donne chiesa mondo - n. 41 - dicembre 2015

donne chiesa mondo dicembre 2015 Attorno alla famiglia la risposta gioiosa e piena alla vocazione coniugale e familiare, sostiene le giovani coppie nei primi anni di matrimonio, si prende particolare cura di coloro che vivono la dolorosa esperienza del fallimento, li aiuta a sentire la parrocchia come casa propria e luogo di missione. Le istituzioni pubbliche dovranno occuparsi di più della famiglia, il che significa: sviluppare politiche di sostegno e di superamento della precarietà economica di molte di esse, favorire il loro accesso all’educazione, alla vita culturale e alla vita sociale attiva. In un sistema economico che tende a scartare anziché includere, coloro che maggiormente ne soffrono sono i giovani che non trovano lavoro e i bambini, vittime innocenti, resi veri e propri orfani sociali, e segnati dolorosamente per tutta la vita. C LAUDIA M ANCINA — Non condivido l’idea che la famiglia sia moribonda, assediata da un mondo senza più valori, da un egoismo che nega ogni legame. O schiacciata da politiche rivolte solo ai diritti individuali, dal divorzio, dall’aborto, dalla libertà sessuale. Se ci guardiamo intorno, il paesaggio sociale che abitiamo non sembra confermare queste diagnosi catastrofiste. Famiglie si formano, si sciolgono e si riformano incessantemente. Checché se ne dica, la grandissima maggioranza dei bambini cresce in famiglia, in relazione non solo con uno o due genitori, ma anche con nonni, zii e cugini. Certo, la famiglia di oggi è molto cambiata rispetto a un paio di generazioni fa. Più spesso di prima, a causa di separazione o per scelta di vita, il genitore è uno solo (ma non dobbiamo sottovalutare l’effetto, nel passato, di fenomeni come la morte in guerra e l’emigrazione). Questo non basta tuttavia per dichiarare la fine della famiglia. Se si guarda alla lunghissima vicenda della famiglia, che è una delle istituzioni più antiche e più durevoli della storia umana, salta agli occhi infatti che questa storia è caratterizzata da profonde trasformazioni, che hanno coinvolto non solo le sue funzioni e la sua struttura, ma anche le relazioni personali tra i suoi membri, e dunque anche l’immagine complessiva della famiglia che tutti noi ci portiamo dentro. Non c’è dubbio: la famiglia tradizionale è sempre più residuale perché ha subito l’effetto di fenomeni sociali di grande rilevanza, come l’emancipazione delle donne e il loro ingresso pieno nella vita pubblica e nel lavoro; la nascita di un mondo giovanile autonomo, con suoi codici culturali e suoi legami di gruppo. E più di recente lo sviluppo delle nuove tecnologie della comunicazione, strumento potentissimo di relazioni orizzontali tra gli individui. Dobbiamo quindi partire per la nostra riflessione dalla consapevolezza che la straordinaria capacità di durata della famiglia fa tutt’uno con la sua capacità di trasformarsi. La famiglia attuale è dunque il risultato di una evoluzione strettamente connessa all’evoluzione dei rapporti sociali e dei diritti individuali; può quindi cambiare ancora, come di fatto sta avvenendo; e la legge necessariamente interviene a regolare questo mutamento. Oggi è in corso una grande trasformazione legata al cambiamento del ruolo della donna, cambiamento che è in atto non solo nei Paesi occidentali. Un altro grande cambiamento è l’allungamento della vita umana, per cui la famiglia non dura più tutta la vita. Sono contraria poi a usare il concetto di individualismo in un’accezione puramente negativa: l’individualismo non è contro la famiglia, non mette la famiglia in secondo piano. Il problema veramente grave è il narcisismo. L’individualismo garantisce a ogni persona dignità e diritti, e ha fatto della famiglia una rete di rapporti affettivi e non di rapporti di potere. Mi sembra che si possa parlare di crisi solo dal punto di vista