donne chiesa mondo - n. 46 - maggio 2016
DONNE CHIESA MONDO 22 DONNE CHIESA MONDO 23 L A TESTIMONIANZA Ti muovi. Sussulti. Guizzi. E mi dimostri, ancora una volta, che la Parola è capace di parlare, ogni volta in modo diverso, all’io che siamo in quel preciso momento della vita. Femmine, maschi, bambini o anziani, fragili, forti, credenti, scettici, malati. È domenica 20 dicembre, ascoltiamo seduti sulla panca della nostra chiesa — io che fatico a stare in piedi questa mattina, tu che hai ormai 6 mesi e sei esattamente al punto in cui era Lui. È un vangelo che conosco, e non perché io sia Penso a Lei che si è messa in cammino per raggiungere Elisabetta. Come stava? Con chi era? Quanto fiato le è stato necessario? Ha avuto paura? Cosa avrà detto al suo piccolo mentre procedevano? Solo un narratore uomo e non padre può sorvolare su aspetti così decisivi. Eppure anche io, prima, non ci avevo pensato. Mi ero soffermata sulla danza, a fine percorso, tra Maria ed Elisabetta: ma la scena, mi accorgo ora, è molto più ricca. Perché tra quelle braccia che si stringono, ci sono anche Gesù e Giovanni, prima che divengano il Gesù e il Giovanni che conosciamo. I primi mesi non v’era corrispondenza tra la gioia di saperti con noi, e il mio corpo che soffriva. Speravo di star meglio, ma comunque ero grata perché c’eri, anche se ancora non ti sentivo. Poi sei cresciuto e ti sei fatto conoscere: sono mesi ormai che la mia pancia è attraversata da onde meravigliose; che passa dall’essere bozzoluta come un dromedario ad assumere la forma di un Bacio perugina. A volte fai le bolle (butti i bacini, dico ai nipoti euforici per il cugino in arrivo), come Gesù all’udire le parole di Elisabetta sussulti quando, tornando, tuo padre ti saluta; mi domando quante mani, quanti piedi tu abbia considerando il caos che crei. Mi piacerebbe chiederti, un giorno, cosa provavi quando sussultavi, quando mi parlavi con i tuoi movimenti, quando cercavi di farti conoscere da noi, quando hai riconosciuto il tuo Gesù, quando hai partecipato alla gioia di Maria ed Elisabetta. Nessuno ricorda, dopo: lo so. E allora la mia memoria sarà la nostra memoria; la mia voce sarà la nostra voce. Questo mi dice oggi la visitazione. Questo dice a entrambi, piccolo mio. particolarmente esperta di scrittura, ma perché è un passo importante: due donne incinte si incontrano e si riconoscono, una bellissima pagina di amicizia al femminile che spicca in una storia dell’umanità che sulla vicinanza profonda tra donne medita poco, perché ci crede poco. Oggi, però, ci sei tu e il mio ascolto si fa nuovo. Oggi la visitazione non parla più a me, ma parla a noi. Il racconto non è più vero o meno autentico (resto convinta che la maternità non coincida con l’essere donna; ne è una possibile declinazione, ma non la esaurisce), è solo diverso. Come tutto è diverso ora. Il mio corpo che cambia perché cambia il tuo; il mio passo costretto a rallentare, perché starti dietro non è così facile, piccolo mio. Sulla panca della nostra chiesa di G IULIA G ALEOTTI Due maternità straordinarie F OCUS di A NTONELLA L UMINI I l racconto della visitazione ( Luca , 1, 39-45), spesso assunto a modello d’incontro fecondo fra donne, fa comprendere quanto il reciproco ri- conoscimento aiuti a discernere e a custodire i segni della trasforma- zione che investono la storia. Maria ed Elisabetta, entrambe portatri- ci di un mistero che chiede di essere accolto e protetto per venire alla luce, nel riconoscersi vicendevolmente si sostengono e si fortificano. Attraverso le loro azioni coraggiose, ma silenziose, si realizzano le promesse profetiche. La prima creazione e la nuova si intersecano fa- cendo capire di far parte di un unico disegno. Elisabetta, la donna anziana e sterile che diviene madre per grazia oltre ogni possibilità, appare figura dell’umanità stanca e inaridita, il cui frutto, ormai inatteso, scaturisce come distillato dalla spremitura finale costituendo il germe vivo sul quale il nuovo potrà impiantarsi. Maria invece esprime il risveglio dell’innocenza originaria rimasta in- contaminata fin dal principio e preservata nell’intimo dell’umanità. Il saluto dell’arcangelo Gabriele, il forte di Dio, alla «piena di grazia»,
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