donne chiesa mondo - n. 48 - luglio 2016
DONNE CHIESA MONDO 24 DONNE CHIESA MONDO 25 In Africa la maggior parte delle donne vive in contesti politici po- co o per nulla democratici, dove la disuguaglianza di genere si perde tra altri problemi più gravi. Le donne sono vittime di culture tribali che le relegano a un ruolo di secondo piano. Non hanno voce nelle loro comunità. Così come non possono ricevere eredità o avere una proprietà. In nome di tradizioni e credenze religiose ancestrali subi- scono la poligamia e sono sottoposte alla brutale mutilazione genita- le. E sono sempre loro a perdere il treno dell’educazione, della salute e della politica, e a diventare il bersaglio unico della violenza di ge- nere e dello stupro come arma di guerra, con tutte le conseguenze di orrore, malattie sessuali e gravidanze indesiderate. Ma questo quadro così duro e desolante non sarebbe completo se non venisse sottolineato anche che quelle stesse donne stanno lottan- do con tutte le loro forze per non essere più considerate vittime, per ottenere visibilità sociale, economica e giuridica, e recuperare il controllo del proprio corpo e della propria vita. «Le africane dicono “no” all’afro-pessimismo — scrive nel suo blog Nestor Nongo, sociologo e professore congolese residente in Spagna — e restaurano la speranza in tutto il continente. Cacciano dittatori, risollevano il proprio paese, influenzano le agende politiche, lottano per i diritti vano loro di starsene a casa. Ma quelle niente. Anzi, cominciarono a intensificare le riunioni e le marce, mentre la guerra continuava. Alla fine decisero uno sciopero matrimoniale, rifiutando rapporti sessuali con i mariti. Per mesi Leymah Gbowee incoraggiò le donne del suo paese a fare pressione sugli uomini perché ponessero fine alla guerra civile. E dopo tre mesi, le donne ottennero un incontro con Taylor obbligandolo a promettere che avrebbe avviato un dialogo con i gruppi ribelli in Ghana. La loro lotta riportò la pace nel paese spia- nando la strada verso l’elezione a presidente di Ellen Johnson Sirleaf. Dopo tredici anni di una sanguinosa guerra civile Leymah Gbowee fece un sogno Sognò di presiedere una riunione in una chiesa e d’iniziare a lottare per la pace nel suo paese. Al risveglio decise che era ora di farlo umani e si occupano delle persone abbandonate e degli orfani. E riconciliano la società, innovano e creano, dirigono imprese, e tutela- no l’ambiente». Ellen Johnson Sirleaf e Leuman Gbowee nel 2011 hanno ricevuto il premio Nobel per la pace per il ruolo decisivo svolto per porre fine alla guerra civile nel loro paese. Con loro, il riconoscimento è stato assegnato anche a una giovane yemenita, Ta- wakkul Karman, capo del gruppo Donne Giornaliste senza Catene creato nel 2005. Loro il merito di aver lottato con tutte le forze per i diritti delle donne, di aver difeso i diritti umani e di continuare a rappresentare l’anima femminile di un’Africa che aspira alla pace e alla giustizia. Tawakkul Karman, Leymah Gbowee e Ellen Johnson Sirleaf durante la cerimonia di assegnazione del Nobel per la pace (2011) Il nuovo capo dello Stato ereditò una Liberia annientata da una guerra civile lunga e crudele che aveva distrutto l’economia, il tessuto sociale e il futuro di una generazione di giovani: oltre 25.000 guerri- glieri smobilitati, ai quali il conflitto aveva rubato l’infanzia e l’edu- cazione. L’impegno di Johnson Sirleaf è stato quello di promuovere la riconciliazione, di gettare le basi per un paese in pace, di ripristi- nare l’autorità degli anziani, della legge e di lasciarsi alle spalle per- sonaggi tanto sinistri come Charles Taylor, ex guerrigliero ed ex pre- sidente liberiano giudicato dal tribunale dell’Aja per i suoi crimini nella vicina Sierra Leone. La Liberia è un esempio del lento ma inesorabile progresso delle donne in Africa e del ruolo decisivo che stanno avendo nella costru- zione di un continente più pacifico, equo e riconciliato. In quattordi- ci anni questo piccolo paese ha vissuto due guerre civili. La determi- nazione delle donne è stata così ferma che, quando il dialogo tra le diverse fazioni in guerra è entrato in una fase di stallo, hanno barri- cato la sala dove si tenevano i colloqui di pace, non permettendo agli uomini di uscire prima di aver raggiunto un accordo. Finalmente, nell’agosto del 2003, l’accordo fu firmato.
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