economico, per la mancanza di welfare, che costringe la famiglia a mille fatiche per supplire alle carenze dell’assistenza pubblica. E NZO B IANCHI — Sono critico nei confronti dell’enfasi con la quale il tema della famiglia è sovente considerato e riletto nello spazio cattolico, a cominciare dalle parole che si usano. C’è un problema di etica del linguaggio: Mancina ci ha dato una lettura convincente della trasformazione in atto nella famiglia; non userei però la parola “individualismo”, bensì “soggettivismo”, perché “individualismo” è un termine peggiorativo, che designa una patologia dell’individuo isolato, il quale riconosce solo se stesso. Dalla mia esperienza, che si fonda sull’ascolto di tante persone che vengono a Bose e ci chiedono discernimento e consolazione per i loro drammi familiari, la crisi della famiglia si presenta soprattutto sotto due aspetti: il primo riguarda il vissuto della famiglia, nel quale si registrano gravi difficoltà a continuare la relazione nella fedeltà e nell’amore reciproco; il secondo riguarda invece chi deve intraprendere una storia d’amore. In questo caso, ma in parte anche nel primo, ciò che oggi appare un ostacolo è la crisi di fede-fiducia nella possibilità di una relazione salda nella fedeltà, nell’autenticità dei sentimenti e dell’alleanza nuziale. Il matrimonio è una “storia” d’amore che richiede fede-fiducia, per questo i due partner all’inizio si chiamano “fidanzati”, cioè persone che mettono fede-fiducia nell’altro in vista dell’alleanza, e il segno del legame nuziale, l’anello, si chiama “fede”. Oggi il cammino matrimoniale è minacciato da una mancanza di questa fede-fiducia nell’amore, nella vita, nel futuro. Non è un caso che Julia Kristeva chieda un comune impegno a credenti e non credenti in nome dell’«incredibile bisogno di credere», per poter vivere un’autentica umanizzazione personale e sociale. S CARAFFIA — Cosa può fare la Chiesa di fronte a queste crisi? B IANCHI — Alla Chiesa è chiesto, oggi più che mai, una cosa semplice ma decisiva: insegni la vita cristiana, insegni a pensare, a farsi domande. Non bastano i corsi pre- matrimoniali, perché il problema è educativo: quello che manca nelle nuove generazioni è una grammatica umana. Chi educa, dunque, può fare molto, ha un terreno ampio su cui poter operare. M ANCINA — Sono d’accordo su questa necessità di una vita interiore, anche la famiglia dovrebbe contribuire alla sua costruzione. Oggi manca attenzione al ruolo educativo, spesso si rinuncia prima ancora di iniziare. B ALDISSERI — Stiamo vivendo un momento di grande cambiamento, ed è necessario che una consapevolezza critica non si sviluppi solo nei giovani. Nelle stagioni della vita si succedono tipi diversi di crisi, che possiamo dire anche tentazioni o occasioni di discernimento. Una prima crisi è tra uomo e donna, in attesa di un figlio; poi, la crisi del “settimo” anno, in cui emerge la routine e la caduta di interesse sessuale; poi la crisi dei venti-venticinque anni tanti e tanti sposi che realizzano in pieno il loro matrimonio. Che fare dinanzi a questo movimento e alternanze di crisi e di prospettive? Gli uomini e le donne di Chiesa, che condividono anche queste esperienze come attori nelle famiglie, si devono mettere nei panni di queste persone, per annunciare loro Gesù, uomo e Dio. In questo confronto, che accompagna le varie esperienze, la Chiesa trova se stessa, magari si sporca — come dice Papa Francesco — ma si inserisce nella vita delle persone, vive le speranze e le sofferenze, s’immedesima nelle loro esistenze concrete. Queste esperienze maturano in seno alla vita parrocchiale, s’inseriscono nella parrocchia, perché è lì che la gente si trova e cresce. S CARAFFIA — Quale rapporto fra la cosiddetta famiglia naturale e il matrimonio cristiano? M ANCINA — Il concetto di famiglia naturale è molto diffuso, e svolge