donne chiesa mondo - n. 1 - maggio 2012

Vignetta di Cinzia Leone Una nuova proposta «L’Osservatore Romano» esce da questo mese arricchito da un inserto dedicato alle donne: donne di tutto il mondo, con particolare attenzione al loro rapporto con la Chiesa. Un foglio mensile che informa sulla vita e la condizione femminile, senza tralasciare i temi più “caldi”, come tutto ciò che è connesso con la procreazione, l’accesso alla cultura e l’emancipazione. Ci sono tante notizie interessanti, in genere trascurate dagli organi di informazione e che invece dovrebbero essere diffuse, per fornire un livello più alto di consapevolezza sulla situazione femminile oggi. La prima pagina dell’inserto sarà dedicata alle donne che svolgono un ruolo importante nella Chiesa e non sono conosciute, o sono conosciute troppo poco. Il loro contributo, siano religiose o laiche, si sta facendo sempre più vasto e significativo — basti pensare che le religiose nel mondo sono oggi 740.000, a fronte di 460.000 religiosi e sacerdoti — ma è ancora nascosto. Renderlo noto, quindi, aiuterà anche a modificare pregiudizi e idee preconcette sulla Chiesa cattolica e sul suo atteggiamento verso le donne. In ogni inserto ci saranno uno spazio destinato alla spiritualità femminile, un’inchiesta su temi legati alle donne e alla vita religiosa, la segnalazione di un romanzo, di un saggio e di un film, anche se non sempre legati alla religione. Speriamo in questo modo di offrire un servizio utile, che ampli le informazioni e contribuisca ad approfondire la conoscenza sul ruolo delle donne nella Chiesa oggi e nel passato. Abbiamo scelto di cominciare nel mese di maggio per porre questa nuova iniziativa sotto il manto protettivo della Vergine. Sempre a Maria si riferisce la frase della Scrittura a cui ci siamo ispirate, che ricorre due volte nel vangelo di Luca (2, 19 e 51). E abbiamo preferito la traduzione “confrontava” al più usuale “meditava” perché nell’animo della Vergine si agitavano e si confrontavano situazioni ed eventi differenti, sempre in movimento, in una turbolenza che trovava la pace ma non la piatta acquiescenza. ( l. s. ) Se la guida è femminile Intervista a Maria Voce, presidente del movimento dei Focolari di L UCETTA S CARAFFIA Ci tenevamo che il nuovo inserto dedicato alle donne dell’Osservatore Romano uscisse con una sua intervista: lei è l’unica donna alla testa di un movimento di così grande impor- tanza. Questa singolarità le pesa nei contatti con le gerarchie ecclesiastiche? Non solo non mi pesa, ma è una pecu- liarità sempre più riconosciuta dal Papa, da cardinali e vescovi, secondo il suo si- gnificato originario espresso da Giovanni Paolo II : essere segno e garanzia di quel profilo mariano che dice primato del- l’amore soprannaturale, della santità, coes- Mi sembra che fra i movimenti voi siate i più restii alla pubblicità: «umiltà e reticenza, mai mettersi in mostra» diceva Chiara. Quindi le persone vi conoscono quando vengono in con- tatto con qualcuno di voi, attraverso un rap- porto personale. Questa modestia vi rende pe- rò poco noti all’esterno: ha qualcosa a che fa- re con la guida femminile? Siamo restii alla pubblicità, non alla co- municazione. Significativamente Chiara ha voluto che la grande parabolica per i col- legamenti intercontinentali fosse sistemata nel suo giardino: era per lei il «monumen- to all’unità». È vero, c’è stato un lungo periodo di silenzio, quando il movimento era sotto studio da parte della Chiesa. Ma negli anni successivi non sono mancate grandi manifestazioni internazionali irra- diate nel mondo dai satelliti, si sono mol- tiplicate riviste e siti web, è in funzione un ufficio stampa. Ciò che ci muove non è ri- cerca di notorietà, ma il detto evangelico che chiede di non tenere la lampada sotto il moggio, ma di metterla sul tavolo per far luce nella casa. Lo spirito focolarino risente della sua matrice femminile. Quali altre caratteristiche femmini- li si possono rintracciare nel vostro carisma? Il Focolare ha una matrice