donne chiesa mondo - n. 54 - febbraio 2017

DONNE CHIESA MONDO 18 DONNE CHIESA MONDO 19 soprannominata Chametia, “colei che non si annoia mai”, una iperat- tiva, insomma!». Quell’energia, ma anche la tenacia e la determinazione — nell’af- frontare il padre e i pregiudizi di quella società molto discriminante nei confronti delle femmine — le sono rimaste dentro. Così come il senso di giustizia e il desiderio di ottenere pari opportunità che l’hanno guidata non solo nella sua straordinaria carriera sportiva, ma anche nella vita e, sempre di più, nelle molteplici iniziative di pace e solidarietà. Tra le molte iniziative che organizza, una in particolare, è diventa- ta un must : la Peace Race , la “corsa della pace”. Ha cominciato a Ka- penguria, il capoluogo del West Pokot, interessato da conflitti tribali tra pastori e agricoltori. Poi l’ha portata anche a Turkwee, sempre nella stessa regione e quindi nel Tana River e a Moroto in Uganda. In tutti questi contesti, lo sport diventa strumento e pretesto per con- trastare tutte le forme di conflitto e per mettere insieme agricoltori e pastori, promuovendo incontri e azioni per il disarmo volontario. I suoi sforzi hanno contribuito agli accordi di pace tra turkana e pokot , tra pokot e marakwet e tra samburu e turkana , mettendo fine ad alcuni dei conflitti che hanno interessato queste comunità. Per questo suo impegno Tegla è stata insignita, nel marzo del 2016, del Father John Kaiser Human Rights Award, in memoria di un sacerdote americano, assassinato a Nairobi nell’agosto del 2000 perché aveva denunciato il ruolo di importanti autorità nel fomentare gli scontri tribali nella Rift Valley. Nella stessa ottica di questo coraggioso missionario, oggi la Lorou- pe continua a seguire le zone più difficili e a rischio del suo paese, ma anche scenari di conflitto in tutto il Corno d’Africa, dal Darfur al Sud Sudan. È stata anche «ambasciatrice di buona volontà» dell’Unicef e «ambasciatrice per la pace» di Oxfam. Non solo, lo scorso anno è stata premiata come Persona dell’anno 2016 dalle Na- zioni Unite in Kenya. Tegla è stata riconosciuta per la «sua abilità nell’usare l’atletica per promuovere la pace in zone di conflitto e per la sua leadership nel garantire la partecipazione dei rifugiati ai giochi olimpici del 2016, per la prima volta nella storia». È stato proprio questo, infatti, il suo ultimo più grande successo: portare cinque dei dieci atleti che componevano la “nazionale dei ri- fugiati” a Rio de Janeiro. Anche questa è una sfida che nasce da lon- tano e che trae linfa da quella sua determinazione a non voltare la faccia di fronte a situazioni che altri non vogliono vedere. ca e sviluppo socio-economico delle persone più povere ed emargina- te, in particolare delle comunità del nord del Kenya come i pokot , a cui appartiene la stessa Tegla, o i vicini turkana con cui i rapporti non sono sempre buoni. La fondazione ha negoziato anche il disar- mo volontario delle milizie di questi due gruppi e sta investendo molto per permettere a un migliaio di alunni di andare a scuola, sot- traendoli al rischio di essere arruolati a forza come bambini-soldato o date in mogli come spose-bambine. Lei stessa era destinata a diventare una giovanissima moglie e ma- dre. «Per fortuna — ricorda — avevo un carattere forte e non ho ascoltato mio padre!». Il quale, uomo poligamo con 4 mogli e 24 fi- gli, non capiva il senso di far studiare quella figlia e soprattutto di farla correre. Una cosa impensabile in quel contesto molto tradizio- nale. «Per studiare — racconta Tegla — dovevo percorrere circa dieci chilometri al giorno, andata e ritorno. Ma questo e le attività sportive che ho cominciato a praticare a scuola mi hanno permesso di scopri- re le mie doti atletiche. Ho iniziato a gareggiare e mi sono resa conto che mi piaceva competere. E anche vincere! Per questo mi avevano dominicana che in una lettera pastorale ha segnalato le sfide più urgenti che riguardano la donna e la promozione della sua dignità. Esortano le autorità locali a rimanere vigili affinché l’applicazione della legge impedisca ai violenti di fare del male a una parte vitale della nostra società. «No alla violenza contro le donne all’interno della famiglia, nei luoghi di lavoro e nella società». Record nelle carceri dell’America latina In soli quindici anni la popolazione carceraria femminile è aumentata del 51,6 per cento e continua a crescere con un ritmo allarmante, che insieme a quello dell’Asia supera qualsiasi altra parte del mondo. In alcune carceri del continente la cifra è aumentata addirittura del 271 per cento tra il 1989 e il 2015, e soltanto in Brasile del 290 dal 2005 al 2015. La maggior parte sono accusate di spaccio o trasporto di droghe su piccola scala, e in paesi come l’Argentina, il Brasile, la Costa >> 21 >> 15 A pagina 16, Tegla Loroupe si avvia a conquistare la medaglia d’oro nei diecimila metri ai Goodwill Games del 1998

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