una pesante funzione normativa: tutto ciò che non si identifica con questo modello diventa disordine. Aspettiamo dalla Chiesa passi in avanti in questa direzione, superando quello che potremmo chiamare un eccesso di cautela. Come in passato, quando la Chiesa ha saputo cogliere il segno dei tempi. B IANCHI — Ritorno al tema del linguaggio: occorre molta cautela prima di associare il termine “natura” alla realtà della famiglia e del matrimonio, connotato come monogamico e aperto alla procreazione. Le ricerche storiche e antropologiche, infatti, mostrano l’esistenza di varie forme di famiglia nel cammino di umanizzazione, nelle diverse aree culturali. È la rivelazione cristiana che ha fatto un annuncio del matrimonio come alleanza monogamica e indissolubile. Non si dimentichi che nell’Antico Testamento i patriarchi stessi hanno vissuto forme diverse di nozze e di famiglia. Non dobbiamo temere la singolarità della rivelazione cristiana! S CARAFFIA — Si insiste molto sull’emergere di un modello di individuo che contrappone le sue esigenze di libertà a quelle del bene comune dell’istituzione famiglia. Ma si trascura che dentro a questo modello generale il problema vero è quello dell’emancipazione della donna: era la donna che rinunciava ad una vita propria per la famiglia, e che oggi si rifiuta di farlo. La Chiesa su questo punto non si è espressa, come al solito, i problemi delle donne non interessano, non si vedono neppure. Perché? M ANCINA — Si dà un’accezione negativa al termine individualismo, se ne fa un obiettivo polemico, per colpire la donna che è diventata un soggetto autonomo, e perciò è sospettata di anteporre i propri interessi a quelli della famiglia. E si dimentica che la donna non abbandona la famiglia, ma cerca di conciliare le diverse esigenze, assumendo su di sé il peso di questa fatica. E anche che la donna spesso lavora per necessità, per mantenere la famiglia. B ALDISSERI — Nel mondo di oggi, la donna è particolarmente coinvolta nella crisi della famiglia. I suoi talenti e le sue qualità sono stati valutati e messi in evidenza dalle nuove realtà che si sono costituite nel mondo attuale: una forma di rivoluzione nell’ambito post-moderno, che non ha precedenti e che ha prodotto degli effetti estremamente positivi. Allo stesso tempo si è impoverita di altri aspetti tradizionali, come quelli del ruolo di madre centro e cuore della famiglia, perché ha dovuto naturalmente dare spazio alla parte sociale, con il rischio, in alcuni casi, anche di perdere la sua identità. E con il riflesso che l’uomo stesso, chiamato a condividere il ruolo familiare, si è trovato a essere un partner talvolta di aiuto, talvolta dipendente. Questo fenomeno naturalmente è circostanziato, avviene in modo differente nelle varie regioni del mondo, però è progressivo, si verifica in forma esponenziale anche grazie ai mezzi di comunicazione di oggi. La donna è oggi maggiormente esposta e le si chiede molto di un elemento rilevante nella famiglia e nella società. Allo stesso tempo è la donna che viene sovraccaricata. La Chiesa deve attivare una pastorale adatta a sostenere la persona e allo stesso tempo la famiglia che, per queste cause, di fatto sperimenta l’assenza e una maggiore fragilità. È da dire inoltre che oggi la donna sperimenta difficoltà che possono giungere a forme di discriminazione. La maternità anziché dono è talvolta considerata un ostacolo alla propria realizzazione; per altri versi, la sterilità costituisce un motivo di sofferenza e persino una condizione sociale di emarginazione. La violenza contro le donne e il loro sfruttamento sono sintomi di una società malata che s’impoverisce e si svalorizza, riducendo la donna a semplice oggetto. La lotta intrapresa dalle donne per rivendicare i propri diritti non sempre ha portato i frutti sperati: in alcuni contesti ancora rimane ai margini