donne chiesa mondo - n. 47 - giugno 2016

DONNE CHIESA MONDO 32 DONNE CHIESA MONDO 33 suo dolore a Dio, il solo che non la fraintende. Di fronte al venir meno della vita, l’unica cosa che sente rimanerle è rifugiarsi nel grido della preghiera (vv. 9-10). Anna va al cuore della sua povertà, la accoglie senza subirla, senza attribuire ad altri la responsabilità della sua situazione, e rivela di nu- trire speranze e desideri che, essendo impossibili, domandano l’inter- vento del Signore. Non si accontenta, non cerca soluzioni intermedie per risolvere il suo problema (come aveva fatto Sara con Agar). Apre il suo sguardo e il suo cuore, lasciando che il suo desiderio di fecon- dità, di futuro, di senso si esprima e lascia che questo desiderio sia saziato da un Dio che ricolma al di là di ogni attesa. Anna si reca perciò al tempio, dove non solo chiede un figlio, ma fa il voto di consacrarlo al Signore. Volge uno sguardo e cerca una soluzione fuori della sua famiglia, domanda un figlio che le consenti- rebbe di assumere un ruolo sociale differente, di avere un potere fi- nora non goduto, ma non tiene per sé il dono. Proprio questa deci- stra né affetto né generosità: nei suoi confronti si mostra giusto (asse- gna le porzioni del sacrificio dovute a lei e ai figli), ma la sua vera benevolenza è rivolta alla sterile alla quale dona una parte speciale (vv. 4-5). A una prima lettura Anna sembra solo una vittima, ma il narratore delinea la condizione triste anche di Peninnà, utile solo perché feconda, ma priva di un reale valore agli occhi del marito; la gelosia e la mortificazione di cui fa oggetto Anna sono le modalità con cui reagisce, proiettando sulla rivale la situazione che lei stessa patisce. Anna invece sceglie una strada differente e non risponde alle offe- se, pur provando una grande afflizione interiore che la conduce a non mangiare più (v. 6). Reagire agli insulti, o rinfacciare alla rivale di non essere amata avrebbe innescato una catena di male; così, non mette in atto nessun gesto di violenza in risposta all’umiliazione e al disprezzo, non si mette in competizione, distinguendosi in questo da Sara e Rachele. La donna invece sceglie di fermare l’offesa su di sé, di “patirla”, pur di non reduplicarla facendo crescere il dolore senza trovare una autentica soluzione. La stessa modalità Anna la assume nei confronti di Elkanà, che prova a consolare la moglie amata con parole che rivelano quanto egli sia cieco davanti a una situazione che lui stesso ha contribuito a creare, e come non riesca a comprendere la sofferenza di una moglie che pure ama, trasformando il suo dolore in qualcosa che riguarda lui stesso (v. 8). Anna sembra chiudersi nel suo dispiacere, in una forma di debo- lezza, ma la rinuncia a reagire si trasforma nella sua forza. Sceglie, infatti, di parlare e di rivolgere il suo lamento, la sua amarezza e il L’autrice Anna prega per un figlio (1250 circa, miniatura della Bibbia di Maciejowski foglio 19) Suor Grazia Papola fa parte delle suore orsoline di San Carlo. È biblista e insegna Pentateuco presso l’Istituto superiore di scienze religiose e lo Studio teologico di Verona. Vive a Desenzano del Garda. sione avrà implicazioni decisive non solo per lei, ma per tutto il suo popolo: il bambino che nascerà diven- terà la speranza di Israele in un’epoca di grande con- fusione e incertezza politica e sociale, restituirà a Israele la parola del Signore, sarà il profeta che unge- rà re Saul e poi Davide. La modalità che Anna sce- glie, le parole che dice, lo sguardo che rivolge alla realtà assumono tonalità profetiche: nella sua storia convoca il Signore e lo vede presente nelle vicende aperte al futuro. La sua preghiera, infatti, che pure nasce da un cuo- re amareggiato ed è accompagnata da molte lacrime, è formulata con grande lucidità: «Signore degli eserciti, se vorrai considerare la miseria della tua schiava e ri- cordarti di me, se non dimenticherai la tua schiava e darai alla tua schiava un figlio maschio, io lo offrirò al Signore per tutti i giorni della sua vita e il rasoio non passerà sul suo capo» (v. 11). La preghiera è una supplica che invoca il «Signore degli eserciti», un titolo che celebra l’agire vittorioso di Dio in quanto si schiera con la sua fedele che di sé dice di essere una serva, un appellativo evoca- tore di adorazione e di confessione della grandezza divina, allusivo del rapporto di dipendenza che Anna riconosce per sé. La richieden- te domanda che Dio si ricordi di lei, guardi alla sua situazione infeli- ce e le dia un figlio maschio. È a questo punto che la donna promet- te di donare a sua volta il bambino che le sarà concesso. Le sue paro-

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