donne chiesa mondo - n. 13 - giugno 2013

L’OSSERVATORE ROMANO giugno 2013 numero 13 Sua madre confrontava tutte queste cose nel suo cuore donne chiesa mondo Collaborare con gli uomini In questo numero c’è una novità: il disegno di copertina fatto per noi da Isabella Ducrot raffigura un volto maschile, quello di Óscar Romero, il vescovo ucciso mentre diceva messa a San Salvador il 24 marzo 1980 e del quale è in corso il processo di beatificazione. Il ritratto di Romero è un omaggio alle sue parole, che riporta per noi il presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, in onore della maternità, del ruolo delle donne come madri. Il nostro vuol essere un omaggio a chi considerava così alto il dono della vita da scrivere che la donna «con la semplicità del martirio materno, concepisce nel suo seno un figlio, lo dà alla luce, lo allatta, lo fa crescere e accudisce con affetto. È dare la vita. È martirio». Sono parole vicine a quelle che pronuncia spesso Papa Francesco nelle sue omelie quotidiane, con cui ricorda con simpatia e ammirazione le nonne e le mamme che trasmettono la vita e insieme la fede ai loro figli e nipoti. Certo, questa glorificazione del ruolo materno, oggi, è in controtendenza con la cultura dominante, che propone alle donne altri modelli: vamp che suscitano passioni erotiche, oppure supermanager in carriera, e considera il ruolo materno una gabbia mortificante. Ne siamo consapevoli, e ben felici, in questo, di andare controcorrente, rivendicando l’importanza e anche la felicità della maternità. Abbiamo scritto, fin dal primo numero, che eravamo aperte alla collaborazione maschile, a patto che gli uomini parlassero di donne: in questo numero sono ben tre gli autori di articoli di prima importanza, a prova di come la nostra apertura cominci a dare risultati fertili. Forse solo le donne che accettano profondamente il ruolo materno non hanno paura di confrontarsi e collaborare con gli uomini, dal momento che sono ben consapevoli della loro irriducibile differenza. ( l.s. ) La visionaria più ammirata della sua generazione Quanto la Chiesa e l’umanità devono all’economista cattolica Barbara Ward di F LAMINIA G IOVANELLI «L’umanità le deve molto, la Chiesa non meno» ha scritto padre Bernard Lambert su «L’Osservatore Romano» del 23 giu- gno 1981, ricordando la morte di una don- na di qualità eccezionali, Barbara Ward. La sua formazione fu non usuale: nata nel 1914 in una città dello Yorkshire, figlia di un avvocato quacchero e di una signora profondamente cattolica, Barbara Ward frequentò dapprima, in Inghilterra, una scuola di religiose poi, a Parigi, il Lycée Molière, quindi la Sorbona e poi un altro istituto universitario in Germania, a Jugenheim, per laurearsi nel 1935 a pieni voti a Oxford in Master Greats, cioè filo- sofia, economia e politica. Senza dubbio opportunità non comuni, assecondate da una mente particolarmente brillante, da un eloquio vivace a cui si ac- compagnava una memoria prodigiosa, che ne fece un’ammirata conferenziera. Era molto dotata per le lingue, ma anche per la musica — tanto che accarezzò, a un cer- to momento della sua giovinezza, perfino l'idea di diventare cantante d’opera. Doti che si accompagnavano — scrive sempre Lambert — a «una umanità infinita, la modestia e un sorriso meraviglioso». Ne abbiamo una prima dimostrazione quando, dopo avere conosciuto l’antisemi- tismo nella Germania nazista dove viveva come giovane studentessa universitaria, si impegnò nel movimento cattolico di op- posizione al nazismo, Sword of the Spirit, del quale fu segretaria. Profondamente religiosa, diede la prova più alta di spiritualità negli ultimi tempi della sua vita quando — separata dal mari- to e ammalata di un tumore contro il qua- le lottò per quindici anni, che le rendeva difficile alimentarsi — diceva che quello era il suo modo segreto di offrire la sua sofferenza per alleviare la miseria dei bam- bini che pativano la fame e la sete nel mondo . Pubblicò il primo libro a soli ventiquat- tro anni, The International Share-Out (“La ripartizione internazionale”), indicativo della sua visione dei rapporti politici in- ternazionali e dello sviluppo, una visione che influenzò fortemente il pensiero di al- cune generazioni. Fu proprio questo libro ad attirare su di lei l'attenzione del direttore dell’«Econo- mist», Crowther, il quale, nel 1938, le offrì di lavorare nel prestigioso settimanale, do- ve rimase fino al 1950, anno del suo matri- monio. Poco più che trentenne, nel 1947, Crowther le affidò un’inchiesta di caratte- re socio-economico negli Stati Uniti per capire what was on the US mind . Barbara Ward portò brillantemente a termine il la- voro, come c’era da aspettarsi, meritando il commento positivo del settimanale «Time» che scrisse: «Il direttore dell’Eco- nomist ha mandato, fiducioso, una ragaz- za a fare un lavoro da uomo». La sua for- mazione di economista la portò inoltre a una brillante carriera di docente di econo- mia politica nelle università americane di Harvard e Columbia di New York. Barbara Ward era attenta al futuro, da questo deriva la sua partecipazione ai pro- blemi ambientali fin dagli anni Settanta, che fece di lei, presidente dell’Internatio- nal Institute for Environment and Deve- lopment, la prima sostenitrice dello svilup- po sostenibile. Particolarmente significati- vo il fatto che, quando venne nominata presidente del suddetto Istituto, avesse cambiato la denominazione da Internatio- nal Institute for Environment Affairs in International Institute for Environment and Development, a dimostrare che lo studio dell’ambiente non poteva essere di- sgiunto da una riflessione sulla prosperità e la giustizia internazionale. Non