donne chiesa mondo - n. 55 - marzo 2017
DONNE CHIESA MONDO 34 DONNE CHIESA MONDO 35 novità di quello di Elisabetta o la grandezza di quello di Maria, però in lei si anticipano i tratti più rilevanti dei discepoli e delle discepole di Gesù. Come profetessa, Anna continua la lunga tradizione delle donne profetesse nell’Antico Testamento la cui presenza, benché mol- to discreta, è attestata in diversi scritti biblici e va interpretata all’in- terno del contesto generale della profezia in Israele. Pensiamo a Mi- riam, la sorella di Mosè e di Aronne (cfr. Esodo 15, 20), una figura molto ammirata nella letteratura rabbinica; a Deborah, profetessa e giudice, che annunciò a Barak la vittoria di Israele per volontà di Dio (cfr. Giudici 4, 4.9); a Culda, di cui abbiamo parlato prima (cfr. 2 Re 22, 14); o perfino alla moglie di Isaia, detta la profetessa (cfr. Isaia 8, 3). La nostra protagonista, però, nel fare del Tempio casa sua, oltrepassa la soglia dell’Antico Testamento, anticipando il ruolo delle donne profetesse dei primi tempi della Chiesa (cfr. Atti degli apostoli 2, 17; 21, 9; 1 Corinzi 11, 5). La sua benedizione consiste in lo- dare Dio e parlare del bambino «a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme» ( Luca 2, 38). Infatti, Giuseppe e Maria, nel loro desiderio di obbedire alla Legge riguardo alla circoncisione del bam- bino e alla purificazione della madre, ricevono la benedizione di Dio tramite Simeone e Anna. Tuttavia, quello che viene sottolineato è il loro atteggiamento di attesa e di lode. Maria e Giuseppe rimangono all’ombra. Sembra che Luca voglia avvertire i suoi lettori che sta per iniziare un tempo nuovo, un tempo in cui la lode e l’annunzio pren- dono il sopravvento. Il racconto biblico è permeato, da un lato, dalla bellezza del ritua- le ebraico e, dall’altro, dalla fede di Maria e Giuseppe attraverso le parole di Simeone e la presenza della profetessa Anna. Le parole del vecchio Simeone costituiscono il centro del racconto, nonostante emergano in un contesto segnato da elementi teologici carichi di si- gnificato: ubbidienza alla Legge, celebrazione di una nascita, adora- zione nel Tempio e riconoscimento che la promessa di Dio si è realiz- zata. La celebrazione nel Tempio non rappresenta un’intrusione nella loro vita, ma la realizzazione della loro fede. Maria e Giuseppe vive- vano in un contesto di alleanza e volevano introdurre loro figlio nel- lo stesso ambiente. Simeone e Anna, sensibili alla presenza di Dio negli eventi del passato d’Israele, rispondono all’ubbidienza di Giu- seppe e Maria con parole di benedizione. Questa loro benedizione ha dato alla celebrazione della presentazione del bambino un signifi- cato che altrimenti non avrebbe mai avuto. Immaginiamo che Maria e Giuseppe abbiano sempre ricordato questa benedizione, segno di un Dio che è in mezzo a noi, ma questo rimane mistero indicibile. Gesù è un Dio che è venuto nella storia per darci la gioia, ma rimane in attesa della nostra intimità e speranza. Non sappiamo perché l’evangelista la chiami profetessa. La com- prensione che abbiamo dei profeti è piuttosto collegata all’ascolto in- teriore, all’annuncio della salvezza e alla denunzia dei misfatti; in- somma, al parlare esplicitamente in nome di Dio. Questo, Anna non lo fa. Il lettore rimane stupito davanti al silenzio di Anna, non riesce a capire che una profetessa non profetizzi. E subito gli viene in men- te Culda, la profetessa che, oltre a confermare l’autenticità del rotolo trovato nel tempio durante il regno di Giosia, annunciò la caduta del regno del Sud (cfr. 2 Re 22). Allora, come mai non ascoltiamo la vo- ce di Anna? Perché tace davanti al salvatore del mondo? Orbene, le risposte a queste domande si devono cercare nel modo di raccontare di Luca. Egli presenta la profezia in modo diverso da come la pre- sentano gli autori dei libri profetici. Per Luca la profezia si svolge, non nella piazza pubblica o nella corte dei monarchi, ma nella pre- senza e nel rapporto intimo di Dio, diventando così una totalità di vita, come nel caso della nostra profetessa. Anna risponde perfetta- mente a questo “nuovo tipo” di profezia. Proprio in questo consiste la dimensione profetica di molti cristia- ni, dei primi e di tutti tempi. Detto diversamente, la profezia è una decisione libera di essere e di rimanere in un rapporto personale e in- timo con Dio; un rapporto di amore da dove emerge la testimonian- za eloquente di fede e di lode. Forse l’autore ha capito che alla testi- Anna continua la lunga tradizione delle donne profetesse nell’Antico Testamento La sua presenza va interpretata nel contesto della profezia in Israele monianza di Simeone mancava quella di Anna; alla parola profetica di Simeone che annuncia a Maria il drammatico destino di suo figlio e di lei come madre (cfr. Luca 2, 34-35), mancava la testimonianza di fede di Anna, maturata nell’incommensurabile interiorità di una vita. Anna è la prima di un lungo elenco di profeti e profetesse che svol- geranno un ruolo fondamentale nell’annunzio di Gesù Cristo, pur ri- manendo fino a oggi ignorati e sconosciuti da molti cristiani. Come Elisabetta e Maria, Anna è una donna che comunica una verità che non si confonde con le altre: il riconoscimento di Gesù co- me dono di salvezza ha bisogno di un cuore capace di attendere nel silenzio e nell’interiorità notte e giorno. Il ruolo di Anna non ha la
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