 20,8 per cento uomini, il 79,2 per cento donne, impegnate prevalentemente nei servizi pubblici, sociali e alle persone. Sempre nello stesso anno, in Italia sono state registrate 146 comunità religiose ucraine. In questi ultimi anni, 18 chiese sono state affidate a comunità ucraine (in città come Avellino, Bologna, Vittorio Veneto, Caserta, Cagliari, Livorno, Napoli, Novara, Pavia, Padova, Pescara, Reggio Emilia, Salerno, Ferrara, Firenze, Foggia, Foligno). Tra queste, sette comunità hanno ottenuto lo status di parrocchie ufficiali: Avellino, Bologna, Caserta, Livorno, Roma, Pavia, Firenze. Nadia Kuzinmko

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