donne chiesa mondo - n. 57 - maggio 2017
DONNE CHIESA MONDO 10 DONNE CHIESA MONDO 11 preferendo sottolineare la natura di Gesù piuttosto che le qualità ma- terne. In questo ambito fa però eccezione un filone narrativo partico- lare, quello detto delle Toledòt Yèshu (“Storie di Gesù”), che sono leg- gende diffuse in ambienti ebraici su Gesù e gli inizi del cristianesi- mo. In una parte di queste leggende viene dedicata molta attenzione alle circostanze che portarono alla nascita di Gesù, con dei racconti che nel corso dei secoli si sono arricchiti di particolari fino a diventa- re una specie di romanzo. L’essenza della storia è che Gesù è il pro- dotto di un adulterio, ma la madre non è una peccatrice, anzi è la vittima innocente di un inganno in cui una persona ha preso le sem- bianze del marito. E nel seguito del racconto vediamo Maria (Mi- riam nel testo) dedicarsi affettuosamente al figlio, alla sua educazione e a ogni cosa che caratterizza una madre virtuosa. L’esame filologico di questa storia rivela aspetti sorprendenti. Si tratta in realtà di un motivo narrativo molto antico, quello dell’adultero che prende le sembianze del marito e della donna vittima innocente dell’inganno. Si tratta di un motivo che si svolge in due filoni, uno sacro-mitologi- co, che descrive la nascita di semidei (come Eracle, da Zeus che prende le sembianze di Anfitrione) o di personaggi speciali (Merlino, nella saga di re Artù); l’altro polemico letterario, dalle leggende sulla nascita di Alessandro Magno alla novella del Decamerone su Teodo- linda. Praticamente il motivo è entrato nelle leggende ebraiche ed è difficile dire se si tratti solo di una narrazione polemica o non sia l’emergenza di una antica narrazione eterodossa in cui Gesù è consi- derato una sorta di semidio. Quello che conta, sul piano pratico, vi- sto che i fruitori di queste storie non erano dei filologi ma della gen- te comune, è che Maria ne esce come donna virtuosa e come vittima, a differenza delle altre fonti puramente polemiche nei suoi confronti. Quindi assistiamo a un paradosso, in cui la figura di Maria, persino in un contesto polemico, conserva aspetti di innocenza e se ne com- prende e condivide la sofferenza personale. Il quadro del rapporto ebraico con Maria deve essere integrato da due altre serie di considerazioni. La prima è che l’immagine di Ma- ria, come si configura nella tradizione cristiana, è strettamente legata a origini ebraiche. Bibliche in primo luogo: il modello di personaggi biblici femminili, da Rachele moglie di Giacobbe che partorisce in viaggio, a Miriam sorella di Mosè, dalla quale prende il nome, alla moglie di Manoach e madre di Sansone, la cui storia prefigura la scena dell’annunciazione, ad Anna madre di Samuele, la cui vicenda prima e dopo la nascita del figlio ispirano alcuni momenti di Maria, e la cui preghiera di gratitudine diventa il modello del Magnificat; all’elogio della donna virtuosa nell’ultimo capitolo dei Proverbi , di cui alcune caratteristiche si riscontrano in Maria. La Maria dei vangeli ri- stanzialmente e prevalentemente ignorato. Non c’è solo mancanza di interesse, ma emerge ancora di più la differenza dottrinale: tutto ciò che soprattutto in campo cattolico caratterizza il culto di Maria, co- me madre di Dio e madre sofferente, appare estraneo e non condivi- sibile. Talora l’alternativa al distacco non è l’interesse e la condivisio- ne, come potrebbe succedere per gli aspetti dottrinali della predica- zione di Gesù, ma la contrapposizione e l’attacco alla figura stessa. Ciò si verifica in forme definibili popolari e costituisce comunque una nicchia marginale. Il modo con cui questo tema si sviluppa, per alcuni versi contraddittorio, rappresenta un interessante campo di studio, beninteso di tipo storico, difficilmente di tipo dialogico. Il punto di partenza è un contesto polemico. Come è noto, la fede cristiana nella nascita verginale di Gesù è stata fin dall’inizio conte- stata dagli oppositori, pagani ed ebrei. La dimostrazione scritturale dei vangeli ( Matteo 1, 23), basata sul verso di Isaia (7, 14: «Ecco la ‘almà concepisce») in cui la ‘almà, “giovane” diventa “vergine” è inac- cettabile in campo ebraico, dove al massimo la si può considerare co- me un elegante esercizio esegetico, ma non certo una prova. Per cui nei primi secoli circolavano versioni polemiche, che non solo negava- no la nascita verginale, ma parlavano di un rapporto adulterino e di un padre biologico diverso da Giuseppe; padre talora identificato con un romano (quindi non ebreo) di nome Panthera. Di queste no- tizie vi sono tracce frammentarie negli scritti rabbinici dei primi seco- li. Se di rapporto adulterino si tratta, ne consegue che Maria fosse un’adultera, quindi come tale colpevole. Va detto però che le poche e confuse fonti dell’antichità non si accaniscono su questo punto, George De Canino «Menorah» (opera donata a Papa Francesco durante la sua visita al Tempio maggiore di Roma il 17 gennaio 2016) A pagina 12 Marc Chagall, «La danza di Miriam sorella di Mosè» (1966) Via crucis per le vittime di tratta e prostituzione È giunta alla terza edizione l’iniziativa promossa dalla Comunità Papa Giovanni XXIII per dare voce alle vittime della tratta e della prostituzione coatta. Nelle sette stazioni previste per rievocare i momenti salienti hanno offerto la loro testimonianza donne che hanno vissuto sulla propria pelle la condizione di schiavitù. In Italia si stima che siano tra le 75.000 e 120.000 le vittime della prostituzione, di cui il 65 per cento è in strada. Il 37 per cento è minorenne, tra i 13 e i 17 anni, e 9 milioni sono i clienti, con un giro d’affari di 90 milioni di euro al mese. La Comunità Papa Giovanni XXIII che ha liberato più di 7000 donne da questa forma di schiavitù, ha dato anche vita alla campagna «Questo è D AL MONDO >> 15
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