della società e soffre di ingiuste discriminazioni. B IANCHI — Il tema delle donne nella famiglia non è stato sufficientemente preso in considerazione da parte della Chiesa. C’è ancora una grande incomprensione della donna, a volte addirittura una paura nei suoi confronti, oppure se ne coltiva una visione romantica. Manca un linguaggio adeguato per definire la donna e darle la stessa dignità e soggettività che competono a ogni essere umano. Confesso che non attendo a breve termine una svolta significativa al riguardo, ma solo una ripetizione di auspici astratti e idealizzati. Ma si ricordi che le donne attendono con urgenza risposte dalla Chiesa tutta. In senso orario: la tavola rotonda, il cardinale Baldisseri, Claudia Mancina ed Enzo Bianchi il partner non ha più nulla da offrire: nuove esperienze. A sessant’anni, al momento della pensione, i due coniugi sono nonni, ma al tempo stesso cominciano a viaggiare, diventano grandi escursionisti, se la salute lo permette: gli incontri si moltiplicano fuori dall’ambito familiare, nascono nuovi amori. A settanta anni si sentono stanchi, spesso non ne possono più l’uno dell’altro, non si sopportano: la signora oltraggia il marito, il marito diventa un ragazzino nelle mani di una donna che diventa madre anziché sposa. Questo panorama ovviamente, pur realista, non intacca per niente la bella esperienza di alla crisi della famiglia di oggi? La pastorale si fa carico della formazione dei giovani, li accompagna verso di nozze, quando i figli escono di casa; quindi a quarant’anni la nuova primavera della vita; a cinquant’anni, più rispetto al passato. Anche nelle regioni in cui la donna conserva il suo ruolo tradizionale, si aprono orizzonti in cui essa costituisce Kongo e Silvina Pérez di «donne chiesa mondo», il teologo don Maurizio Gronchi e, per la prima parte dell’incontro, il direttore dell’Osservatore Romano. L UCETTA S CARAFFIA — Il nostro dibattito su Chiesa e famiglia in chiusura delle undici pagine che, come «donne chiesa mondo», abbiamo dedicato a questo tema, non può certo prescindere dal confronto che si è svolto nel corso del sinodo, terminato da poche settimane. Proprio per questo rivolgiamo la nostra prima domanda al segretario generale del Sinodo dei vescovi. Se la famiglia è in crisi quasi ovunque, diverse sono le ragioni a cui si deve addebitare questa situazione. Quali sono le cause più ricorrenti che spiegano questa situazione? L ORENZO B ALDISSERI — Ciò che ha spinto il Papa ad affrontare il tema della famiglia, impegnando la Chiesa intera per due anni, è ben espresso con il termine “sfide”, che si trova nel primo documento del percorso sinodale. Le risposte al questionario distribuito in tutte le diocesi hanno evidenziato i fattori di crisi e la necessità di un’adeguata pastorale familiare. In questo contesto, l’aspetto religioso, in diminuzione costante in alcuni Paesi, accusa gli effetti di un individualismo esasperato che, tra l’altro, indebolisce la famiglia, mentre in altre regioni la dimensione religiosa può assumere contorni di estremismo e fanatismo, altrettanto minacciosi nei confronti della famiglia. Il cambiamento antropologico, insieme a fattori positivi quali ad esempio la rinnovata attenzione alla dignità della persona in tutte le sue componenti, comporta anche notevoli rischi, come quello di un acuto soggettivismo che alimenta dinamiche conflittuali e violente in famiglia. Qual è la risposta della Chiesa A lla tavola rotonda sulla famiglia, coordinata da Lucetta Scaraffia il 16 novembre nella sede dell’Osservatore Romano, partecipano il segretario generale del Sinodo dei vescovi, cardinale Lorenzo Baldisseri, il priore di Bose Enzo Bianchi, la docente di filosofia alla Sapienza Claudia Mancina; presenti suor Catherine Aubin, Giulia Galeotti, suor Rita Mboshu

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