donne chiesa mondo - n. 51 - novembre 2016
DONNE CHIESA MONDO 26 DONNE CHIESA MONDO 27 L A SANTA DEL MESE U n parlatorio di un monastero benedettino in una mattina di un giorno feriale. La luce ta- gliente del sole di montagna si posa su alcuni fogli che la ma- dre priora mi ha appena messo nelle mani per accompagnarmi in un viaggio particolare. Non resisto e inizio a leggere facendo subito una scoperta: il 28 gennaio 1932 a Zurigo una donna di quarantuno anni, Edith Stein, si appresta a parlare di un’altra donna, Elisabetta d’Unghe- ria, morta sette secoli prima appena ventiseien- ne e lo fa con un’intelligenza e una profondità che trascinano il lettore di oggi in un altro mondo, nella dimensione senza tempo della grazia di Dio all’opera. «Più una persona è as- sorbita profondamente in Dio — scrive nel 1928 a suor Callista Kopf la giovane filosofa tedesca ormai battezzata da qualche anno — più deve in un certo senso “uscire da sé” per penetrare il mondo e portarvi la luce divina». È forse per questo “uscire” da sé che le due sante, separate dai secoli, si ritrovano una vicina all’altra a ope- Nel mondo per portare la luce divina Santa Elisabetta di Ungheria in un ritratto del pittore fiammingo Jan Provoost e, a pagina 26, in un dipinto di Pietro Nelli (1365) rare nelle tenebre del mondo. La polvere e il vento di Westerbork, aspettando la morte come figlia del popolo ebraico, per Teresa Benedetta della Croce strappata al Carmelo di Echt, la po- vertà e le malattie senza rimedio per la giovanis- sima Elisabetta, figlia del re Andrea II d’Unghe- ria. Discendente di Carlo Magno per parte ma- terna, la principessa pare avviata a una vita di corte. Nata nel 1207, trasferita dall’Ungheria a Eisenach nel castello di Wartburg, la giovane ungherese è destinata a sposare Luigi IV di Tu- ringia, discendente di nobilissima famiglia. «Tutti i fatti che sono riportati su sant’Elisabet- ta, tutte le parole che di lei ci sono pervenute — scrive Edith Stein — ci rivelano di lei una cosa sola: un cuore ardente che stringe tutto ciò che la circonda con un amore profondo, tenero e fe- dele.» Lo Spirito santo ha infatti altri progetti su questa ragazza. Insofferente verso le ingiusti- zie che vede perpetrate a danno dei più poveri, incapace di conformarsi a una vita nobiliare di falsa etichetta ma soprattutto completamente in- fiammata di amore per l’eucaristia, Elisabetta, ormai madre di tre figli e giovanissima vedova, abbandona il castello di Wartburg e nel venerdì santo del 1228, a ventuno anni, «pone le sue mani sullo spoglio altare della chiesa francesca- na di Marburg» e inizia a vivere pienamente l’ideale di san Francesco. L’amore «ardente e misericordioso che si apre a tutti gli infelici e a tutti gli afflitti», contagiando chiunque la avvi- cina, e una gioia spontanea e quasi infantile, so- no questi i due tratti che mai l’abbandoneranno nel suo percorso terreno: era solita offrire ai di F ERDINANDO C ANCELLI
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