donne chiesa mondo - n. 23 - maggio 2014

donne chiesa mondo women church world mujeres iglesia mundo femmes église monde donne Il dibattito sul velo in Francia Accogliere o rifiutare i segni religiosi? di A NNE -B ÉNÉDICTE H OFFNER P erché il velo fa tanto discutere in Francia? Porre la domanda in questi termini è già un modo di evidenziare una delle sue ambiguità: si tratta del velo in generale (compreso quello indossato da al- cune religiose cattoliche) o del velo musulmano? In realtà, sebbene in Francia, dalla legge del 1905 che separa le Chiese dallo Stato, ci siano sempre stati dei ferventi oppositori all’uso della tonaca in strada, ci sono pure — ed è un bene — dei sostenitori di una laicità più aperta. Nel corso degli anni si è riusciti a trovare un equilibrio, come testimoniano le scuole private cattoliche “sotto contratto con lo Stato”, i ser- vizi di cappellania nelle carceri, gli ospedali e così via. Alla fine degli anni Novanta, è stato dunque il velo islamico a rilanciare il dibattito e a condurre alle tensioni attuali attorno ai segni religiosi. Per comprenderli si possono osservare due partico- larità francesi. Da quando, nel settembre del 1989, tre alunne di Creil (Oise) hanno deciso di andare a le- zione velate, nella società francese si è imposta l’idea secondo la quale le giovani e le donne musulmane che indossano il foulard islamico lo farebbero perché obbligate dal proprio padre o dal proprio marito e con un fine di proselitismo. Anche se loro stesse lo negano (con maggiori o minori argomentazioni) e sebbene i molteplici studi sociologici tendano a vede- re in questo ritorno di visibilità gli effetti di una ricer- ca identitaria di giovani che si scontrano con difficol- tà d’integrazione. Altri Paesi europei, che devono misurarsi con lo stesso problema, privilegiano l’accoglienza di queste giovani nella scuola, giustamente convinti che l’edu- cazione sia per loro indispensabile. La Francia, da parte sua, si rifiuta di cedere sui propri principi: in nome della libertà di coscienza (la loro e quella delle loro compagne), le giovani velate vengono molto spesso escluse dal loro istituto. Alla fine, la legge del 2004, che bandisce i segni religiosi ostentati a scuola, viene generalmente considerata come un “meglio”, poiché fissa un quadro relativamente preciso dei segni vietati e soprattutto fa del dialogo con lo studente una condizione preliminare alla sanzione. Se è vero che il testo non ha affatto regolato tutte le questioni legate all’espressione di convinzioni religiose nelle scuole, bisogna però riconoscere che da allora le esclusioni sono drasticamente diminuite. Un’altra particolarità francese: oltre alla neutralità dello Stato rispetto alle religioni, la nostra laicità pre- vede una stretta parità di trattamento nei loro riguar- di. Anche se il dibattito s’inasprisce regolarmente at- torno alle pratiche musulmane, una legge non farà mai riferimento all’islam. Così, la legge del 2004 proibisce «i segni religiosi ostentati» (comprese le croci «di dimensioni palese- mente eccessive») e quella del 2010 — che riguarda l’uso del niqab — vieta «l’occultamento del volto nel- lo spazio pubblico». In altre parole, tutte queste di- sposizioni che mirano — secondo i loro autori — a proteggere i musulmani (e in particolare le musulma- ne) da una visione troppo retrograda della loro reli- gione portano, alla fine, a restringere la libertà di reli- gione per tutti. Ma in Francia sono in pochi a preoc- cuparsene! Il recente licenziamento di un’impiegata velata dell’asilo collettivo Baby-Loup ha portato alla presentazione di almeno cinque proposte di legge che limitano l’uso di segni religiosi negli istituti che accol- gono la prima infanzia o chiaramente nelle altre im- prese private. I cattolici stessi, all’inizio molto aperti all’uso del velo musulmano, si sono pian piano irrigiditi, nella misura in cui progrediva una corrente fondamentali- sta (minoritaria) e si diversificavano le rivendicazioni dei musulmani riguardo alle loro pratiche nelle men- se, negli ospedali e così via. La difficoltà consiste, per l’insieme delle religioni e per quanti non si rassegnano a vederle relegate in una sfera privata sempre più limitata, nel ricordare allo Stato che sarebbe un vero peccato (e alla fine certa- mente controproducente) se il legittimo mantenimen- to dell’ordine pubblico — e dunque la lotta contro le ideologie radicali, persino quelle d’ispirazione religio- sa — portasse alla scomparsa di ogni espressione dei credi nello spazio pubblico. La figlia di san Pietro Giovanni Maria Vian racconta la santa del mese la sua serva dalla violenza, l’obbrobrio e la corruzione. Ecco perché la fanciulla si trova in tale stato» conclude l’apostolo. Il pretendente ricco si pente e morendo lascia in testamento alla ragazza un ter- reno: Pietro lo vende ma, senza tenere nulla per sé o per la figlia, distribuisce il ricavato ai poveri. Testo di origine gnostica, gli Atti di Pietro mostrano nell’episodio una conce- zione negativa, e di conseguenza una svalutazione radicale, del corpo, della dimensione sessuale e del matrimonio. Tendenza accentuata nell’allusione allo stesso episodio in un altro apocrifo gno- stico, gli Atti di Filippo , scritti in greco e risalenti all’inizio del IV secolo: «Pietro, il capo, perciò fuggiva da ogni luogo dove si trovava una