donne chiesa mondo - n. 46 - maggio 2016
DONNE CHIESA MONDO 18 DONNE CHIESA MONDO 19 gnata alla bellezza di un mondo che si apriva al futuro, per lei che, ormai, era avanzata negli anni. Il nome di quel figlio è ciò che Dio ha fatto in lei di assolutamente nuovo, vitale e bello e non si tocca! Ma i parenti insistono e non la prendono neppure in considerazio- ne. Non si può mettere un nome che non esiste nella sua parentela. Si deve chiamare Zaccaria, si deve dare il nome della Memoria, che garantisca il passato, che conservi la tradizione. Si deve trasmettere il nome del padre e tutto ciò che egli rappresenta. Ma Elisabetta dice no proprio a quello che il nome Zaccaria definisce: un sacerdozio in- capace di accogliere la novità del dono di Dio. Incapace di udire la voce attuale che viene dal Cielo e che risponde alla terra. Incapace di dare una parola a chi aspetta fuori dalle Sacre Stanze del Tempio. Un nome diventato non solo inefficace, ma addirittura un impedi- mento, una resistenza, un ostacolo, al passaggio di Dio. Elisabetta dice no. Ma i parenti, i conservatori delle tradizioni reli- giose, continuano a ignorarla. Il nome deve darlo il padre. Quello è il suo primogenito. Il nome deve rispondere a una logica di diritto e di proprietà, in cui chi conta è il padre. Il nome deve tutelare il tra- dizionale rapporto con Dio di tutta Israele. Ma Elisabetta dice no! Andando oltre la tradizione religiosa chiusa del conservatorismo giudaico e aprendo verso una nuova logica e una nuova luce, che è quella universale di Maria e di Gesù. come se l’iniziativa fosse dei vicini e dei parenti e non dei genitori. Come se quella circoncisione fosse dovuta alla tradizione religiosa, ai legami di sangue, più che a una decisione vera e propria. Protagoni- sta è, insomma, la famiglia religiosa, sono i Giudei della città di Eli- sabetta. I figli maschi venivano circoncisi secondo la tradizione che risale ad Abramo: «Quando avrà otto giorni, sarà circonciso tra voi ogni maschio di generazione in generazione, sia quello nato in casa, sia quello com- prato con denaro da qualunque straniero che non sia della tua stirpe (...) Il maschio non circonciso, di cui cioè non sarà stata circoncisa la carne del prepuzio, sia eliminato dal suo popolo: ha violato la mia alleanza» ( Genesi , 17, 12.14). Questo rito rendeva, pertanto, figli di Abramo a tutti gli effetti, cioè eredi della promessa che Dio aveva fatto al patriarca ed ai suoi discendenti, il popolo dell’Alleanza. Oltre a farsi presenti per celebrare il rito, congiunti e conoscenti propongono il nome da dare al bambino. Usualmente questo veniva imposto a un figlio il giorno della nascita, ma nel giudaismo più re- cente si era andata affermando la consuetudine di farlo in questo giorno. Per molte donne dare il nome ad un figlio significava ricor- dare il momento — spesso sofferto — della sua nascita. Così era stato per Anna che aveva chiamato il figlio Samuele, perché il Signore aveva udito il suo lamento ( 1 Samuele , 1, 20) ed an- che per le matriarche di Israele: Lia che chiamò il suo primogenito Ruben, perché disse: «Il Signore ha visto la mia umiliazione, ora cer- to mio marito mi amerà» ( Genesi , 29, 32); Rachele che chiamò il suo primo figlio Giuseppe auspicando: «Il Signore mi aggiunga un altro figlio» ( Genesi , 30, 24). Quando sono le madri a dare nome al figlio è perché vogliono se- gnata in lui una gioia insperata, un riscatto dalla propria umiliazione, un marchio a fuoco della misericordia di Dio. Così è anche per Elisabetta che, quando i parenti decidono di chiamare quel figlio «Zaccaria», si impone con forza: «No! Si chia- merà Giovanni!». Così si chiamerà, perché quel nome è scritto nelle sue viscere di madre: il dono di Dio. Così si chiamerà perché quel fi- glio è venuto dalla promessa di Dio e non dalla virilità della stirpe di Levi. Questa è la verità! Lei ne ha respirato ogni letizia, ogni sorpre- sa, ogni insperata gratuità. Era arrivato come pura gioia quando lei da anni l’aveva bramata. Quell’arrivo così repentino l’aveva fatta ri- fiorire alla vita, le aveva ridato dignità davanti a tutti, l’aveva riconse- Pontormo, «Visitazione» (1528-1530) A pagina 16: Bill Viola, videoinstallazione ispirata al dipinto di Jacopo Pontormo A pagina 21: pittura del 1500 per la chiesa di Kremsmünster in Austria delle politiche sanitarie proprio nei Paesi dove si registra il 95 per cento della mortalità infantile. In tutto il mondo sono oltre 180 i Paesi che garantiscono un permesso retribuito per le neomamme. La Cortina di ferro Le donne continuano a essere discriminate nelle Regole d’Ampezzo, l’istituto di proprietà collettive tradizionali nella zona di Cortina. Un tentativo di equiparare i diritti dei figli maschi e delle figlie femmine si è recentemente arenato contro l’opposizione di una minoranza che ha ritenuto di non modificare il laudo, lo statuto interno dell’istituzione. Permane dunque l’esclusione delle donne dall’equiparazione dei diritti. In realtà, se un capofamiglia ha soltanto figlie femmine, trasmette loro i diritti, che comunque vengono perduti nel caso di matrimonio con un forestiero. Però, se c’è anche un solo figlio maschio, questo riceve ogni beneficio.
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