donne chiesa mondo - n. 58 - giugno 2017

DONNE CHIESA MONDO 40 ranza che Dio rende fecondo di vita. La buona notizia del Vangelo inizia proprio da qui, questa è la prima testimonianza che il profeta Giovanni ci dà: ciascuno di noi è dono, nato per volontà di Dio, e la nostra fede consiste nel dire sì alla vita con piena consapevolezza che Dio ci ha vo- luti e amati. Zaccaria ed Elisabetta sono lì a nostra testi- monianza: una coppia di umili e piccoli che nell’obbedienza hanno accolto anche l’assenza di figli ma hanno continuato a perseverare in una vita giusta, nella fede. Sono segno dell’im- possibilità, dell’impotenza assoluta dell’essere umano: vecchiaia, sterilità, e nello stesso tempo la loro unione, vissuta nell’attesa, lascia lo spa- zio alla grazia di Dio che si manifesta nel dono dell’insperabile: una vita che nasce dalla morte. Solo in questa assenza questo uomo e questa donna hanno lasciato lo spazio per l’intervento invisibile della misericordia di Dio. Solo in una dilazione di tempo abitata dalla speranza Zacca- ria può ora diventare il cantore della misericor- dia di Dio, può aprirsi, lui vecchio, alla novità di una nuova vita. Una vita, nuova: ecco il bambino, la nascita, introduce una novità, mette in movimento dove le nostre azioni, i nostri pensieri si sono paralizzati in abitudini, idee stantie, annodate al nostro io convinto ormai di bastare a se stesso. Una novità che rilancia la nostra fede, la fa uscire da luoghi e riti cono- sciuti, che rimette in movimento la nostra capa- cità di dire e di dirci agli altri. Nel vuoto lasciato giunge Giovanni, “Dio fa grazia”: questo sarà il nome della nuova vita. Un nome nuovo, che porta in sé la forza del no coraggioso di Elisabetta agli uomini che le sono di fronte e che si ergono a difensori delle tradi- zioni. All’evangelista bastano due versetti per narrarci la nascita di Giovanni, il momento cen- trale della pericope è invece la consegna di un nome: il bambino entra così nell’alleanza del Si- gnore e partecipa della sua benedizione. Con il suo nome Giovanni riceve la sua personale vo- cazione, che è sempre unica, con un compito in- sostituibile da realizzare: nessuno può cooperare all’opera di Dio al posto nostro, ciascuno di noi ha una realtà e un valore personalissimi. Elisa- betta, in silenzioso accordo con il padre del bambino si oppone a quella che è la tradizione, a ciò che è passato, e attraverso la sua bocca dona al figlio il nome nuovo, quello indicato dall’angelo a Zaccaria (cfr. Luca 1, 13), nome che esprime la sua realtà unica all’interno dell’ano- nimato di una stirpe, esprime quell’elemento unico e originale voluto da Dio in ogni creatu- ra. La novità di Dio entra nelle nostre vite gra- zie alla nostra fiducia in una parola diversa, che rompe con il passato, che ancora non conoscia- mo ma alla quale vogliamo legare la nostra spe- ranza. Giovanni è inserito nella tradizione, por- ta in sé tutto il passato, ma è anche una novità assoluta per ciò che è e per ciò che compie, con la sua vita, le sue scelte: mette fine al sacerdozio di Aronne, si rivolge a tutti, nel deserto, in un luogo aperto, che non pone barriere di sorta. Se Giovanni è profeta, lo è in modo nuovo, perché totalmente riferito a Gesù e al suo messaggio nuovo, ne è il suo “indice”. Il suo annuncio non è più quello del giudizio di Dio nel giorno della sua venuta, ma quello della grazia, il messaggio dell’amore che ha vinto la morte e rende ciascu- no di noi capace di tale novità.

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