donne chiesa mondo - n. 52 - dicembre 2016
DONNE CHIESA MONDO 22 DONNE CHIESA MONDO 23 I L LIBRO F OCUS di L UCIA C APUZZI «I l segreto è concentrarsi sul tamburo. È lui a dare il ritmo. Devi contare fino a quattro: tre passi e poi la pausa». Ada ha imparato, nello stesso tempo, a camminare e a ballare la salsa. Merito di sua madre, provetta danzatrice. È stata lei a svelarle il «trucco» del tamburo. Ed è stata sempre lei a ricordarglielo, sulla soglia di ca- sa. «Svuota la mente. Uno, due, tre, vai avanti. Al quattro, ti fer- mi un secondo e prosegui. Così ti sembrerà meno faticoso. E ter- rai lontano i brutti pensieri». Non le ha detto a che cosa si riferis- se. Non era necessario. Entrambe sapevano, come tutte le altre donne di Quetzaltepeque, piccolo municipio a una ventina di chi- lometri da San Salvador. Chiunque aveva una parente, una vicina, un’amica partita per il nord. La maggior parte era stata rispedita in- dietro senza nemmeno arrivare al confine. Qualcuna non era più tor- nata, dunque — dicevano — doveva avercela fatta. Chi rientrava, pe- rò, lo confidava a un’altra. E ormai la voce si era sparsa. Per andare negli Stati Uniti, è necessario attraversare il Messico. E là lo stupro è quasi inevitabile. Il pericolo è ovunque: agenti corrotti, sicari dei po- tenti cartelli della droga, criminali comuni. Secondo gli studi del so- ciologo della Sorbonne Argan Aragón — confermati da una serie di ricerche locali — tra sei e otto centramericane su dieci vengano vio- lentate durante il viaggio. Ada non conosceva la statistica. Sapeva, però, che alle altre era accaduto. Eppure è partita. Partire conoscendo il rischio I n Vita (2003), Melania Mazzucco rac- contava quella difficile pagina di storia che è stata l’emigrazione europea verso le Americhe; ora, in Io sono con te. Sto- ria di Brigitte (Einaudi, 2016), narra l’epopea di una migrante di oggi. In mezzo a queste due storie vere, non c’è solo un secolo abbondante, ma il ribaltamento totale di derive e approdi. E la comodità riscaldata del nostro non voler vedere. Dovendo scappare per motivi politici, Brigit- te arriva dal Congo a Termini un giorno d’in- verno: dopo mesi di stupri di gruppo quotidia- contri con quanti lavorano al Centro Astalli e con quel mondo di religiosi e religiose che ascoltano, accolgono e accompagnano, per chi — come Brigitte — è naufrago di sé e della pro- pria esistenza inizia ora l’odissea di doversi ri- trovare come persona in una realtà sconosciuta. Rischiando di scivolare a ogni passo tra fanta- smi e speranza. Ogni disperato in fuga non è nato povero, ignorante, solo o ai margini, ma è stato una persona con la sua storia, la sua famiglia, il suo status sociale, la sua dignità. Brigitte stessa fati- ca a capirlo: «La parola réfugiés le fa pensare ai ruandesi (...). Non ha mai immaginato di dover un giorno associare questa parola a se stessa». Ci limitiamo a commuoverci per gli immigra- ti vedendo le scene dei loro durissimi viaggi, mentre ignoriamo tutto quello che accade dopo che quel viaggio finisce sulle nostre strade. Me- lania Mazzucco colma questo vuoto. «Subiamo — scrive — la dittatura dell’emergenza, senza ra- gionare sulla durata né concepire una prospetti- va. (...) Chi o cosa pensano, sono o diventeran- no ci riguarda. Conoscerli — e fare in modo che loro conoscano noi — è necessario. Il futuro si costruisce adesso». È un romanzo potente Io so- no con te . Perché l’incontro scombussolante tra queste due donne così diverse — Brigitte prota- gonista della storia e Melania che, armata di penna, quella storia fa rinascere restituendole la dignità — scombussola anche noi. E così, come è impossibile guardare le opere di Tintoretto senza pensare a La lunga attesa dell’angelo , speriamo che, dopo aver letto Io sono con te , sarà difficile distogliere lo sguardo da chi dorme ai bordi dei nostri marciapiedi senza al- meno chiederci quale sia la sua vicenda. Perché se la storia di Brigitte non è ancora conclusa, spetta a noi scriverne il finale. ni, stenti e torture in carcere, sola, senza soldi, documenti o indirizzi, viene scaraventata sotto la pensilina di Piazza dei Cinquecento: «Sono le 17.30 del 26 gennaio. Non so dove sono, sono sola, alla stazione di una città sconosciuta, di un paese sconosciuto, di un continente sconosciuto. Sono sola e non ho più niente». Niente dietro o davanti a sé: il cervello le è ormai «partito». Della sua vita precedente (il lavoro da infermie- ra, la clinica ben avviata, i quattro amatissimi fi- gli) la memoria ha fatto tabula rasa per legitti- ma difesa, mentre fisicamente sopravvive grazie all’immondizia della stazione. Brigitte è ormai oltre il baratro quando un religioso le scaraboc- chia un indirizzo: via degli Astalli 14 a. Sarà questo solo l’inizio di un cammino diffi- cilissimo. Perché insieme ai provvidenziali in- Io sono con te di G IULIA G ALEOTTI
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