donne chiesa mondo - n. 51 - novembre 2016
DONNE CHIESA MONDO 18 DONNE CHIESA MONDO 19 to rabbinico ortodosso, Hildesheimer, le donne invece non erano am- messe): nel 1872 ce ne erano infatti ben 4 su 12 studenti e più tardi la proporzione cresce ulteriormente. Nessuna di loro, invero, aspirava all’ordinazione rabbinica, ma a diplomi di insegnamento e al rappor- to con la società ebraica. Solo Regina voleva con tutte le sue forze diventare non un’insegnante ma una rabbina. Fra i suoi maestri all’Hochschule c’era anche Leo Baeck, che aveva una grande stima di lei ma al momento di appoggiarla cercò invece di dissuaderla. Nel 1935, infine, Regina ottenne il titolo agognato e diventò la prima rab- bina della storia. A darle l’ordinazione fu il rabbino liberale Max Dienemann, in una forma quasi privata. Il periodo fra il 1935 e il 1942, in cui Regina esercitò a Berlino la funzione rabbinica, la vide emergere per il carisma e le capacità. Pur tenuta inizialmente ai margini, divenne ben presto una figura cono- sciuta e apprezzata. Viveva con sua madre e aveva rinunciato, assai poco in accordo con la tradizione ebraica, a farsi una famiglia. Ebbe però una relazione amorosa con un rabbino di Berlino, Joseph Nor- den, molto più vecchio di lei, anch’egli deportato a Theresienstadt e là morto nel 1943. Ed è proprio Norden, nel 1942, a interessarsi per farla emigrare negli Stati Uniti, lontano dal pericolo. Ma Regina ri- fiuta di lasciare Berlino, sua madre, la sua congregazione. Il 6 no- vembre, con la madre, viene deportata a Theresienstadt. Cominciano per Regina due anni intensi, chiusa nel ghetto, tutti volti a lavorare per alleviare le sofferenze degli ebrei, dei bambini e dei vecchi in particolare. Assolve insomma totalmente, nella deporta- zione, il ruolo di “protettore” che aveva sempre sottolineato come compito dei rabbini quando, anni prima, aveva sostenuto l’importan- za del rabbinato femminile. Fra i dirigenti del Consiglio ebraico era Leo Baeck, il suo antico maestro, colui che dieci anni prima le aveva rifiutato l’ordinazione. Accanto a lui Regina opera, facendo anche conferenze, mettendo la sua straordinaria capacità oratoria al servizio degli ebrei in attesa di essere deportati ad Auschwitz. Lavora anche con Viktor Frankl, lo psichiatra austriaco inventore della logoterapia. La lista dei deportati ad Auschwitz del 12 ottobre 1944 riporta il suo nome accanto a quello della madre, e indica anche la sua profes- sione: Rabbinerin . Né Baeck né Frankl, entrambi sopravvissuti, la nomineranno mai nei loro scritti. Baeck, morto nel 1956, non ne fece mai parola. Frankl, morto nel 1997, ne parlò solo dopo che la sua storia fu risco- perta, negli anni novanta. Ma perché? Eppure, Regina Jonas era stata un personaggio noto, la prima rab- bina della storia. La sua attività come rabbina negli anni Trenta a zione rabbinica. Da allora la sua figura ha attratto sempre più l’at- tenzione, non solo in Germania ma anche negli Stati Uniti, dove a partire dall’inizio degli anni settanta era emerso un movimento fem- minista ebraico molto attivo che aveva dato vita, fra l’altro, a un vi- vace dibattito sulle donne rabbino. Di Regina possediamo una sola fotografia: è vestita di scuro, con i capelli coperti, un bel viso e occhi intensi. Sembra più una donna ortodossa che la prima rabbina della storia ebraica. Era di famiglia modesta e tradizionalista, tanto suo padre che sua madre erano nati in Germania, suo padre era un piccolo commerciante morto precoce- mente. Dopo la sua morte la famiglia aveva preso a frequentare la si- nagoga di Rykerstrasse, inaugurata nel 1904, una sinagoga mista in cui il culto era prevalentemente tradizionalista ma con aperture al cambiamento. Vi officiava negli anni della prima guerra mondiale an- che il rabbino Max Weil, che divenne il maestro di Regina, seguen- dola nei suoi studi. Era un rabbino legato alla tradizione, ma partico- larmente attento alla questione delle donne, tanto che fu tra i primi a introdurre il bat mizvah , la maggiorità religiosa per le ragazze. Insom- ma, un mondo complesso di intrecci tra richiami alla tradizione e in- novazione che Regina modulerà a suo modo ma che, in altre forme, ritroviamo già nel suo percorso di studi. Un percorso che raggiunge una prima tappa nel 1924, quando Regina si diploma e viene assunta alla scuola religiosa di Annenstrasse diretta dal rabbino Bleichrode, anch’egli piuttosto vicino ai tradizionalisti ma non senza aperture so- prattutto in campo educativo. L’anno successivo, Regina si iscrive al- la Hochschule für die Wissenschaft des Judentums. Era il seminario di studi rabbinici fondato a Berlino nel 1872 da Abraham Geiger, una scuola nata nell’onda del movimento di riforma ma ufficialmente pri- va di una formale aderenza a un qualsiasi movimento religioso, orto- dosso, liberale o riformato che fosse. Il professore di Regina alla Ho- chschule, Eduard Baneth, le assegnò una tesi di laurea significativa- mente intitolata «Possono le donne officiare come rabbini?». È questo il contesto in cui Regina si forma, in cui porta a termine il suo complesso progetto di diventare rabbina. È un contesto che non è certo ininfluente, una mescolanza fra attaccamento alla tradi- zione religiosa e apertura al nuovo che si sedimenta nella mente della giovane studiosa, che la segna e la muove. Regina non è affatto una stravagante, come all’epoca si cercò di farla passare. Studia in scuole aperte, come sono tutte quelle che non sono esclusivamente ortodos- se (e gli ortodossi sono allora una minoranza fra gli ebrei tedeschi), e accede a un istituto di studi rabbinici che nasce direttamente dall’Haskalah e dal movimento di riforma. Un istituto, sottolineia- molo, in cui erano ammesse donne fin dalla sua creazione (nell’istitu- loro una bambola che rappresenti il loro bagaglio culturale e religioso. In quest’ottica, Haneefah ha realizzato una Hijarbie specifica in onore della musulmana Ibtihaj Muhammad, che ha partecipato e vinto una medaglia di bronzo nella sciabola a squadre alle Olimpiadi di Rio 2016. In Argentina Lucía Pérez, una studentessa di appena sedici anni, è morta per le orribili ferite interne dopo esser stata drogata, violentata e poi impalata con un pezzo di legno da tre uomini. Il terribile delitto è avvenuto a Mar del Plata, in Argentina. «In tutta la mia carriera non ho mai visto una cosa del genere», ha detto il pubblico ministero María Sánchez. «Sono mamma di una bambina, e non riesco a dormirci la notte». Ogni trenta ore nel paese sudamericano una donna viene uccisa da un uomo. Tra gli effetti del brutale omicidio vi è stato anche >> 21 >> 15 A pagina 16 Marlis E. Glaser, ritratto di Regina Jonas
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