donne chiesa mondo - n. 56 - aprile 2017
DONNE CHIESA MONDO 32 DONNE CHIESA MONDO 33 anche dopo aver speso tutto ciò che aveva per i medici, con il risulta- to di peggiorare. Alla fine aveva sentito parlare di Gesù e creduto nel suo intimo che se avesse potuto anche solo toccarne il mantello sarebbe guarita. Quello in cui non erano riusciti i medici, lo avrebbe potuto fare il semplice sfiorare il mantello di Gesù. Facendosi furtivamente strada in mezzo alla folla e toccando il mantello di Gesù, avrebbe lordato sia la folla sia Gesù. Quanta fede, coraggio e audacia dinanzi ai tabù socioculturali e alle prescrizioni legali della sua religione! Se toccare Gesù l’avesse guarita, il tocco di lei avrebbe reso lui impuro? Uno che guarisce un’afflizione che dura da dodici anni può essere reso impuro dal tocco di lei? È una domanda che dà da riflettere in un contesto in cui la presunta impurità rituale delle donne è un motivo che le penalizza anche nella Chiesa. Tale credenza, sia essa espressa o tacita, rende impuro ciò che è naturale; dichiara nulla la grazia senza genere donata da Dio alle donne che, per mezzo del battesimo, le rende, insieme agli uomini, membri sostanziali e consustanziali del Teresa Okure è una religiosa della Società del Santo Bambino Gesù ( SHCJ ) e docente di Nuovo Testamento e di Ermeneutica del Gender presso il Catholic Institute of West Africa, a Port Harcourt, in Nigeria. È autrice di molti libri, dizionari e articoli; tiene conferenze in tutto il mondo. per la sua famiglia o stare con gli altri fino a quando il flusso non terminava. Il dolore era già abbastanza brutto, ma l’essere resa ogni mese una reietta sociale nella propria casa, famiglia e società, faceva sapere a tutti, compresi i figli, che stava mestruando, e sminuiva il suo valore umano. L’imbarazzo e il trauma psicologico causati da questa disumanizzazione sono difficili da immaginare. Oggi, alcuni sacerdoti vietano ancora alle donne di ricevere la comunione o di av- vicinarsi all’altare nel periodo delle mestruazioni. Per fortuna, diversamente dai lebbrosi, l’emorroissa ai tempi di Gesù non doveva suonare un campanello e gridare «immondo! Im- mondo!» ( Levitico 13, 45) per avvertire gli altri di non avvicinarsi a lei. Gli israeliti consideravano il sangue come il principio della vita, ed è per questo che era proibito mangiare carne «che contenga san- gue» ( Levitico 19, 26). La storia dell’emorroissa è quella di una donna che ha rifiutato di restare inerte, rassegnarsi al destino e lasciarsi mo- rire dissanguata. Marco la descrive come avente un «flusso di san- gue» ( en rýsai háimatos ) e il flusso stesso come un «pozzo di sangue» ( pegè tou háimatos ). Com’è possibile che abbia ininterrottamente per- so sangue così a lungo senza morire? La spiegazione è la sua deter- minazione a rimanere in vita. È stata più fortunata di tante donne che muoiono dissanguate durante il parto, sia naturale sia con taglio cesareo. Queste donne sono totalmente inermi, alla mercé di medici e infermieri; non hanno la forza, il potere e la consapevolezza (se sono sotto anestetici) di lottare per loro stesse. La donna del racconto è diversa. La sua determinazione a restare viva l’ha sostenuta risoluta- mente e l’ha spinta a fare tutto quanto era in suo potere per dodici anni, fino a riuscire a liberarsi dalla sua afflizione. A motivarla è sta- to il fatto di credere che Dio non intendeva farla vivere per sempre come emorroissa? La sua speranza di trovare una cura è rimasta salda L’autrice Attualmente è presidente della Catholic Biblical Association of Nigeria ( CABAN ) da lei fondata, e membro della Commissione internazionale anglicana-cattolica ( ARCIC ), in rappresentanza dell’Africa cattolica. corpo di Cristo. Peggio ancora, riduce Gesù a un og- getto inanimato che può essere contaminato dal tocco e dalla voce di una donna. E invece lui, «la liturgia della Chiesa» (Giovanni Paolo II ), è la vita che dona vita eterna a tutti nel suo corpo indivisibile. La donna aveva un’idea diversa. «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita». Lo fece; e fu guarita «in quell’istante», senza una parola. Sentì nel suo corpo, dove risiedeva il male, che era stata guarita. Gesù reagì domandando: «Chi mi ha toccato il mantello?». I discepoli si stupirono di questa do- manda, considerando che la folla si stringeva attorno a lui. Per la donna e per Gesù il tocco era stato mira- to, «il suo mantello»; non il tocco senza scopo della folla. Nel quar- to vangelo, i soldati si giocano ai dadi la veste di Gesù, senza trarne però alcun potere (cfr. Giovanni 19, 23). Il flusso di potenza da Gesù ha arrestato subito il flusso di sangue della donna; «un abisso che chiama l’abisso». Gesù si è sentito svuotato da questa fuoriuscita di potenza da lui? Lui, «la vita» ( Giovanni 14, 6), è venuto per dare una potenza che permette di vivere ( dýnamis ) «a quelli che credono nel suo nome» ( Giovanni 1, 12-13). La vita non può essere diminuita e non importa in quanti sono a viverla. In risposta alla domanda di Gesù, la donna si fece avanti «impaurita e tremante». Il testo occi- dentale aggiunge perché aveva agito di nascosto». Come donna, nel- la sua società non era né una persona giuridica né una figura pubbli-
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