donne chiesa mondo - n. 52 - dicembre 2016

DONNE CHIESA MONDO 24 DONNE CHIESA MONDO 25 neggi le ossa. «Me l’ha iniettata un’amica. Tutte ti dicono: “Non par- tire senza farla”. Così, l’ho fatta. Ti illudi di essere un po’ più protet- ta. Ma è solo un inganno. L’iniezione anti-Messico può evitare la gravidanza ma non il vuoto che ti lascia lo stupro». Già, lo stupro. Ada ne parla con tono asettico. La prima volta, a violentarla è stato un agente. L’aveva fermata a un posto di blocco vicino a Tapachula, in Chiapas, e le aveva chiesto di pagare se non voleva essere rimpatriata. Ada non aveva più soldi. Il poliziotto si è preso il suo corpo ma almeno — aggiunge — i figli non hanno visto. La seconda volta, sono stati i criminali. «Dicevano di essere Los Ze- tas ma secondo me era un gruppetto di delinquenti qualunque. Ci hanno sequestrato vicino a Tenocique, in Tabasco. Volevano chiedere il riscatto a un parente negli Stati Uniti. Ma io là non conosco nes- suno. Allora si sono rifatti su di me. Non solo mi stupravano loro. Mi rivendevano ad altri. Tanti. È durato un mese. Poi, quando han- no catturato altre ragazze, mi hanno detto: «Non ci servi più, vatte- ne». Ho detto: «Non vi denuncerò ma lasciatemi portare via i miei figli. Me li hanno ridati». Irene è stata aggredita dai suoi stessi compagni di viaggio, mentre attraversavano la discarica di Chahuites. Erano honduregni come lei, di San Pedro Sula. Anche Irene fuggiva dalle maras : voleva andare negli Stati Uniti per lavorare e poter inviare del denaro alle sorelle. Così avrebbero cambiato quartiere, lontano dalle bande. Per evitare simili “inconvenienti”, Asunción, che ora vive negli Sta- ti Uniti da irregolare, ha fatto il tragitto come “fidanzata da viaggio”. In pratica è una violenza “consensuale”. Le migranti scelgono un ra- gazzo — uno che magari sembra più sgamato e intraprendente degli altri — e gli offrono servizi sessuali durante la traversata. In cambio, lui dovrà proteggerle. O, almeno, provarci. Pilar, guatemalteca, ha provato, invece, a sfuggire alla “regola dello stupro” camuffandosi da maschio. A 16 anni, magra e angolosa com’è, pensava di poter ingan- nare i malintenzionati. Non ci è riuscita. Una banda di narcos l’ha catturata vicino all’Istmo di Veracruz, l’ha violentata e poi rivenduta in un postribolo clandestino in Tamaulipas. Dopo due anni, è stata liberata grazie a una retata della polizia nel locale. «Sai qual è la cosa peggiore, dopo?» domanda all’improvviso Ire- ne. «Non le botte, il dolore, lo schifo, no. Senti di essertela cercata perché conoscevi il rischio. Però sei partita. Non importa che non avessi altra scelta. Sei partita sapendolo. Allora la voce ti si strozza, ti tieni tutto dentro e continui a camminare. La strada per il nord è ancora lunga». Dice di averlo fatto per i suoi figli. Non voleva che fossero recluta- ti dalle maras , le potenti gang criminali che infestano l’America cen- trale. Eredità delle guerre civili e feroci degli anni ottanta, le bande hanno trasformato il piccolo El Salvador — esteso più o meno quanto la Lombardia — nel paese più violento al mondo, con 103 omicidi ogni 100.000 abitanti. In Honduras e Guatemala non va molto me- glio. L’intera regione è una delle frontiere più cruente — eppure invi- sibili — della «guerra mondiale a pezzi» di cui più volte ha parlato papa Francesco. Le maras hanno conquistato il controllo di intere porzioni di territorio, in genere le periferie più povere e abbandona- te. Là impongono la loro legge crudele: plata o plomo , argento o piombo, soldi o pallottole. Non solo. Le bande sono affamate di “carne fresca”: giovani o giovanissimi soldati da sbattere al fronte e baby-fidanzate per “remunerare” i soldati più valorosi. Per questo, re- clutano ovunque: a casa, a scuola, per strada. Una loro proposta non si può rifiutare. Non resta che la fuga. La migrazione centramericana verso l’El Dorado statunitense è storica: ogni anno, ci provano in 500.000. Ovviamente in modo ille- gale: ottenere un visto per chi viene da quella parte di mondo è una chimera. Esperti e ong, però, segnalano un mutamento nel flusso: se prima era dovuto in gran parte a ragioni economiche, ora è la violen- za la benzina dell’esodo. Dato che quest’ultima si accanisce con par- ticolar forza sui più deboli fra i deboli — minori e donne — sono loro i primi a partire. Di nuovo, la Border Patrol (autorità di frontiera de- gli Stati Uniti) ha segnalato l’emergenza baby migranti non accom- pagnati al confine: tra il 1° ottobre 2015 e il 30 settembre 2016 ne so- no stati fermati quasi 60.000. Al contempo, l’esodo si femminilizza. Se, cinque anni fa, le donne erano meno del 15 per cento, ormai sono almeno un quarto del totale. In maggioranza sono adolescenti che ri- fiutano di cedere alle lusinghe dei capi delle maras o giovani madri, ansiose di far crescere i figli lontani dalle “sirene” delle bande. Come Ada. Una mattina dell’anno scorso, ha detto ai bimbi che non sarebbe- ro andati a scuola e li ha portati via. Nello zaino ha messo un cam- bio di biancheria per ciascuno, dei biscotti e un plaid. Il giorno pri- ma ha comprato, senza ricetta e per l’equivalente di tre euro, il De- po-Provera. «L’iniezione anti-Messico», la chiamano. Un anticonce- zionale composto da un solo ormone — il medroxiprogesterone — la cui efficacia dura per novanta giorni. Più o meno il tempo del viag- gio. E degli abusi a ripetizione. Per questo, nelle farmacie di El Sal- vador, Guatemala e Honduras, ormai, va a ruba. Con l’aumento del flusso migratorio, ormai, si vende anche in Africa. Eppure, molte ong sostengono che il Depo-Provera crei forti problemi ormonali e dan-

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