donne chiesa mondo - n. 52 - dicembre 2016
DONNE CHIESA MONDO 32 DONNE CHIESA MONDO 33 no un’originaria tradizione più lontana della messa per scritto, da parte di un narratore in cui l’ineludibile tendenza a rilevare l’inter- vento della volontà divina non offusca la problematicità e, per conse- guenza, l’efficacia del racconto. Anche l’antica tradizione esegetica ebraica e poi quella cristiana rilevano la polivalente complessità della storia di Sara e di Agar al di là della lettera del testo. Abbiamo così Abramo visto come simbolo della fede, Sara della sapienza, Agar del- la cultura pagana, mentre il fatto che Sara generi suo figlio dopo che Agar aveva generato il suo sta a significare l’apporto della cultura greca al progresso della vera sapienza: quindi anche per Agar un’alle- goria di tipo positivo. D’altra parte, costantemente i figli delle due donne sono stati assunti a significare Isacco positivamente il popolo cristiano e Ismaele negativamente quello ebreo. In effetti, anche se queste donne sono presentate nella Scrittura in un ordine che non ha la minima pretesa di essere cronologico, pare evidente che i racconti di Ester e di Giuditta siano relativamente re- centi, mentre Miriam è inserita nel contesto della storia di Mosè, per- sonaggio per certi versi enigmatico, la cui vicenda con il suo evidente pervasivo intento di edificazione lascia perplessi non soltanto per quanto riguarda la sua storicità ma anche il suo risalire a una tradi- zione molto antica. Questo invece non si può certo dire di Abramo e perciò delle sue due donne, le cui storie certamente affondano nelle memorie più antiche d’Israele, nonostante evidenti rimaneggiamenti: in effetti la tradizione più antica collocava Abramo a Damasco e non a Ur dei Caldei. Corrisponde in sostanza a questa più che generica collocazione cronologica il carattere delle diverse figure femminili passate in rasse- gna in questo libro. Sara e Agar sono presentate con una connotazio- ne che rileva la problematicità del loro carattere, il loro costituire una voluta affermazione di femminilità — si guardi alla debolezza di Abramo a fronte della forza di Sara — in un contesto accentuatamen- te patriarcale, mentre Giuditta e soprattutto Ester sono raffigurate dagli autori dei loro racconti con occhi ben più benigni, indicativi di una diversa considerazione della donna, ritenuta ormai atta a operare efficacemente e positivamente in un ambito, quello politico, tradizio- nale appannaggio dell’uomo. In effetti nella storia di Sara e Agar il personaggio di Abramo non fa certo una bella figura, ma in definitiva a lui è demandato il com- pito di prendere la decisione; di contro nelle storie di Ester e di Giu- ditta, come opportunamente sottolineano le autrici delle rispettive presentazioni, la presenza maschile ha solo la funzione di evidenziare al massimo il protagonismo delle due donne. E, stante tale protago- Filologo e storico del cristianesimo (1926), ha insegnato nelle università di Cagliari e di Roma ed è socio nazionale dei Lincei. Ha curato edizioni critiche di autori latini e greci (Rufino, Gregorio di Elvira, Cipriano, Origene) e scritto moltissimi saggi e libri. Tra questi: Studi agiografici (1955), Letteratura cristiana antica greca e latina (1969), La crisi ariana nel IV secolo (1975), Lettera e/o allegoria. Un contributo alla storia dell’esegesi patristica (1985), Studi sulla cristologia del II e III secolo (1993), Ortodossia ed eresia tra I e II secolo (1994), Il Vangelo e la storia (2010). è invece un personaggio del tutto secondario nel vasto contesto scrit- turistico nel quale la sua breve e ben costruita novella è inserita, e l’autrice che ne ha trattato, per illuminarla nello spazio assegnatole, ha dovuto ricorrere soprattutto al personaggio di Giuda, l’altro pro- tagonista del racconto, e a dettagli di contorno. Di ben altra consistenza e complessità sono altri tre personaggi. Miriam è nominata più volte nel libro dei Numeri , ma in contesti per lo più brevi, ed è personaggio problematico: da una parte profetessa ma dall’altra autrice di un gesto per cui riceve punizione divina e non lieve. Se consideriamo che non solo Aronne è presentato in mo- do analogo, ma che anche di Mosè il testo biblico rileva atteggia- menti a volte poco consoni al suo ruolo di condottiero d’Israele per volere divino, possiamo concludere che la sorella Miriam partecipa anch’essa della, peraltro marginale, problematicità dei fratelli. Siamo in un’ambientazione sostanzialmente edificante, dove il narratore rile- vando trasgressione e immediata punizione ha voluto significare nel modo più esplicito l’invasiva presenza del volere divino, di cui i tre fratelli sono interpreti. Del tutto diversa è la presentazione di Sara e Agar, la cui storia è di una drammaticità che ne vivifica le personalità letterarie. Fatta qui salva la funzione liberatoria della volontà divina, che ci ricorda il deus ex machina di euripidea memoria, va rilevato soprattutto il con- trasto tra la remissività — si potrebbe dire l’abulia — di Abramo, ub- bidiente esecutore dei comandi di Sara che pure in cuor suo non ap- prova, e l’aspra personalità delle due donne tra loro in contrasto: la schiava che quando è incinta profitta di questo status in certo modo privilegiato per pretendere a un ruolo di indipendenza nei confronti della padrona; questa che, prima favorevole alla schiava, a questo punto prende a odiarla e si comporta in conformità. A differenza della edificante letterarietà dei personaggi di Ester e di Giuditta, qui abbiamo che fare con un conflitto di situazioni e di caratteri che nulla hanno di edificante, e proprio per questo tradisco- L’autore Scuola di Rembrandt «Giuda e Tamar» Nella pagina precedente Peter Paul Rubens, «Agar lascia la casa di Abramo» A pagina 35 Marc Chagall, «Danza di Miriam»
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