donne chiesa mondo - n. 52 - dicembre 2016

DONNE CHIESA MONDO 20 DONNE CHIESA MONDO 21 do nasci è una roulette. Giovani figli di migranti si raccontano , una serie di interviste alle cosiddette «seconde generazioni» in Italia, ossia i fi- gli degli immigrati, che chiedono voce e riconoscimento, raccontando di sé, del proprio quotidiano e mostrando come la presunta incompa- tibilità valoriale, che contrappone la modernità occidentale alla tradi- zione culturale dei loro padri, sia spesso e volentieri una costruzione ideologica recente. Come si può notare, negli ultimi anni i contenuti della letteratura migrante femminile sono passati dal tema della migrazione in senso stretto a quello dell’interculturalità, l’incontro cioè tra culture diverse, tra diversi modi di interpretare la realtà, con i problemi legati all’in- serimento in nuovi contesti e alla questione dei diritti e della giusti- zia. Temi di natura sociale, che affondano le proprie radici in un vis- suto reale, di cui si descrivono i sentimenti contraddittori: dalla no- stalgia alla voglia di fuggire, dallo spaesamento all’assimilazione, dal rigetto al desiderio di integrarsi e sentirsi tutt’uno con gli altri diversi da sé. Il racconto esperienziale è il genere letterario prescelto, ma non manca il ricorso alla metafora, dunque alla poesia, per leggere una realtà spesso difficile da decifrare, come nel caso dei versi di Gladys Basagoitia Dazza, peruviana trapiantata da molti anni in Italia, poe- tessa bilingue, che scrive tanto in spagnolo quanto in italiano. Nella poesia intitolata Altra lingua , la letteratura, scritta appunto in altra lingua, cioè in italiano, si offre come linguaggio universale di ricom- posizione, come gesto di disponibilità nel superare ostacoli e frontie- re: «Sei giunto al paese dei tuoi sogni, / sorridi / non bastano i sorri- si / si chiudono le anime e le porte / accettando la sfida / fai tua la estranea melodia / attraversi frontiere / conservi la canzone di tua madre / per cantarla ai tuoi figli». Il filo rosso che unisce tutte le diverse opere potrebbe essere indi- cato in una comune e articolata condizione di disagio riscattato dalla parola letteraria: un disagio della migrazione che contiene al suo in- terno la difficoltà in più dell’essere donna, un’ulteriore posizione di debolezza. Un’identità descritta come inesorabile dualità, come scis- sione tra la cultura d’origine e quella del paese in cui si vive, come ricchezza culturale e umana, ma nello stesso tempo lacerazione dovu- ta al fatto di non sentirsi appartenente a nessun luogo. Eppure, la rappresentazione della propria soggettività attraverso la scrittura let- teraria restituisce a queste donne la dignità e il coraggio per cercare, in autonomia, il senso del proprio essere del mondo, il significato di un’identità di donna e immigrata che, con le parole di Geneviève Makaping, rivendica «il voler essere io a dire come mi chiamo». missione. Fondata da padre Jean-Philippe Chauveau con un gruppo di laici nel 1998 e impegnata nella riabilitazione delle prostitute, a settembre ha aperto la casa di accoglienza Maison Magdalena in un ex monastero di benedettine a Ecuelles, a sud di Fontainebleau. Le tre ospiti di Maison Magdalena seguono corsi di sartoria, botanica e fabbricazione di ceri, antica specialità delle suore del monastero. Un’infanzia particolarmente difficile accomuna Chauveau alle persone che aiuta: le ricorrenti violenze fisiche e sessuali di cui fu vittima in giovane età lo catapultarono nel mondo della delinquenza, facendolo finire in riformatorio a tredici anni. Qui, però, incontrò un educatore che gli fece scoprire il mondo delle arti, punto di partenza del suo cambiamento. «È perché mi hanno chiuso, da piccolo, le porte della vita che provo una voglia così grande di aprire quelle del cuore degli altri per far penetrare la tenerezza di Dio», ha scritto. >> 19

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