donne chiesa mondo - n. 52 - dicembre 2016

DONNE CHIESA MONDO 26 DONNE CHIESA MONDO 27 L A SANTA DEL MESE D oveva esserci un che di straordi- nariamente duro e coriaceo, qua- si di cocciuto, nel temperamento di questa fanciulla delle cui ori- gini e della cui vita sappiamo co- sì poco — la si vuole nata a Nicomedia, in Biti- nia, ma poi trasferitasi con la famiglia presso Rieti: un itinerario davvero singolare ancora og- gi, figuriamoci nel III - IV secolo — e il cui nome stesso ci intriga. Barbara infatti viene dritto drit- to dal greco, come si sa, e pure nel linguaggio della latinità stava per “straniero”: sicché a noi piace pensare che anche questo suo nome allu- da in qualche modo a un’innata, ispida diversi- tà, a una quasi selvatica voglia di non darla vin- ta, di resistere. Innanzi tutto essendo fino in fondo se stessa. Barbara lo fece in molti modi. Assai bella, il padre — vuole la tradizione — fece costruire una torre per rinchiudervela e così tenerla sotto cu- stodia contro le mire dei molti pretendenti dalla ragazza ostinatamente respinti. Lei stavolta ce- Barbara la straniera Francisco Goya y Lucientes «Santa Barbara» (1773 circa) A pagina 26 Scuola del Parmigianino (1522) dette, ma si portò die- tro molti libri chiedendo inoltre che nella torre fossero aperte tre finestre: già un pio richiamo alla Trinità, sostiene l’agiografia. For- se. Ma certo più significative dovettero essere le letture, si dice principalmente quelle dei testi di Origene: anche grazie a esse Barbara infatti si fece cristiana. Sono riconoscibili qui i tratti di un itinerario storico tipico delle origini del cri- stianesimo: una religione diffusasi rapidamente specie tra le donne degli alti strati della società imperiale romana — dobbiamo ricordare che al- lora saper leggere non era proprio da tutti, e specialmente da tutte? — quasi sempre contro padri, mariti in atto o candidati. E non poche volte quali anticipatrici degli uni e degli altri sul cammino verso la vita nuova. Non fu il caso di Barbara, però. Avendo cer- cato di farsi battezzare, infatti, Dioscuro, il pa- dre, prese malissimo la sua decisione, e dopo aver tentato di ostacolarla in mille modi, con un gesto terribile di rabbia la denun- ciò alle autorità. Fu l’inizio del cal- vario. Rifiutatasi di abiurare Barbara venne sottoposta a una serie di torture degne del più terrificante catalogo degli orrori, culminate nell’amputazione dei seni. Nel sostenere le quali la giovane mostrò la sua tem- pra indomita e la sua fede: resistette eroicamen- te a tutti i tormenti fin quando lo stesso Dio- scuro, che doveva essere un pagano fanatico da far invidia a un moderno jihadista dell’Is, impu- gnata egli stesso la spada, decapitò la figlia. Ma a questo punto il Signore, quasi raccogliendo la sfida, lo incenerì con un fulmine. Dopo la torre il fulmine, dunque; e sullo sfondo un coraggio e una tenacia senza pari in una donna, almeno secondo l’opinione dell’epo- ca. La specifica vocazione apotropaica della santità di Barbara aveva trovato i suoi elementi costitutivi. Che da soli, però, probabilmente non sarebbero bastati: il resto doveva farlo la storia. Proprio la storia ci dice che il culto di Barba- ra si diffuse rapidamente a partire dal VII secolo specie nell’oriente bizantino e nella sua Chiesa. Non a caso. Bisanzio, infatti, fu non solo uno Stato cristiano, ma anche il primo a trovarsi im- di E RNESTO G ALLI DELLA L OGGIA

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