donne chiesa mondo - n. 49 - settembre 2016
DONNE CHIESA MONDO 24 DONNE CHIESA MONDO 25 Ma, le domandiamo, come mai le donne sono state escluse dalle ricerche cliniche? È solo questione culturale? «Direi per praticità. Prenda gli esami del sangue: a una paziente la glicemia va dosata prima, durante o dopo il ciclo mestruale? Lavorare sulle donne o su animali da esperimento femmine costa di più!». Ma se la medicina di genere è così importante, perché in caso di trapianto non si bada se viene da un donatore di sesso diverso dal ri- cevente? «La letteratura su questo argomento è molto recente. Si controlla la dimensione degli organi: quelli maschili possono essere troppo grossi per essere trapiantati a una donna. Non possiamo inve- ce sottovalutare il sistema immunitario. Facciamo l’esempio di una paziente che sia madre di un bambino: durante la gravidanza, per convivere con un essere vivente riconosciuto dal suo organismo come non femminile, avrà sviluppato gli anticorpi di difesa contro antigeni codificati dallo Y , che dopo il parto vanno in quiescenza. È la mera- vigliosa fisiologia umana. Se le viene trapiantato un organo maschile questi anticorpi si riattivano. Se di gravidanze maschili ne ha avuta più di una, il trapianto diventa a rischio». Secondo lei, nella diversa reazione alla malattia svolgono un ruolo anche le componenti psicologiche? «Sicuramente il ruolo sociale del- la donna induce un ritardo nella richiesta di aiuto e al contrario un nere in tutti i campi: dall’anatomia alla fisiologia, dalla clinica alla farmacologia. Ma per farlo occorrono tanti fondi e bisogna far fronte alla scarsa collaborazione delle multinazionali farmaceutiche: queste hanno il terrore che si capisca che i loro prodotti — testati prevalente- mente sugli uomini — possono essere considerati inutili dall’altra me- tà della popolazione, le donne». Professore ordinario dal 1995, prima e unica cattedra in Italia di medicina di genere dal 2013, primario di medicina a Padova, è stata la prima in Italia, nel 2009, a dedicare un congresso a questa «vergo- gna mondiale» e a fondare un centro studi nazionale su salute e me- dicina di genere, «che è una nuova dimensione della medicina, non una nuova specialità, che studia l’influenza del sesso e del genere sul- la fisiologia, fisiopatologia e patologia umana». Oggi sappiamo che uomo e donna vanno curati in modo diverso — afferma — «abbiamo delle constatazioni agghiaccianti, soprattutto in cardiologia». Un esempio? Mentre negli ultimi trent’anni la mortalità per malattie car- diovascolari è calata del 40% nell’uomo, per la donna, invece, a pari- tà di prevenzione, è diminuita appena del 3-4% (ma negli Stati Uniti del 20%). Nei primi mesi dopo un infarto, poi, le probabilità di mo- rire sono del 26% per le donne, ma solo l’11% nell’uomo. Molte sono le differenze, l’aspirinetta ad esempio non serve nelle donne a preve- nire l’infarto in prevenzione primaria, e il diabete è tre volte più peri- coloso per la donna che non per l’uomo. Cambia perfino la sintoma- tologia dell’attacco cardiaco (nelle donne la presentazione è atipica), tanto che per le donne la diagnosi di un infarto viene sbagliata o ri- tardata molto spesso. E poi, sulle donne, tutti i medicinali cardiova- scolari hanno effetti collaterali più pesanti. La ricercatrice aggiunge: «Le donne sono più soggette, oltre che all’infarto, anche all’osteoporosi, alla demenza senile, alla depressio- ne. Ma non sappiamo ancora bene perché, e come curarle. Abbiamo mappato il genoma umano, presto daremo le medicine in base a un piccolissimo puntino di differenza del DNA (medicina di precisione), ma abbiamo preso assai poco in considerazione i cromosomi XX e XY che distinguono l’uomo dalla donna». Per secoli ci siamo occupati solo della salute degli uomini, che portavano a casa il cibo e dovevano vivere più a lungo. Siamo state vittime della sindrome del bikini: si studiavano solo gli organi del nostro apparato riproduttivo: seni, utero, ovaie. E se è vero che la vita media delle donne è cinque anni più lunga di quella degli uomini, questi anni di sopravvivenza sono in gran parte contrassegnati da malattia e disabilità. Per secoli ci siamo occupati solo della salute degli uomini che portavano a casa il cibo e dovevano vivere più a lungo Siamo state vittime della sindrome del bikini e si studiavano solo gli organi del nostro apparato riproduttivo frequente ricorso al medico di medicina generale dipende spesso dal fatto che porta i problemi di tutta la famiglia...». Le variabili che determinano le malattie sono molte, oltre alla dif- ferenza sessuale. È possibile orientarsi in questa molteplicità di fatto- ri? «Sicuramente sì. L’epidemiologia ha proprio questa funzione: lo studio di molte variabili in ampie popolazioni seguite per molti anni (lavori longitudinali). Purtroppo in tali lavori le donne sono poco rappresentate e su questi lavori sono basate le linee guida che condu- cono il comportamento del medico e in base alle quali i medici si ri- trovano a rispondere davanti ai giudici».
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