femminile perché è «opera di Maria». Maria, la più alta espressione dell’umanità redenta, mo- dello del cristiano e della Chiesa tutta, co- me sancito dal Vaticano II . È lei che ha impresso a tutto il movimento il suo tim- bro: interiorità che lascia spazio a Dio e ai fratelli, fortezza, fede, Parola vissuta, can- to di quel Magnificat che annuncia la più potente rivoluzione sociale, quella mater- nità possibile oggi nel generare ovunque la presenza misteriosa, ma reale, del Risor- to che fa nuove tutte le cose. Nel movimento vi sono, come membri o sim- patizzanti, esponenti delle gerarchie ecclesiasti- che. Come risolvete il confronto fra autorevo- lezza della guida del movimento e autorità delle gerarchie che essi rappresentano? Nei rapporti con i vescovi non c’è mai stato conflitto d’autorità, ma scambio di doni: dal carisma dell’unità i vescovi attin- gono quella spiritualità così incoraggiata dai Papi per dare alla Chiesa il volto deli- neato dal Vaticano II , la Chiesa comunio- ne. Nel carisma proprio delle gerarchie ec- clesiastiche, riconosciamo l’evangelico «chi ascolta voi ascolta me». Oltre agli scritti della fondatrice, a cui ovvia- mente vi ispirate, che rapporto avete con le sante e con i testi che hanno scritto? Due esempi: Chiara ha assunto il nome della santa d’Assisi perché affascinata dal- la sua radicalità evangelica. Per anni, nella festa della santa, abbiamo approfondito aspetti paralleli delle due spiritualità. Te- resa d’Avila ha fatto luce per leggere, nel nuovo carisma donato alla Chiesa, una via autentica di santità, che ha come meta non solo edificare il “castello interiore”, ma anche il “castello esteriore”, al cui cen- tro è la presenza di Gesù nella comunità. «La nostra divisa è il sorriso» è una delle vostre massime ispiratrici. Il modello di riferi- mento, Chiara, sembra venga realizzato me- glio dalle donne, che le sono tutte somiglianti non solo nello stile del vestito e nella pettina- tura, ma nella luminosità affettuosa del volto. Per gli uomini sembra più difficile? Non è questione di difficoltà, ma di di- versità: «uomo e donna li creò». Chiamati a essere dono l’uno per l’altro, perché si attui quella «pienezza dell’umano» possi- bile solo nella «complementarietà tra fem- minilità e mascolinità». Il movimento stes- Mantenete rapporti fraterni con credenti di altre religioni in cui le donne spesso sono op- presse e prive di libertà: avete mai affrontato questo argomento con loro? La questione è molto complicata, per- ché radicata in culture millenarie. E non sempre valgono le nostre categorie occi- dentali. Più delle parole vale la vita. Si- gnificativo un episodio. A Fontem, nel cuore della foresta camerunense, ancora vige la poligamia. Una delle mogli del ca- po di un villaggio non aveva obbedito a un suo comando. La reazione è stata vio- lenta e pubblica. Subito dopo l’uomo par- tecipa a un incontro dove si parla dell’evangelico «qualunque cosa avete fat- to al minimo l’avete fatta a me». In con- trasto con la tradizione, il capo raduna la famiglia allargata: di fronte a tutti si ingi- nocchia davanti alla donna per porgerle le sue scuse. Un fatto eclatante che avrà grande eco fuori del villaggio incidendo nel cambiamento. Chiara le ha dato questo bellissimo nome, Emmaus. Il nome di un luogo, di un incon- tro. In che modo le sembra di realizzarlo? Emmaus è il nome di un luogo, di un incontro che coincide con il cuore del ca- risma: è mio compito specifico mantenerlo vivo. Mio primo impegno è cercare di vi- vere io per prima le esigenze dell’amore che lo rendono operante. È con sempre nuova meraviglia che tocco con mano una grazia che mi supera di gran lunga. La Chiesa in questi ultimi anni ha dovuto superare momenti di grande difficoltà. Crede che un ruolo e una presenza diversa delle donne ne avrebbe facilitato il superamento? Difficile dirlo. Direi di guardare all’oggi, quando una profonda crisi attraversa non solo la Chiesa, ma tutta Solo nell’unità tra maschile e femminile si esprime il carisma nella