solo, la sua lungimiranza arrivava a prevedere fin d’allora l’importanza — che è andata crescendo negli anni — della partecipazione della società, specialmente nei confronti delle questioni ambientali. In uno dei suoi libri più celebri, commis- sionato dal Segretario generale della Con- ferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente, scritto con lo scienziato René Dubos, si legge: «Poiché una politica dell’ambiente umano richiede sia un giudizio di caratte- re sociale sia una conoscenza scientifica specialistica, i profani intelligenti e infor- mati possono spesso contribuire alla sua formazione quanto gli esperti. In certi ca- si, anzi, possono essere giudici più sagaci perché la loro visione generale della com- plessità dei problemi umani non è defor- mata da quella sorta di campanilismo che si accompagna di frequente alle specializ- zazioni tecniche». I diritti d’autore di quel libro, Una sola terra. Cura e mantenimento di un piccolo pianeta — un best seller all’epoca — anda- rono a un fondo fiduciario per l’educazio- ne ambientale, da spendersi secondo le fi- nalità della Conferenza delle Nazioni Uni- te sull’ambiente umano. Barbara Ward partecipò, con un ruolo di primo piano, a tutte le maggiori conferenze dell’Onu del suo tempo: Stoccolma sull’ambiente (1972), Bucarest sulla popolazione (1974), Roma sull'alimentazione, Città del Messi- co sulla donna (1975), Vancouver sull'habi- tat (1976). Considerata uno dei più importanti esperti internazionali del Novecento, fu definita, dal settimanale «Time» in tempi abbastanza recenti, «uno dei maggiori e influenti visionary del XX secolo». Oltre cinquant’anni fa Barbara Ward sosteneva che un sistema economico mon- diale al quale partecipano tutte le nazioni ha bisogno di istituzioni globali, per mo- derare le dimensioni internazionali dell’ineguaglianza e dello sfruttamento e faceva notare che, avendo le grandi poten- ze in competizione fra di loro creato un solo sistema economico mondiale, le inter- dipendenze non potevano essere ignorate. Molti elementi di questa visione dello sviluppo e dell'assetto internazionale si ri- trovano in un prezioso li- bro di piccole dimensioni intitolato The Angry Seven- ties scritto e pubblicato nel 1971 su richiesta della Pon- tificia Commissione Iustitia et Pax, organismo del qua- le fu membro per quasi un decennio. Barbara Ward fu una delle prime donne a svolgere un ruolo di primo piano nella Chiesa, in particolare nella creazione e nell'avvio di quello che è oggi il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, il dicastero della Curia romana voluto dai padri conciliari. Durante il concilio Vati- cano II Barbara Ward faceva parte di un piccolo gruppo di esperti sui problemi del mondo (i “cospiratori”) provenienti da un comune background di esperienze eccle- siali e di impegno contro la povertà che cercarono, con successo, di inserire nel do- cumento sulla Chiesa nel mondo contem- poraneo anche il tema dello sviluppo umano. James Norris, amico personale di Paolo VI e di Madre Teresa, che faceva parte di questo gruppo, intervenne in aula sulla base di un celebre memorandum redatto da Barbara Ward nel 1963 e fatto poi cir- colare durante la terza sessione intitolato World Poverty and the Christian Conscience , che metteva l’accento sull’enorme divario fra paesi ricchi e poveri. Per affrontare questo problema, secondo Barbara Ward, era indispensabile la collaborazione ecu- menica, proposta che Paolo VI accolse quando diede alla Pontificia Commissione Iustitia et Pax il suo statuto definitivo. All’indomani dell’istituzione della com- missione, Barbara Ward ne fu nominata membro da Paolo VI e tale rimase fino alla fine della vita nel 1981. Durante questo periodo, sempre dietro richiesta della Commissione, scrisse un breve volume in- titolato Towards a New Creation? in prepa- razione della Conferenza dell’Onu sull’ambiente. Papa Montini la nominò anche consul- tore laico aggiunto al segretario speciale del Sinodo dei vescovi del 1971, dedicato al tema della giustizia. Anche lì, il suo in- tervento nell’Aula vecchia del Sinodo non mancò di impressionare fortemente cardi- nali e vescovi che, in un simile ambiente, per la prima volta, si trovavano ad ascolta- re una donna che parlava, per di più, di argomenti tecnici, dando, altresì, suggeri- menti pastorali. Si può ben capire, quindi, come Barba- ra Ward fosse stata insignita per il suo im- pegno delle maggiori onorificenze inglesi e anche nominata, nel 1976, pari del re- gno. Quando morì «The Times» di Lon- dra la definì infatti «una delle donne più considerevoli e ammirate della sua genera- zione». Poco più che trentenne il direttore dell’Economist le affidò un’inchiesta socioeconomica per capire «what was on the US mind» È stata una delle prime donne a svolgere un ruolo di primo piano nella Chiesa In particolare nella creazione e nell’avvio del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace La storia di Barbara Ward viene raccontata dalla prima donna laica entrata a far parte dei vertici della Curia, essendo stata nominata da Benedetto XVI sottosegretario del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace. Esperta di economia e di politiche sociali, cresciuta a Bruxelles e laureata in scienze politiche, Flaminia Giovanelli — che parla correntemente quattro lingue — iniziò a lavorare in Vaticano nel 1974, facendosi subito apprezzare per la sua abilità di gestire e affrontare anche le questioni più spinose. donne chiesa mondo Papa Francesco riceve il numero del primo compleanno di «donne chiesa mondo» (2 maggio 2013) Isabella Ducrot, «Oscar Romero» (2013)

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