donna. Di più fu scandalizzato a causa di sua figlia, che era molto bella. Pregò pertanto il Si- gnore e divenne paralitica sul fianco, in modo da non essere sedotta». Una correzione in senso ortodosso della leggenda gnostica si ha nel VI se- colo, quando nella Passione dei santi Ne- reo e Achilleo compare il nome di Petro- nilla (che richiama per assonanza quello di Pietro), risanata dal padre e poi pre- tesa in sposa dal pagano Flacco, ma che muore dopo tre giorni, evitando nozze non volute. Nella seconda metà del Duecento quest’ultima versione è inseri- ta ed enormemente diffusa dalla Legenda aurea del domenicano Iacopo da Varaz- ze: la paralisi viene però depotenziata in febbre, mentre la ragazza viene guarita perfettamente da Pietro, per poi sfuggi- re alla costrizione del matrimonio con la morte. Da qui l’iconografia, fino al di- pinto del Guercino. Figlia femmina che muore senza di- scendenza, in età tardoantica Petronilla sottolinea con la sua storia il rifiuto di qualsiasi pretesa dinastica nella succes- sione all’apostolo, proprio mentre severe disposizioni proibiscono la designazione del successore da parte del vescovo di Roma in carica. Nel frattempo la pre- senza della sepoltura di una Petronilla «figlia dolcissima» nel cimitero di Do- mitilla suggerisce l’identificazione con quella dell’apostolo e l’intitolazione di una basilica vicina. Inosservato sembra Giovanni Maria Vian (1952), docente di Filologia patristica alla Sapienza, ha studiato soprattutto il giudaismo e il cristianesimo antichi, la storia della tradizione cristiana, il papato contemporaneo. Dal 2007 è direttore dell’Osservatore Romano. Una messa davanti a enorme mosaico e un misterioso affresco Ecco ciò che resta dell’affascinante storia di Petronilla U na messa, un quadro e un misterioso affresco: ecco ciò che resta di Petronilla. Ogni anno il 31 maggio si celebra nella basilica vati- cana in onore della santa, nel giorno e all’altare dedicati alla memoria di lei, la figlia dell’apostolo Pietro, davanti alla grande riproduzione in mosaico della tela del Guercino che ne raffigura la se- poltura e la gloria. Ma la celebrazione e l’enorme dipinto seicentesco sono sol- tanto il punto di arrivo di una storia in- tricata e lunga quasi venti secoli. All’ini- zio vi sono l’accenno alla moglie di Ce- fa in una lettera autentica di Paolo ( 1 Corinzi , 9, 5) e un celebre episodio evan- gelico, quando cioè Gesù guarisce dalla febbre la suocera del primo degli apo- stoli ( Marco , 8, 14-15). A queste scarne notizie storiche si sovrappone più tardi, a metà del IV secolo, un dato altrettanto sicuro: l’immagine di una martire, Petro- nella, affrescata nella catacomba romana di Domitilla. Pietro dunque era sposato e, benché nei testi del Nuovo Testamento non vi sia allusione a una sua discendenza, nulla impedisce di pensare che l’abbia davvero avuta. Sua figlia entra invece apertamente in scena, pur senza nome, più tardi, nel frammento copto ( IV o V secolo) appartenente a un testo apocrifo greco, gli Atti di Pietro , scritti verso la fi- ne del II secolo. «Perché non hai soc- corso tua figlia, vergine, che è cresciuta bella e ha creduto nel nome del Signo- re? Vedi, ha un fianco completamente paralizzato e giace là in un angolo im- potente. Noi vediamo quelli che tu hai risanati mentre a tua figlia non hai pre- stato alcuna cura» dice la folla all’apo- stolo, quasi rimproverandolo. Da qui il racconto prende un anda- mento drammatico: per dimostrare che Dio può tutto, Pietro ottiene la guari- gione della fanciulla, ma solo per un momento, e subito dopo le ordina di tornare nello stato precedente. Di fronte poi ai pianti e alle implorazioni dei pre- senti, spiega che la figlia era rimasta pa- ralizzata proprio in seguito alle sue pre- ghiere, dopo essere stata rapita dal ric- chissimo Tolomeo, che la restituisce infi- ne ai genitori. «La portammo via, lo- dando il Signore che aveva risparmiato di santa Petronilla. E se la modernità sembra opporsi al legame con la Fran- cia, sono proprio i suoi ambasciatori presso la sede apostolica, da Chateau- briand ai rappresentanti della Repubbli- ca, senza distinzione, a tenerlo vivo, fi- no al ripristino a metà del Novecento della messa annuale. In onore di una ra- gazza misteriosa, ma di cui rimane con sicurezza la testimonianza cristiana sulle orme di Pietro. invece restare l’affresco che nella stessa catacomba raffigura una giovane cristia- na martire, Petronella, che introduce in paradiso un’altra donna, Veneranda. Passa il tempo, e a metà dell’ VIII se- colo, per sostenere simbolicamente l’al- leanza strategica con i sovrani franchi, il sarcofago di Petronilla viene trasferito presso la basilica fatta costruire da Co- stantino sul sepolcro dell’apostolo, in un piccolo mausoleo teodosiano che di- viene il luogo di culto dei nuovi protet- tori della sede romana. Così da allora alla figlia di san Pietro si accosta la «fi- glia primogenita della Chiesa». Sarà in- fatti un cardinale francese a pagare un giovanissimo scultore fiorentino, Miche- langelo Buonarroti, per una mirabile Pietà che viene collocata nell’antichissi- ma cappella, poi demolita. Ma la nuova basilica ospiterà, a destra dell’altare ber- niniano della Cattedra, quello in onore Veneranda e Petronilla (Catacombe di Domitilla, Roma)

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