donne chiesa mondo - n. 59 - luglio 2017
DONNE CHIESA MONDO 18 DONNE CHIESA MONDO 19 Una riflessione — presentata al convegno di Bose dai giovani del Laboratorio di preparazione al convegno ( CLI LAB ) al quale ho parte- cipato — si è soffermata sull’osservazione di come i luoghi di culto subiscano nel tempo una serie di trasformazioni, dovute a esigenze proprie della comunità, talvolta non considerate dall’architetto al mo- mento del progetto, e altre volte mutate nel tempo. Un processo di ascolto appare dunque sempre più necessario: da parte dell’architet- to, per conoscere a fondo chi andrà ad abitare gli spazi che progetta, e da parte del padrone di casa per imparare a conoscere l’architettura contemporanea. Il processo partecipativo, così concepito, deve fonda- re le sue radici in un profondo processo educativo e di conoscenza. Accanto a questo, s’inserisce il tema del ripensamento delle funzio- ni contemporanee offerte da queste strutture, proponendone un’inter- pretazione e un’innovazione. Questi sono anche i caratteri principali del mio lavoro di ricerca, che si concentra sull’osservazione del ruolo simbolico, religioso e so- ciale che i complessi parrocchiali svolgono nella città contemporanea, in particolare nell’ambito milanese. Lo studio si concentra sulla valutazione dell’uso reale delle struttu- re parrocchiali, un dato sconosciuto alle amministrazioni e ai gestori del patrimonio, cercando di capire se le parrocchie siano ancora in grado di rispondere alle esigenze della società e se i suoi spazi siano adeguati. Questa lacuna di conoscenza genera, infatti, situazioni problemati- che: da una parte il non utilizzo di strutture disponibili, ad esempio alloggi parrocchiali vuoti da anni, che potrebbero ospitare nuovi usi, e dall’altra un uso poco ottimizzato di numerosi spazi, che vengono talvolta sfruttati solo in alcuni momenti della settimana. È necessaria quindi una gestione migliore degli spazi e una più ampia risposta alle necessità del quartiere e della comunità, ad esem- pio prevedendo adattamenti delle strutture, nuove costruzioni o la proposta di nuovi servizi compatibili da inserire all’interno degli stes- si spazi. L’obiettivo è dunque quello di mettere in luce e riaffermare quanto ancora oggi i luoghi di culto, nel senso ampio del termine, perman- gano come servizi, per l’uomo e per la comunità, e possano tornare ad avere quel ruolo di “infrastruttura sociale” e di riferimento per i quartieri e la città, se studiati, valorizzati, interpretati e riprogettati alla luce delle esigenze contemporanee. In alto, due immagini della parrocchia della Pentecoste a Milano; sotto, la chiesa di Santa Maria a Pulsano di G EMA P AJARES Il colore e la luce L o studio di Elisa Valero è quasi di fronte all’Alhambra. Ha linee defi- nite ed è bianco, tirato a calce, la facciata è macchiata da finestre ver- ticali che adornano la parete, vani che sono diventati simbolo di al- cune delle sue costruzioni più emblematiche. Attraverso di esse la lu- ce filtra. Lo spazio interno è diafano, così come la sua architettura nella quale predomina, marchiato a fuoco, «il meno è il più» di Mies van der Rohe. Si sentono nelle sue opere, bellissime, gli echi di un Campo Baeza, anch’essi bianchi, orizzontali. E le voci di un Álvaro Siza, portoghese, in questa orizzontalità che esibisce nelle abitazioni, per esempio quelle che ha costruito nel Realejo, a Granada, o in quelle di Gojar, o del complesso di Alameda, a Málaga, dove si sus- seguono vani che ancora una volta lasciano passare il chiarore, dove c’è spazio per vivere. L’architetto Valero dice che attraverso lo sguardo intenso di sua madre, pittrice, ha scoperto il colore e la luce. «In un momento cul- turale in cui la densità del rumore è enorme, scommetto sull’architet- tura che agisce in silenzio, serenamente, senza richiamare l’attenzio- ne» scrive in una presentazione. Ed è così. L’abbiamo già visto nelle sue abitazioni, nella galleria Sandunga, un punto d’incontro impor- tante nella zona, anche nell’ampliamento realizzato per Plácido Arango, dove torna a giocare con quelle aperture verticali piantate nel prato verde come se nascessero proprio dalla terra. Valero ha rea-
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