donne chiesa mondo - n. 51 - novembre 2016
DONNE CHIESA MONDO 22 DONNE CHIESA MONDO 23 L A SCIENZIATA N on si udì mezza parola su di lei quando, nel 1962, Watson, Crick e Wilkins ricevettero il premio Nobel per la medicina grazie al- la scoperta della struttura del dna. Se il comitato non la incluse, fu perché i tre moschettieri della doppia elica si guardarono bene dal ricordare il fondamentale apporto che le ricerche della scienziata avevano dato alla in- dividuazione della struttura tridimensionale de- gli acidi nucleici costituiti da lunghe catene mo- lecolari avvolte a elica. Lei, del resto, non poté che sia stata proprio lei la vera scopritrice della morfologia a elica del dna. Nel tempo, però, quasi sottovoce, il suo ap- porto cominciò a emergere. E così quando, do- po la vincita del Nobel, Watson scrisse The Double Helix (bestseller tradotto in 17 lingue) non poté non citarla. Ma lo fece minimizzando- ne il più possibile l’apporto, denigrandola come donna e come scienziata. Nel libro, infatti, Franklin viene presentata come femmina lunati- ca, irascibile, inaffidabile («la ragazza stava dando più fastidi che mai») e trascurata («Di proposito non faceva nulla per mettere in rilievo la sua femminilità»). Tanta misoginia, del resto, determinò un cambio di editore: se inizialmente Watson era stato messo sotto contratto dalla Harvard Uni- versity Press, dopo che ne era circolata una pri- ma bozza, la casa editrice lo rescisse: non era un problema di merito del resoconto, quanto del fatto che il testo offendeva molti, tra cui co- lei che non era più in grado di difendersi. Seb- bene Watson avesse poi eliminato o attenuato alcuni dei passaggi sotto accusa, ugualmente il libro fu pubblicato da un editore commerciale. Dagli anni Cinquanta a oggi la carriera del dna è stata folgorante: nel giro di sole due ge- nerazioni, è passato dall’essere dominio di nic- chia ad avere un posto centrale nel linguaggio quotidiano. Fonte d’ispirazione per artisti e pubblicitari, protagonista al cinema, nei roman- zi o nelle pubblicità, il dna è ormai il simbolo della scienza che spiega il mondo, vera icona della modernità. La storia della sua scoperta, però, è anche l’ennesima testimonianza di come l’apporto femminile venga minimizzato: il dna e Watson sono ormai arcinoti, di Rosalind Fran- klin, invece, pochi conoscono nome e vicenda. lamentarsi di quel silenzio: cristallografa profes- sionista, Rosalind Franklin era morta qualche tempo prima di tumore a 37 anni, il 16 aprile 1958, forse anche a causa delle radiazioni a cui i suoi studi l’avevano lungamente esposta. Nata nel 1920 in una famiglia inglese di ori- gine ebraica, Franklin studiò a Cambridge, ini- ziando la sua carriera di ricercatrice a Parigi e continuandola poi al Kings College di Londra. Fu qui che le sue foto del dna (viste all’insaputa della donna) folgorarono Watson, che in esse ri- conobbe la raffigurazione della doppia elica. Nel 1952 infatti, utilizzando una macchina da lei modificata, Franklin aveva ottenuto la foto del dna nella sua forma b. Ciò, unito all’analisi del suo epistolario e alle interviste ai protagonisti minori della vicenda, ha indotto molti a ritenere Un’elica monca di G IULIA G ALEOTTI F OCUS di S ILVINA P ÉREZ T ace da trentatré anni, ormai, la voce di Marianella García Villas, l’av- vocata dei poveri e dei contadini, figlia privilegiata della ricca bor- ghesia del Salvador ma eletta in parlamento dalle donne del popolo. È stata dimenticata da quel giorno del marzo 1983 in cui la giunta militare al potere nel suo paese decise di torturarla brutalmente e as- sassinarla. Le sue denunce e le sue prese di posizione in difesa dei diritti umani erano divenute inaccettabili per il potere. Pertanto, co- me accaduto tre anni prima per Óscar Romero, con il quale aveva a lungo collaborato, anche la sua voce viene messa a tacere per sem- pre. Ucciso il 24 marzo 1980, mentre stava celebrando la messa, Ro- mero aveva denunciato per anni le ingiustizie del suo paese e le vio- lenze della polizia e dei militari contro i più deboli. Aveva visto ca- dere, sotto i colpi dei paramilitari uno dei suoi più stretti collabora- tori, il sacerdote gesuita padre Rutilio Grande. L’omicidio colpì pro- fondamente Romero, che tempo dopo disse: «Quando guardai Ruti- lio che giaceva morto davanti a me pensai: “Se lo hanno ucciso per Martire dei diritti umani
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