sua autenticità È una dimensione di unità che ha radice in Gesù crocifisso L A V ISITAZIONE Due donne incinte che si incontrano e si abbracciano. Sono da sempre il simbolo dell’aiuto reciproco fra donne nel momento topico femminile, il parto. Ma anche di un momento fondamentale nella storia dell’Incarnazione: è una donna, Elisabetta, la prima a riconoscere in Maria la madre del Messia. E a insegnarci le parole con cui rivolgerci a lei. Per questo l’immagine della Visitazione da secoli è l’icona del rapporto fra donne nella cultura cristiana: aiuto e riconoscimento reciproco sono il messaggio che ancora oggi ci suggerisce. Le raffigurazioni di questo incontro sono innumerevoli, e bellissime: abbiamo voluto però che fosse un’artista di oggi, Isabella Ducrot, a raffigurarla per noi. senziale al profilo apostolico e petrino. Dimensioni che concorrono, ha detto Wojtyła, «a rendere presente il Mistero di Cristo e la sua opera salvifica nel mon- do». Non così nel primo ventennio della nostra storia: era una tale novità! Dietro c’è un lungo iter non privo di sofferenza. Anche la sua successione a Chiara Lubich è stata diversa dalla prassi: nessuna designa- zione, ma voto democratico. Anche nelle deci- sioni il movimento sembra seguire questo me- todo. Succedeva anche quando era in vita Chiara? La successione è avvenuta attraverso un’elezione, ma non si può dire che si sia seguito un iter democratico. Se ci fosse stato avremmo poi dovuto accettare un compromesso per comporre la polarizza- zione, il che sarebbe stato in contrasto con il nostro carisma che chiede l’unità. Da quel momento abbiamo capito meglio il senso dell’eredità di Chiara: Gesù che si fa presente quando «due o più sono uniti nel mio nome». In quell’ora cruciale ne abbiamo sperimentato la forza che trasfor- ma e la luce che è guida. Ci è richiesto quell’amore scambievole che non misura, anzi punta alla misura stessa di Gesù: da- re la vita. A oggi non conosciamo altro modo nel prendere decisioni: ciò significa ascolto, condivisione di pesi, conquiste, esperienze, punti di vista, pronti a perdere tutto nell’altro. Soprattutto fedeltà allo sposalizio con Gesù crocifisso per trasfor- mare dolori, dubbi, divisioni e ricomporre l’unità. Quando Cristo è presente risplen- dono i doni dello Spirito: pace, nuova for- za, luce; risplende l’uguaglianza, senza va- nificare il “dono dell’autorità”. L’OSSERVATORE ROMANO maggio 2012 numero 1 Sua madre confrontava tutte queste cose nel suo cuore È la Madonna che ha impresso il suo timbro a tutto il movimento con il Magnificat che annuncia la più potente rivoluzione sociale l’umanità. Se, come ripete il Papa, alla ra- dice della crisi vi è una crisi di fede, la donna, ovunque vive, ha la specifica voca- zione di essere portatrice di Dio, di quell’amore soprannaturale che è il valore più grande ed efficace per rinnovare Chie- sa e società. È solo nell’unità tra i due che si esprime il carisma nella sua autenticità. È una di- mensione di unità che ha radice in Gesù crocifisso e esige una misura di amore che sa contenere le differenze senza annullarle. È ne è conseguenza anche quella luce che traspare sui volti. so si può vedere come una palestra di questa unità: se la presidente è donna, pur avendo una specifica fun- zione per tutta l’Opera di Maria, ha a fianco un co- presidente. Ogni altro li- vello di responsabilità è condiviso in piena parità. Dal 7 luglio 2008 Maria Voce è il presidente del movimento dei Focolari, il cui nome ufficiale è Opera di Maria. A fondarlo fu Chiara Lubich nel 1943, con il fine di realizzare l’unità tra le persone voluta da Gesù. Nel 1962 Giovanni XXIII diede la prima approvazione al movimento, i cui statuti vennero approvati da Giovanni Paolo II nel 1990. In particolare, l’Opera di Maria ottenne dal Papa il raro privilegio di poter essere diretta sempre da una donna. Diffuso in tutti i continenti, il movimento conta oggi oltre due milioni di persone. donne chiesa mondo

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