donne chiesa mondo - n. 52 - dicembre 2016
DONNE CHIESA MONDO 6 DONNE CHIESA MONDO 7 Ma come arrivano i futuri schiavi a questo punto? «I cosiddetti “reclutatori” — continua l’attivista — sono di solito amici di famiglia o persone che scelgono questo modo di avvicinarsi alle vittime sempli- cemente attraverso una finta vicinanza a nuclei familiari in difficoltà. Oppure utilizzano i social network: con questa seconda strada riesco- no a ottenere fiducia nelle comunità di origine, in persone che vo- gliono trovare un’alternativa per migliorare la propria vita attraverso l’emigrazione». Queste persone, denuncia, «sono maestre nell’arte della persuasio- ne, e riescono a fare in modo di controllare la vita delle loro vittime. I trafficanti sono spregevoli, perché approfittano con facilità e spre- giudicatezza delle vulnerabilità socio-economiche delle vittime e in modo particolare delle debolezze culturali. La povertà e la disoccu- pazione fomentano la disperazione nella popolazione, e la spingono ad accettare rischi enormi». La destinazione più comune è quella a servizio di una famiglia o di un’azienda come operaio illegale. Ma il mercato del sesso è di cer- to l’alternativa peggiore: «Uno dei rischi maggiori per le vittime del traffico di esseri umani, oggi, è quello del turismo sessuale e dell’in- dustria dello sfruttamento del sesso: questi due mondi attaccano con violenza i nostri figli, che sono oggettivamente le vittime più a ri- schio di traffico e abuso. L’erosione della dignità umana e dei valori condivisi nella nostra società fa sì che lo sfruttamento di donne e bambini sia divenuto oramai una realtà quasi accettata. O comunque tollerata». Ecco perché il Forum mantiene nel paese d’origine zone sicure: «Abbiamo alcune case d’accoglienza per le ragazze strappate dalla prostituzione. Qui offriamo servizi di counseling, ovvero di sostegno psicologico e fattuale per tornare alla vita, ma soprattutto di prote- zione nel caso in cui vogliano denunciare i loro trafficanti. E portia- mo anche avanti un programma di sensibilizzazione tra i più giovani, all’interno delle comunità e delle scuole, in collaborazione con altri gruppi religiosi». Proprio questo aspetto ricopre un ruolo chiave, da- to che le Filippine sono di fatto una nazione di impronta patriarcale: «Anche nell’ambito del dialogo fra le organizzazioni della società ci- vile, l’impegno a favore delle vittime del traffico di esseri umani è il più delle volte visto come appannaggio maschile. Ma questo è un ap- proccio quanto meno miope: credo che proprio in questo campo la presenza femminile debba essere maggiore, perché più efficace. Esse- re una donna oggi, tanto più in Asia, significa che è necessario af- frontare molte più complicazioni, soprattutto se sei madre, moglie e lavoratrice. Ma proprio davanti a queste sfide noi donne scopriamo A pagina 6, la fondatrice del Visayan Forum Nelle pagine seguenti un gruppo di volontari Cecilia Flores-Oebanda è impegnata da circa 25 anni nel salvataggio delle vittime della tratta di esseri umani. Per il suo impegno sociale subisce il carcere durante gli anni della dittatura dei Marcos e riceve numerose minacce di morte. Nel 1991 fonda insieme al marito il Visayan Forum, organizzazione non governativa impegnata nella prevenzione e nel recupero delle persone più vulnerabili delle Filippine. Madre e moglie, è da sempre molto impegnata nella vita della comunità cattolica filippina. È stata la prima persona a vincere il premio Iqbal Mashi per l’eliminazione del lavoro minorile, riconoscimento creato dal Dipartimento statunitense per il lavoro. Nel 2005, la Flores- Oebanda e il Forum vengono insigniti del premio Anti-schiavitù dell’Anti-Slavery International, l’organizzazione per i diritti umani più antica del mondo. Il governo guidato dall’ex presidente Benigno Aquino III l’ha nominata «modello per la società delle Filippine» nel 2012. Cecilia Flores-Oebanda
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