donne chiesa mondo - n. 54 - febbraio 2017

DONNE CHIESA MONDO 14 DONNE CHIESA MONDO 15 All’inizio Annie pensava di occuparsi un giorno di bambini e di persone anziane. Ma quando è venuta a sapere che a Parigi si stava allestendo un salone di bellezza sociale non ha avuto dubbi. Interes- sata, contatta il responsabile del progetto. Dopo mesi di sforzi, il progetto va in fumo, ma lei non si scoraggia. Allora cerca e trova sovvenzioni pubbliche. Ma non bastano, purtroppo. Annie però insi- ste: il negozio funzionerà part-time, per un periodo. Gli aiuti aumen- tano e il negozio può aprire a tempo pieno. Vengono assunti un par- rucchiere, Vincent, e una socio-estetista, Sabine. In quattro anni nes- suno dei due ha mai fatto un’assenza dal lavoro. Niente però è certo. Ogni anno una spada di Damocle pende sulla loro associazione. Lo scorso anno, poco prima di Natale, Annie è venuta a sapere che non avrebbe ricevuto i soldi dei fondi europei. Un buco di 30.000 euro. Una prova di cui parlerà ai suoi collaboratori solo dopo le feste, «per non rovinarle». Le grandi marche, a volte disposte a distribuire i loro prodotti gratuitamente, per abbellire la propria immagine, non sempre mantengono le promesse: La Sentinelle è lontano da Parigi e non è sulle prime pagine dei giornali. Eppure il negozio di Annie serve 83 comuni. Allora a volte è un cittadino comune che le invia uno scatolone di cosmetici. A volte riesce a stabilire un partenariato, come quello con il marchio Kiabi, che veste e consiglia una cinquan- tina di donne che devono presentarsi a un colloquio di lavoro. Anche quest’anno si chiede se riuscirà ad andare avanti. I motivi di sconforto non mancano. Oltre all’incertezza circa la riconferma di anno in anno dei finanziamenti, ci sono incomprensioni amministra- tive. Come nel caso di quella donna che aveva ottenuto un colloquio di lavoro per assistente in uno studio dentistico e voleva mostrarsi curata, per ottenere il posto. Per riconoscerle il diritto a farsi pettina- re nel salone sociale, il municipio da cui dipendeva aveva chiesto un attestato di convocazione... da far compilare al suo eventuale futuro datore di lavoro. La donna aveva allora rinunciato a farsi pettinare. «Il nostro destino a volte dipende dalla volontà di una sola perso- na». Lungi dall’arrendersi, Annie insiste, con una fede capace di smuovere le montagne. Rilegge quello che una donna le ha scritto: «Sto cercando un lavoro, ho già vari appuntamenti amministrativi e professionali. Il salone mi ha permesso di essere presentabile. E que- sto mi ha aiutato molto». Annie si nutre delle parole che brillano sul suo libro degli ospiti. Ripensa a quella cliente che l’ha stretta così forte tra le braccia. Si ricorda di quella donna di sessant’anni che portava un grosso chignon. Lo aveva sciolto, i suoi capelli arrivavano a terra. In vita sua non era mai stata da un parrucchiere. poco, la fiducia s’instaura, ma ci vuole tempo. Ci vuole anche molto senso dell’umorismo». Poco a poco, le parole riaffiorano. Talvolta anche il dolore. Alcune hanno subito violenze fisiche. Come in tutti i saloni di parrucchiere del mondo, le donne si confidano. Il parruc- chiere si fa da parte per ricevere la confidenza. «Quando supero la porta d’ingresso — racconta Vincent — accantono i miei problemi. Le clienti non sono lì per questo. Cerco anche di prendere la giusta di- stanza per non lasciarmi divorare da tutte quelle storie, ma, quando rientro a casa, a volte ripenso a quello che mi hanno raccontato du- rante la giornata, a quelle persone che, oltre alla povertà, hanno an- che seri problemi di salute. Quando poi, però, mi alzo il mattino do- po per venire qui, non ho la sensazione di andare a lavorare. È da lì che attingo la mia forza». Una forza che condivide con Annie Degroisse, all’origine del pro- getto. Prima di otto tra fratelli e sorelle, madre di cinque figli, questa bella signora bionda di sessant’anni, ha anche lei vissuto un periodo di crisi. La disoccupazione, cinque figli da mantenere. «La nostra vi- ta può cambiare dall’oggi al domani. Ma poi ho pensato a una mam- ma che aveva perso i suoi tre figli, falciati da un camion, un anno prima, e mi sono detta: non ho il diritto di lamentarmi, la povertà può capitare a tutti». Quella mattina c’è una cliente in attesa, per una tinta. La sessantenne è lì, dinamica, sorridente. Prima era re- Toccare i capelli di una persona è già entrare nella sua intimità Tutto inizia con uno scambio di sguardi poi le ascolto, parlo e a poco a poco la fiducia s’instaura le parole riaffiorano e talvolta anche il dolore all’autista del pulmino aziendale sul quale viaggiavano. Il direttore del Kandahar International Airport, Ahmadullah Faizi, ha spiegato che le donne erano dipendenti di una compagnia privata che effettua le ispezioni di sicurezza sui bagagli e sulle passeggere donne. Le vittime avevano denunciato in passato minacce nei loro confronti da parte di sconosciuti che non approvavano il loro lavoro. Al momento non c’è stata alcuna rivendicazione dell’attacco, attribuito dalle autorità a militanti talebani. In Afghanistan le donne continuano a essere vittime di violenze, oppressione e abusi. Secondo l’ufficio della procura generale afgana, nei primi otto mesi del 2016 sono stati registrati 3700 casi di violenze contro le donne Vescovi dominicani: no alla violenza contro le donne Importante presa di posizione della Conferenza episcopale sponsabile di un alimentari solidale. Ma è andata via, perché non ac- cettava che il cibo non venduto venisse buttato invece di essere di- stribuito ai poveri. Oggi è responsabile di un’associazione, ma i suoi guadagni sono scarsi. Lei che aveva sempre aiutato gli altri ha dovuto a sua volta chiedere aiuto. In Francia l’aumento del numero dei lavoratori poveri ha mandato in frantumi le categorie tradizionali di solidarietà. Le re- ferenti sociali delle donne che frequentano il negozio sono povere co- me loro. >> 19 >> 12

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